Ferie, il parere di Nicola Corvasce
Ferie, il parere di Nicola Corvasce
Politica

Corvasce: «Se c'è "mala gaestio" non può ricadere sulla finanza pubblica»

Ulteriore nota del dirigente del Servizio Legislativo della Giunta Regionale. «Analizzare il modo di amministrare la cosa pubblica»

Ringraziando il dottor Corvasce per la precedente nota, per la presente che ci accingiamo a pubblicare e per le successive note a nome dei nostri lettori, che entusiasticamente hanno rivolto alla redazione di Barlettalife numerosi commenti a suggello della competenza e della precisione del suo intervento, torniamo sul caso "ferie ai dirigenti" con un ulteriore commento del dirigente del Servizio Legislativo della Giunta Regionale. Rassicuriamo chi sta leggendo che a questa analisi approfondita ne seguiranno ulteriori anche su altri argomenti.

Gentile direttore,
l'alto numero di contatti registrato sul mio intervento del 27 ottobre scorso significa che il tema sollevato ha destato un certo interesse, non tanto, penso, per il tema in sé (che può risultare anche noioso e tutto sommato abbastanza residuale) quanto per l'introduzione di un nuovo elemento nel dibattito, vale a dire l'entrare nel merito dei problemi per analizzare il modo di amministrare la cosa pubblica. Al tempo stesso si nota, stando ai commenti pervenuti, una difficoltà a discutere per l'appunto nel merito, quando il clima surriscaldato del momento induce piuttosto a dividersi in "pro" e "contro", al punto che ho scoperto che la medesima nota è stata interpretata da alcuni come una inutile tergiversazione sul problema, mentre da altri come un avallo alla protesta montante. Naturalmente non si tratta né di una cosa né dell'altra. Allora cercherò di andare ancor più nello specifico, utilizzando un linguaggio se possibile più chiaro, replicando ai commenti pervenuti e attualizzando il tutto alla luce delle ultime vicende dell'Amministrazione comunale, che non si erano ancora maturate nel momento in cui ho scritto il primo intervento.

Non potrò invece andare nello specifico delle singole posizioni dei dirigenti, poiché non conosco le dinamiche dei loro congedi (se e quando hanno fatto le domande, se e perché sono state respinte eventualmente ecc.). Di conseguenza non posso che esprimermi sul piano dei principi, delle norme e della loro attuazione, applicabili a tutti, sempre secondo l'idea che mi sono fatta.

Incominciamo con il porre alcuni punti fermi, acquisiti e pertanto da ritenersi non in discussione:

  1. E' un diritto irrinunciabile del lavoratore, anche se dirigente, pubblico o privato che sia, godere delle ferie nei tempi e nei modi previsti dal contratto. Tale diritto può essere affievolito per motivi di servizio, ma non può essere in alcun modo leso, con particolare riferimento ai tempi di esecuzione, se non in casi eccezionali e documentati e comunque salvo recupero.
  2. E' un dovere del datore di lavoro, pubblico o privato che sia, concedere le ferie. A tale dovere bisogna assolvere anche in caso di inerzia da parte del lavoratore, se necessario assegnando le ferie in modo obbligatorio. Non è consentita in questo caso una inerzia parallela da parte del datore di lavoro, in particolare se pubblico.
  3. Non esiste un diritto alla monetizzazione delle ferie non fruite, salvo che in casi del tutto straordinari, di cui ho già parlato ma su cui mi soffermerò ancora di seguito.
  4. Fruire delle ferie, in quanto diritto irrinunciabile, è anche un dovere del lavoratore. Non si può consentire che un lavoratore, in particolare se dirigente pubblico, possa decidere liberamente se andare in ferie o non andarci, producendo o non producendo istanza. Se ciò fosse possibile, significherebbe che il lavoratore, in particolare se a tempo determinato, potrebbe creare da sé, in previsione di una scadenza del contratto, i presupposti per una "monetizzazione", e in questo modo modulare i propri emolumenti (per essere più chiari, mi autopianifico le ferie: più ne faccio meno guadagnerò, meno ne faccio più guadagnerò).

Ora cercherò di delineare gli scenari possibili che si potrebbero verificare o, come nel caso barlettano, si potrebbero essere verificati e come dovrebbero esser a mio avviso affrontati:

Ipotesi n. 1. Il lavoratore non ha prodotto istanze di ferie. In questo caso, in particolare se in una Pubblica Amministrazione, la monetizzazione non dovrebbe essere possibile, in quanto il lavoratore non ha inteso esercitare un suo diritto e contemporaneamente non ha ottemperato ad un preciso dovere, subordinando la sua scelta (in particolare se a tempo determinato) all'aspettativa di un risarcimento finale, che, come è ormai acclarato, ci può essere invece soltanto qualora egli sia stato costretto a rinunciare al congedo per esigenze del tutto straordinarie della stessa Istituzione. In una situazione del genere io non monetizzerei. Questo potrebbe certamente essere causa di ricorso, ma non è detto che i ricorsi debbano essere necessariamente persi e in questo caso ho la netta impressione che la posizione dell'Amministrazione sarebbe molto solida.

