Antonio Ingroia a Barletta
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Antonio Ingroia, tra stragi di mafia e leggi ad personam

Sala rossa presa d’assalto per la presenza del procuratore di Palermo. «Fare i conti con il passato, per ricostruire la democrazia»

Riscuote notevole consenso di pubblico anche il terzo incontro organizzato dall'associazione "La democrazia delle parole" tenutosi nella sala rossa del castello nella serata di venerdì 29 ottobre. Il penultimo appuntamento ha visto la presenza del Procuratore di Palermo Antonio Ingoia sul tema "Consapevolezza della storia e coraggio della conoscenza. La politica e le stragi di mafia".

Piacevolmente sorpreso dal notevole afflusso di pubblico, il dottor Ingroia apre quindi il dibattito: «La vostra presenza non è legata a quello che dirò, ma bensì nasce da un'altra esigenza, figlia del momento che stiamo vivendo, e quindi dalla consapevolezza che stiamo attraversando un fase delicata della nostra vita di cittadini». Un'Italia che pur avendo vissuto anni difficili si ritrova a vivere una stagione particolarmente delicata in cui alcuni punti cardine dello stato di diritto sono fortemente a rischio.

Il nocciolo quindi sta nella consapevolezza della storia così come lo stesso Ingroia sottolinea: «Non possiamo pensare di costruire un'Italia basata sui principi dell'uguaglianza e della legalità se non si ha la forza e il coraggio di guardarsi allo specchio. Dobbiamo avere il coraggio di renderci conto che la storia del nostro paese è condizionata fortemente da poteri criminali. Un paese che non ha il coraggio di guardare la propria storia sarà un paese che non potrà mai crescere. La nostra è una storia di stragi rimaste impunite, di stragi senza colpevoli, con una giustizia che troppo spesso si è trovata costretta ad alzare bandiera bianca».

Secondo Antonio Ingroia tutto ciò lo si deve non ad una magistratura incapace, ma bensì alle tante anomalie della nostra democrazia. La prima anomalia sta proprio nella classe dirigente da anni legata ai poteri criminali, determinando un freno alla crescita del nostro paese. Il rapporto mafia-politica ha radici profonde così come spiega il procuratore palermitano: «Commetteremmo un grave errore se ragionassimo con la logica dell'ultimo anello, e quindi soffermarci solo su ciò che accade oggi. Ci ritroviamo dinnanzi ad una riedizione della classe dirigente, che adottando una sorta di principio di autoconservazione pretende l'impunità con le leggi ad personam. Ciò che accade oggi, altro non è che l'epilogo di un qualcosa che viene da lontano, e che ha prodotto una classe dirigente incline a delinquere e che difficilmente sposa il principio di responsabilità».

All'interno della classe dirigente quindi - secondo il procuratore Ingroia – si è creato un corpo estraneo con conseguente crisi di rigetto. In tal senso il procuratore palermitano sottolinea come a cavallo degli anni novanta si è passati da un rapporto mafia-politica basato sul modello Lima – ex deputato Dc – al modello Ciancimino, nonché ex sindaco di Palermo: si passa quindi da un rapporto tra soggetti estranei, fino ad arrivare ad un punto dove la mafia diventa parte integrante della politica facendo eleggere propri affiliati. Il primo, Salvo Lima, stringeva accordi mentre Ciancimino difendeva direttamente gli interessi della mafia.

Crisi di rigetto appunto, una crisi che secondo Ingroia colpisce proprio la magistratura, che troppo spesso si ritrova a non applicare il principio di uguaglianza dinnanzi alla legge. Nel corso degli ultimi anni riscontriamo una magistratura nelle mani della classe dirigente, ma che, in esempi quali Caselli e Borelli (rispettivamente procuratori di Palermo e Milano), prova a ripristinare quel principio di uguaglianza che sembrava essersi smarrito, che sfocia nell'arresto di diversi boss a metà degli anni novanta. Ingroia passa ad una disamina di ciò che è accaduto in parlamento negli ultimi decenni:«I progetti legislativi avviati in questi ultimi anni sono finalizzati a rendere disuguale la legge. Non è un caso quindi che ci siano progetti di riforma degli assetti costituzionali. Rimodulare un sistema che nel corso degli anni si è riuscito a rendere indipendente ha il solo fine di non scoperchiare la pentola. Ad oggi ci ritroviamo dinanzi ad una legge antimafia che altri non è che l'ombra di stesso», in tal senso il riferimento è alla decisione di rivedere la legge sulla protezione dei collaboratori di legge, tra cui Spatuzza protagonista delle recenti confessioni circa le stragi del 92. «In passato troppo spesso si ha avuto la sensazione di essere alla vigilia di momenti storici. Ad oggi si può constatare che stanno emergendo realtà pesanti», riferimenti quindi alla famosa trattativa tra stato e mafia, su cui già ci sono sentenza definitive.

Per concludere, Antonio Ingroia traccia il profilo di ciò che potrà accadere nei prossimi mesi: «Da quello che accadrà prossimamente capiremo le origini della seconda repubblica. Tutto quello che già sappiamo è che la seconda repubblica si regge su pilastri intrisi di sangue dalle stragi del 92-93. Abbiamo il dovere di guardare in faccia la storia». Il procuratore conclude quindi con un appello: «Se saremo in grado di fare i conti con un passato ingombrante avremo speranza di un futuro con al centro una democrazia piena».
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