Vincere il male con il bene, gli auguri di buon 2015 di don Emanuele Tupputi
Il parroco riflette sull'anno che verrà ed esorta a non aver paura
1. «Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rom 12, 17-21).
2. Carissimi lettori, nell'ammonizione dell'apostolo troviamo incoraggiamento a "vincere il male con il bene" (cfr. Rm 12, 21). Solo il bene può interrompere la spirale senza fine dell'odio e dell'umano desiderio di vendetta. Nella lotta per il bene, non tutto dipende dall'essere umano. Tuttavia, l'apostolo Paolo richiama a porre ogni sforzo per mantenere la pace con gli altri. Egli capisce che viviamo una battaglia continua per contrastare l'istinto a nuocere chi ci ferisce, ma ci invita a non lasciarci vincere da questi sentimenti distruttivi. Fare il bene è un modo efficace per combattere il male tra noi.
3. Pertanto, mentre giunge al termine l'anno 2014, mi piace condividere con voi alcune riflessioni personali. Pertanto, raccogliamo, come in una cesta, i giorni, le settimane, i mesi che abbiamo vissuto e domandiamoci coraggiosamente: come abbiamo vissuto il tempo che Dio ci ha donato? Lo abbiamo usato soprattutto per noi stessi, per i nostri interessi, o abbiamo saputo spenderlo anche per gli altri? Abbiamo saputo vincere ogni ostacolo al bene con amore e responsabilità? Siamo riusciti a mantenere la pace con gli altri?
E pensando al nuovo anno che arriva ci auguriamo che ognuno viva un esistenza sempre più volta al bene; viva un esistenza non di facciata ma di inclusione e non guardi la vita di tutti i giorni solo "dal balcone", senza coinvolgersi in tanti problemi umani, problemi di uomini e donne che, alla fine… e dal principio, lo vogliamo o no, sono nostri fratelli.
4. Carissimi, in un mondo globale dove ogni cosa si evolve e progredisce a dismisura e l'uomo in generale fa fatica a vivere la logica della responsabilità, della fraternità, della solidarietà e della pace non possiamo smettere di sperare in un cambiamento reale dove ognuno sia capace di mettersi in gioco ogni giorno per l'edificazione di una società più umana, più unità, più vera e pacifica.
Se ci fermassimo a vedere il mondo con gli occhi della cronaca saremmo tentati a mettere i remi in barca e mollare tutto. Ma non possiamo permetterci questo e tutti, credenti e non credenti, siamo chiamati a vivere ed a spenderci per la costruzione di un nuovo umanesimo e la nascita di una pace vera che garantisca e tuteli il lavoro, la famiglia, il diritto di vivere nel proprio paese e il bene comune nella società tutta.
5. A tal proposito mi piace ricordare una riflessione sulla pace di don Tonino Bello, in vista del 1 gennaio prossimo (48° giornata mondiale della pace), che è una scossa forte alla rassegnazione e al disfattismo che impera nella società di oggi che sembra costituita da uomini e donne che hanno perso la speranza, la voglia di vivere e di lottare per valori veri. Don Tonino Bello parlando della pace come impegno per migliorare l'umanità tutta cosi si esprimeva: «A dire il vero non siamo molto abituati a legare il termine PACE a concetti dinamici. Raramente sentiamo dire: "Quell'uomo si affatica in pace", "lotta in pace", "strappa la vita coi denti in pace". Più consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni: "Sta seduto in pace", "sta leggendo in pace", "medita in pace" e, ovviamente, "riposa in pace". La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia da camera che lo zaino del viandante. Più il comfort del salotto che i pericoli della strada. Più il caminetto che l'officina brulicante di problemi. Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli. Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato. Più il mistero della notte che i rumori del meriggio.
Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo. La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica". Sì, la pace prima che traguardo, è cammino. E, per giunta, cammino in salita. Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste. Se è così, occorrono attese pazienti. E sarà beato, perché operatore di pace, non chi pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi parte».
6. Carissimi, al termine di un anno e al sorgere di uno nuovo, queste parole cariche di verità e di fresca profezia invitano ognuno di noi ad essere nel mondo segno dell'inquietudine, richiamo del "non ancora", stimolo dell'ulteriorità, di una cultura dell'incontro e della convivialità. Spina dell'inappagamento, insomma, conficcata nel fianco del mondo. Sprono a vivere al meglio la scommessa della pace vera, che scongiura ogni specie di fatalismo che fa ritenere inutili, se non addirittura controproducenti, le scelte di campo, le prese di posizione, le decisioni coraggiose, le testimonianze audaci, i gesti profetici. Vivere la scommessa della pace in tal maniera ci porterà a sperimentarla come "l'acqua che scende dal cielo: ma siamo noi che dobbiamo canalizzarla affinché, attraverso le condutture appropriate della nostra genialità, giunga a ristorare tutta la terra. Pertanto sarebbe un "bluff" limitarsi a chiedere la pace in chiesa, e poi non muovere un dito" (don Tonino Bello).