Ipotesi n. 2. Il lavoratore ha fatto regolarmente le domande di ferie, ma sono state respinte, del tutto o in parte, per motivi di servizio. In questo caso sarebbe possibile la monetizzazione, ma soltanto in presenza delle seguenti condizioni:

  • che si tratti di istanze presentate nel tempo e per tempo, tali da coprire l'intero periodo della mancata fruizione. A mio giudizio non sarebbe sufficiente aver fatto una domanda, dopo anni di inerzia, per la fruizione di tutti gli arretrati, perché a quel punto il diniego per motivi di servizio sarebbe pressoché scontato, stante il fatto che il godimento di ferie arretrate da anni comporterebbe l'assenza dal lavoro per vari mesi, con inevitabili ripercussioni negative sull'organizzazione, in particolare se si tratta di dirigenti. Inoltre ciò contrasterebbe con le norme che prevedono la fruizione entro l'anno successivo;
  • che vi siano stati dinieghi motivati e le condizioni eccezionali che non hanno consentito la fruizione delle ferie per un lungo periodo siano documentate anno per anno, senza soluzione di continuità;
  • che non vi sia alcuna possibilità di compensazione attraverso un recupero degli arretrati, anche mediante un vero e proprio "piano di smaltimento" delle ferie, scaglionato nel tempo e compatibile con le esigenze di servizio.

In questa seconda ipotesi, tuttavia, si aprirebbe un altro scenario, che è quello della cattiva gestione da parte del datore di lavoro. E se tale "mala gaestio" è operata da parte di una Pubblica Amministrazione, essa non può ricadere sulla finanza pubblica, perché delle due l'una:

  • o la responsabilità è del lavoratore, e allora non va monetizzato, per quanto mi riguarda;
  • o la responsabilità è dell'Ente Pubblico datore di lavoro. In questo caso il lavoratore va "monetizzato", ma con la contestuale apertura di una procedura di responsabilità contabile in capo a chi non ha gestito correttamente le ferie del lavoratore, determinando con atti non legittimi o con l'inadempimento i presupposti per un inevitabile risarcimento.

Infine un ultimo appunto a riguardo della mia non condivisione della tesi dell'Avvocatura comunale basata sull'autonomia di ogni singolo rapporto negoziale. Ne spiegherò meglio i motivi, premettendo che si tratta di una mia posizione, anche se tutt'altro che priva di supporto giuridico. Non c'è dubbio che si tratti di un contratto di tipo privatistico, ma non ci si può fermare alla natura del contratto, ma vedere anche le sue finalità. Non soltanto perché uno dei contraenti è pubblico (il Comune, in questo caso), ma perché lo stesso contraente privato viene chiamato a svolgere una funzione pubblica, usando risorse finanziarie pubbliche, producendo atti pubblici, il tutto per il raggiungimento di finalità pubbliche. In questi casi, quando c'è controversia o contrasto, è buona norma guardare all'interesse pubblico, che dovrebbe sempre prevalere, salvo naturalmente che nei casi in cui a favore del privato non vi sia una situazione giuridica inequivocabile (crediti maturati, leggi o sentenze non applicate ecc.). Ma non è questo il caso. Qui l'interesse pubblico è quello di far fare le ferie ai propri operatori, non quello di impedirle, generando insoddisfazioni e contenziosi che si ripercuotono inevitabilmente sull'organizzazione, senza considerare l'aumento della spesa pubblica. In senso più generale è quello di far sì che le norme ad ogni livello (legislative, contrattuali ecc.) vengano rispettate e non quello di avallare con atti pubblici una loro sistematica violazione durata anni.

Tornando al caso di specie, l'eventuale recupero delle ferie in vigenza di un nuovo contratto non avrebbe fatto correre rischi particolari di incorrere in una fattispecie di "continuità" del rapporto di lavoro, soprattutto se finalizzato a regolarizzare una anomala situazione pregressa, a ripristinare un rapporto corretto tra le parti e in definitiva a scongiurare un esborso per il Comune, se evitabile. Ma ormai, dopo la caduta dell'Amministrazione comunale questa è solo storia. Non sono storia invece le tesi che sostengo, più o meno condivisibili.

Ringrazio per avermi consentito di fare, spero, cosa utile. Lontano mille miglia da una presunzione di infallibilità, accetto volentieri confutazioni nel merito. Anche queste sono utili, in quanto fanno crescere professionalmente e, elemento non secondario, alimentano il libero dibattito.

Nicola Corvasce

  • Lettera aperta
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