Francesco Hayez
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Le atmosfere orientali della mostra 'Incanti e scoperte' in musica

Appuntamento questa sera alla piazza d'armi del castello. Un Oriente da cartolina nel duo pianistico Arciuli-Annese

Il Concerto per due pianoforti affidato ai pianisti Emanuele Arciuli e Angela Annese conclude gli appuntamenti del ciclo musicale ispirato dalla mostra Incanti e scoperte. L'oriente nella pittura dell'Ottocento italiano, organizzato dalla Pinacoteca "Giuseppe De Nittis" in collaborazione con il Conservatorio di Bari. Scenario dell'esecuzione concertistica la Piazza d'armi del Castello di Barletta, venerdì 8 luglio a partire dalle ore 20,30. I Maestri Emanuele Arciuli e Angela Annese sono entrambi Docenti di pianoforte principale presso il Conservatorio di Bari. Al M° Emanuele Arciuli quest'anno è stato conferito il Premio Abbiati come miglior solista. Il suo repertorio spazia da Bach alla musica contemporanea, di cui è considerato uno degli interpreti più rappresentativi.

La prof.ssa Angela Annese, autrice della prima registrazione integrale della musica pianistica di Nino Rota, è particolarmente interessata alle relazioni fra musica e letteratura. Infatti collabora per la ricerca e la didattica con la Facoltà di Lingue dell'Università degli Studi di Bari, presso la quale è membro del Centro Ricerche sulle Avanguardie.

Il programma del concerto, che prevede musiche di Saint-Saëns, Einaudi, Debussy, McPhee e Ravel, si ispira ai temi dell'Oriente evocando, attraverso i brani musicali, colori, immagini, armonie orientaleggianti, atmosfere esotiche e misteriose della mostra allestita presso il Palazzo della Marra di Barletta e realizzata da Emanuela Angiuli e Anna Villari.

Musicista prolifico ed eclettico, Saint-Saëns ha affidato a molte composizioni la sua visione dell'esotico e dell'Oriente in particolare: un Oriente, anzi un'idea dell'Oriente, da cartolina illustrata, rievocato facendo appello agli elementi popolari più tipici, più vividi e colorati, ricreati in una scrittura di grande padronanza tecnica sempre ossequiosa della tradizione accademica. E' quel che avviene nel Caprice arabe, divertissement tutto europeo, evocazione brillante e di sicuro effetto della seducente atmosfera araba, in cui il compositore riesce ad utilizzare sul pianoforte timbri orchestrali creando affascinanti e coinvolgenti impasti sonori. Saint-Saëns riesce a fondere nel suo linguaggio il lirismo del Romanticismo e la "Musica di Impressione" fatta di sensazioni e di immagini evocative, caratteristiche che segnano un rinnovamento totale delle forme compositive.

Un Oriente da cartolina, anzi del tutto inventato, è quello più o meno coevo descritto da Emilio Salgari nei suoi romanzi traboccanti di mirabolanti avventure in luoghi magici proprio perché lontanissimi, quasi non visibili. Allo scrittore veronese, morto suicida esattamente cento anni fa, ha dedicato un balletto Ludovico Einaudi, compositore italiano contemporaneo ed esponente della New Age colta, tra i più noti nel mondo, il cui linguaggio musicale è ricco di riferimenti alla tradizione classica ma anche attento alle avanguardie e alle suggestioni della musica pop e folk. Frutto della collaborazione con lo scrittore Andrea De Carlo, il balletto Salgari, che è combinazione fra testi, musiche, azioni sceniche e immagini e dal quale è tratto il brano Metamorfosi, presenta le caratteristiche tipiche del compositore che manifesta una propensione fra minimalismo e musica etnica.

E' invece un Oriente vissuto in prima persona quello di Colin McPhee, compositore ed etnomusicologo di origine canadese allievo di Edgar Varèse che a lungo e in profondità ha studiato gli strumenti e gli idiomi musicali dell'isola di Bali, che, già a partire da Claude Debussy, forti suggestioni aveva e avrebbe ancora esercitato sull'immaginazione sonora del primo Novecento europeo. Nel corso degli anni trascorsi nella favolosa isola indonesiana, McPhee ha conosciuto e sperimentato sul campo i gamelan, gruppi di percussioni costituiti secondo modalità pressoché infinite, e la loro musica tanto priva di intenzioni 'espressive' quanto straordinariamente ricca di possibilità combinatorie di ritmi e di timbri. Ritornato in America negli anni '40, sodale di Leonard Bernstein e di Benjamin Britten, proprio con quest'ultimo ha particolarmente condiviso un'esperienza tanto significativa, eseguendo con lui le proprie trascrizioni per due pianoforti (che dello strumento sanno valorizzare proprio le speciali qualità timbriche e percussive) di molti brani per gamelan, sempre legati ad accadimenti e circostanze della vita balinese. Di queste, tre vengono proposte nel concerto, in una esecuzione che può senz'altro dirsi una prima italiana assoluta: Pemoengkah, musica di introduzione a uno spettacolo di teatro d'ombre, popolarissimo nell'isola; Gambangan, musica per la cremazione dei morti eseguita in origine dal Gambang, gamelan composto da quattro gambang (strumento con quattordici tasti di legno) e un saron (strumento con sette spessi tasti di metallo); Taboeh Teloe, musica di apertura di importanti cerimonie religiose, non associata a movimenti o figure di danza ma puramente strumentale. Il compositore riesce a darci il ritratto di un mondo mitico, ormai scomparso, attraverso una musica poco ascoltata che è stata paragonata agli esperimenti dell'avanguardia europea, servendosi di una scrittura dalla forte attrazione fatale.

