“C’era una volta il Covid”
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“C’era una volta il Covid”, il cortometraggio barlettano ai David di Donatello

Intervista al giovane barlettano Giuseppe Arcieri, regista del cortometraggio

Giuseppe Arcieri, giovane barlettano, e il suo cortometraggio C'era una volta il Covid sono in concorso per ottenere il riconoscimento ai David di Donatello 2021. Il breve video, della durata di 4'52", ha come protagonista Antonio, un 70enne che si trova a dover affrontare una pandemia inaspettata e che è quindi costretto a vivere in solitudine. Il silenzio dei momenti, la mancata parola, gli hanno però dato più tempo per poter apprezzare con attenzione i semplici e unici suoni della natura, che fanno rivivere nell'uomo le sue passioni, rincuorandolo.In questi giorni (e fino al 31 gennaio) il cortometraggio sta partecipando alla rassegna Video ergo sum, un progetto che prevede la proiezione di alcuni filmati nell'angolo tra via Roberto da Bari e via Abate Gimma a Bari dalle 18 alle 21. Di seguito l'intervista a Giuseppe Arcieri.

Com'è nata l'idea di C'era una volta il Covid?
L'idea è nata durante il lockdown. Il mio docente universitario di regia ha assegnato per il suo esame la realizzazione di un cortometraggio inerente alla situazione del momento. L'ispirazione è nata mentre osservavo dal balcone di casa il mare e nonostante la distanza percepivo tutto come se fossi immerso nel suo odore, nel suo suono e in tutto ciò che ad esso è riferibile. Avevo inizialmente scritto una storia totalmente diversa con me come protagonista. Poi un giorno osservando Antonio sul balcone mentre fumava, capii che quella sarebbe stata la scena introduttiva del cortometraggio. Infatti cambiammo script, creando una storia vista direttamente dai suoi occhi.

Le abituali videochiamate con il mio amico, nonché cosceneggiatore Michele Piazzolla sono state il punto chiave per la nascita della trama del corto. La parte più difficile per noi è stata l'attesa di poterci rivedere per realizzarlo. Il virus ha rallentato il tempo ma non la nostra determinazione e la forza di superare tutto.

Nel cortometraggio assistiamo ad un ripetersi meccanico delle attività quotidiane, senza rumori e quasi colori. Qual è il messaggio che hai deciso di trasmettere attraverso la tua opera? E perché hai scelto Antonio come attore?
Ci ha sorpreso la capacità di Antonio nel raccontare tanto senza parlare, grazie al suo essere spontaneamente espressivo. Per tale motivo io e Michele Piazzolla abbiamo deciso di omettere i dialoghi, sfruttando il suo potenziale. Il personaggio di Antonio simbolo dell'anziano saggio, insegna ad affrontare i periodi inusuali e negativi della vita, come questo, con lucidità, pazienza e speranza. Il nostro messaggio è un inno di speranza per un periodo migliore.

Il tuo cortometraggio è in concorso per il David di Donatello nell'edizione 2021. Qual è il tuo augurio per questo importante traguardo?
Quando ho ricevuto l'email di conferma per la nostra partecipazione ufficiale al concorso, mi è sembrato di trovarmi in un dolce sogno dal quale non volevo essere svegliato. Quando ho preso coscienza della realtà, ho poi provato sì tanta gioia ma anche tanto disorientamento in quanto il io corto è a fianco di grandi opere. Io e il mio team siamo felicissimi ed orgogliosi di continuare a rappresentare la nostra città e il nostro Paese raccontando un qualcosa di universale. Mi auguro che il messaggio poetico ed artistico arrivi a tutti e che ci sia un lieto fine proprio come nelle favole, con il famoso 'C'era una volta'. Ripartiamo da questo periodo, imparando una grande lezione e continuando a costruire il nostro futuro.

Stai già pensando ai tuoi progetti futuri?
Si, ho tanti progetti in cantiere. Uno imminente che è in fase di scrittura con il docente di italiano e storia, Giuseppe Dibenedetto, e consiste nell'adattamento della Medea di Euripide nel periodo contemporaneo con una protagonista diversamente abile. Oltre a questo, sempre in compagnia dello sceneggiatore Michele Piazzolla, sono in fase di scrittura per un altro progetto.
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