7. Queste parole, inoltre, ci esortano anche a passare dalla globalizzazione dell'indifferenza «a farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare la speranza e far riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani» (Papa Francesco, 48° messaggio per la giornata mondiale della pace 2015); e ci spronano ad essere sempre più costruttori di dialogo e di unità nella diversità per divenire una comunità di credenti coraggiosa, profetica e ricca di operatori/conduttori di pace capaci come «i tecnici delle condutture; gli impiantisti delle reti idrauliche; gli esperti delle rubinetterie di portare l'acqua della pace nella fitta trama dello spazio e del tempo, in tutte le case degli uomini, nel tessuto sociale della città, nei luoghi dove la gente si aggrega e fioriscono le convivenze, servendosi di tecniche diversificate. Ma è bene sottolineare che queste tecniche siano serie, intendano servire l'uomo e facciano giungere l'acqua agli utenti.
Senza inquinarla. Se lungo il percorso si introduce del veleno, non si serve la causa della pace. Senza manipolarla. Se nell'acqua si inseriscono additivi chimici, magari a fin di bene, ma derivanti dalle proprie impostazioni ideologiche, non si serve la causa della pace. Senza disperderla. Se lungo le tubature si aprano falle, per imperizia o per superficialità o per mancanza di studio o per difetti tecnici di fondo, non si serve la causa della pace. Senza trattenerla. Se nei tecnici prevale il calcolo, e si costruiscono le condutture in modo tale che vengano favoriti interessi di parte, e l'acqua, invece che diventare beni di tutti, viene fatta ristagnare per l'irrigazione dei propri appezzamenti, non si serve la causa della pace. Senza accaparrarsela. Se gli esperti della condutture si ritengono loro i padroni dell'acqua e non i ministri, i depositari incensurabili di questo bene di cui essi devono sentirsi solo i canalizzatori, non si serve la causa della pace. Senza farsela pagare. Se i titolari della rete idrica si servono delle loro strumentazioni per razionare astutamente le dosi e schiavizzare la gente prendendola per sete, non si serve la causa della pace. Si serve la causa della pace quando l'impegno appassionato dei politici sarà rivolto a che le città vengano allagate di giustizia, le case siano sommerse dai fiumi di rettitudine e le strade cedano sotto una alluvione di solidarietà, secondo quello splendido versetto del profeta Amos: "Fate in modo che il diritto scorra come acqua di sorgente, e la giustizia come un torrente sempre in piena" (Am 5,24)» (Don Tonino Bello, Vegliare nella notte, San Paolo 2007).
8. Carissimi, anche se quest'anno si chiude con la consapevolezza di una crescente crisi sociale, politica ed economica, che ormai interessa il mondo intero; una crisi che chiede a tutti più sobrietà e solidarietà per venire in aiuto specialmente delle persone e delle famiglie in più serie difficoltà. Anche se all'orizzonte vanno disegnandosi non poche ombre sul nostro futuro, non dobbiamo avere paura. La nostra grande speranza di credenti è la vita eterna nella comunione di Cristo e di tutta la famiglia di Dio. Questa grande speranza ci dà e ci deve dare la forza di affrontare e di superare le difficoltà della vita in questo mondo. Dio non ci abbandona mai, se noi ci affidiamo a Lui e seguiamo i suoi insegnamenti.
9. In piedi, allora, costruttori della pace! Non facciamoci prendere dalla paura! Non lasciamoci sgomentare dalle dissertazioni che squalificano come fondamentalismo l'anelito di voler cogliere nel "qui" e nell'"oggi" della Storia i primi frutti del Regno. Con coraggio chiediamo a Dio di essere profeti di pace, pedagoghi di pace e annunciatori del Vangelo della pace ed auguri a tutti di un luminoso Anno Nuovo:
[don Emanuele Tupputi]Signore, donaci l'abilità di spiegare chiaramente
che la pace non è così semplice come se l'immagina il cuore,
ma è più semplice di come stabilisce la ragione!
Signore, donaci la forza di aiutare tutti quelli
che attingono alla linfa delle beatitudini
per spezzare l'assurda logica e l'infernale spirale della violenza!
Signore, tutti questi tiri incrociati sulla pace
non ci fanno paura, non ci scoraggiano.
Al contrario, ci rivelano
che il minimo strappo alla tunica della pace
fa gridare l'uomo.
Toccare la pace è più che toccare un problema,
e ancor più che toccare l'uomo:
è toccare Dio, colui che san Paolo
ci presenta come la pace stessa.
"E' Lui la nostra pace" (Ef.2,14).