La curiosità e l'attrazione verso culture e linguaggi da quello della tradizione europea è componente essenziale della vicenda artistica di Claude Debussy, che si rivolge in larga misura all'Oriente nella ricerca e nella definizione di un'alternativa originale e convincente all'ingombrante presenza del wagnerismo. E' un Oriente conosciuto non dal vero ma attraverso le tracce impresse indelebilmente nella cultura occidentale, eppure amato e rivissuto in prima persona. Così avviene nel suggestivo brano per due pianoforti ispirato a Lindaraja, incantevole cortile, quasi un chiostro, interno alla fortezza dell'Alhambra di Granada, meravigliosa testimonianza della presenza araba in Europa. Una partitura ricca di suggestive sfumature, nella quale ritmi e percorsi melodici arabi e spagnoli si fondono in un unico idioma. Questo brano è un vero e proprio "schizzo pianistico"da una forte espressione allusiva, tanto che le note diventano "immagini pittoriche evocate" che si materializzano quando si spengono le ultime evanescenze sonore. L'allusione simbolica e l'"impressione" animarono la musica di Debussy che potremmo definire "iconografica". Le immagini evocate sono effimere così come il ricordo di un sogno in cui la realtà si dissolve nelle sfumature cromatiche del suono allo stato puro. Il mimetismo grafico affascina Debussy e l'arabesco è l'elemento essenziale del suo comporre in cui le risonanze armoniche si perdono nel disegno di linee. Con Lindaraja di Debussy il pubblico sarà avvolto da un'atmosfera spagnola in cui lo sviluppo dei temi diventa un successione di immagini che suscitano nell'ascoltatore il ricordo della suggestione affascinante da cui si è fatto avvolgere nel momento in cui lo sguardo si è perso nei quadri esposti a Palazzo della Marra, che riescono a rompere ogni vincolo spazio-temporale. In un perfetto connubio con la mostra, è come se i personaggi dei quadri riuscissero ad essere animati con l'afflato musicale.

Come per Debussy, anche per Maurice Ravel il passaggio del secolo è cruciale nella definizione di un interesse per l'Oriente affatto superficiale, che verrà sviluppato negli anni a venire. Ancora allievo del Conservatorio di Parigi, Ravel si cimenta nella composizione di una ouverture per un'opera che non vedrà mai la luce ispirata al favoloso mondo delle Mille e una notte e alla bellissima Shéhérazade, narratrice di storie dal fascino irresistibile. Il brano orchestrale, che l'autore dichiara apertamente ispirato all'omonima suite sinfonica composta solo dieci anni prima da Rimskij Korsakov - supremo virtuoso della strumentazione che per il giovane Ravel è già un sicuro riferimento - ricrea un Oriente fantastico, quasi avvolto da un'aura mitica, che riluce di suoni e colori. Come per molti brani orchestrali, è lo stesso autore a scriverne una versione per due pianoforti, che, in un immaginario confronto con la varietà della tavolozza orchestrale, accentua forse ulteriormente la freschezza dell'invenzione e l'eleganza della scrittura di un Ravel poco più che ventenne. Un musicista che vorrà e saprà ritornare, qualche anno dopo, allo stesso soggetto in forma diversa, a testimonianza di un percorso di ricerca stilistica e poetica mai interrotto. L'esotismo che viene messo in luce nei tratti compositivi di "Shèhèrazade" illustra l'intenzione di Ravel di concentrare l'attenzione sul ritmo e sul timbro in concomitanza con i temi ispirati al folklore. Infatti la composizione vocale di "Shèhèrazade" si basa su un'affascinante sequenza di "Quadri Sinfonici" che accompagna la narrazione del poema. Attraverso la successione di questi brani l'ascoltatore potrà cogliere l'istante della durata, la sensazione, il fascino dell'attimo sonoro, così come durante la mostra il visitatore è riuscito a cogliere l'effusione sentimentale nei contorni limitati delle immagini raffigurate.

Anche nell'ascolto della musica contemporanea, nella sua dissoluzione formale, il pubblico sarà avvolto da una musica che ritrova il suono sotto la nota e la sensazione sotto la nozione tecnica, musica che utilizza un linguaggio musicale che potremmo definire "linguaggio dell'amore" in cui dicendo il meno si riesce ad esprimere il più.

Il Concerto inizierà alle ore 20.30, con ingresso gratuito.

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