Pop Corn
"La Trattativa": i nostri governanti sono più politici o mafiosi?
La scientia querendi di Sabina Guzzanti
sabato 11 ottobre 2014
18.06
Pezzi di democrazia venduti alla Cupola, stragisti stagisti nei Palazzi del potere e bombe di sangue a colorare di rosso-vergogna l'Italia degli anni '90 e del nuovo millennio. Nel nuovo film di Sabina Guzzanti il coraggio partorisce due figlie: l'indignazione e la memoria. Un travaglio sofferto, lungo decenni, che ha ficcato il naso tra carte volatili e intercettazioni silenziose; un parto che si è servito della più abile delle ostetriche, la satira, e ha dato alla luce il lato più oscuro della Seconda Repubblica italiana.
Il film è teatro nel cinema: palcoscenico inquadrato dall'alto, cambi di scena, rotture della quarta parete e attori che si preparano nei camerini intervenendo con flashback autobiografici. Con incisiva originalità, la Guzzanti ci propone un film a matrioska (meno documentaristico di Draquila), in cui archivio, set, palco, animazione e repertorio si trovano uno dentro nell'altro in un agghiacciante e gigante mostro della storia del Bel Paese. Pulito e didascalico il racconto meticoloso dei personaggi minori, legati con spago spesso ai risaputi delinquenti dello Stato. Il pentito Spatuzza, il falso pentito Scarantino, il capo della Polizia Parisi, il comandante dei Ros Mori e il suo primo interlocutore Vito Ciancimino, sindaco di Palermo; Massimo Ciancimino, figura tragicomica e chiave di volta per dare il la al Processo sulla Trattativa; Giuliano Amato, Oscar Luigi Scalfaro, Nicola Mancino punte istituzionali durante le stragi di Capaci e Via d'Amelio; Caselli (l'allora Procuratore di Palermo che si fece scappare la custodia del Covo di Riina),Tinebra (allora accreditò la falsa testimonianza di Scarantino e oggi Procuratore di Catania), De Gennaro (allora Capo della Dia, miope alle assoluzioni di centinaia di imputati mafiosi), Narracci, La Barbera, Gaspare Mutolo, Luciano Violante, Provenzano, Berlusconi, Riina, Dell'Utri, Andreotti, tutti- chi a viso scoperto, chi mascherato-hanno tirato un sospiro di sollievo allo scoppio del tritolo che ha spedito Falcone e Borsellino in un mondo migliore. Eredi del loro lavoro, Scarpinato e Ingroia, le cui voci passano in presa diretta sotto i microfoni della Guzzanti, in questi giorni uccellino più che mai libero su twitter, con la sua espressa solidarietà a Riina e Bagarella.
Il piccolo grande mondo mafioso, che ha sporcato l'immagine planetaria dell'Italia, è stato assecondato, ha negoziato con la Repubblica, così da abbattere le porte che separavano Cosa Nostra dalla Cosa Pubblica. "La Trattativa" (film che non meritava così poca pubblicità) fa emergere quanti pezzi dello Stato sono andati e continuano ad andare contro lo Stato, perché le promozioni non sono mai troppe per gli stessi. Le interviste ai pentiti, agli ex ministri assolti, ai magistrati -condotte dalla regista-aumentano il livello reale di questo docufilm, che di finto (e non falso) ha solo lo stile. Uno stile che lascia ben intuire quanto sia stata costruita e falsata la nostra democrazia, quanto sia stata preparata a tavolino, proprio come accade nelle riunioni tra sceneggiatori e scenografi prima delle riprese. Politici e magistrati hanno messo in scena la loro verità e l'hanno venduta come assoluta a tutta la popolazione italiana; ma di controvertibile c'è davvero poco, di controverso c'è troppo. Ed ecco che la scena finale si crea nel nostro immaginario: un Don Puglisi ammazzato e sorridente. La forza di questa visione è incorruttibile, non si fa prendere dall'arrendevolezza e viene colta dalla ridente speranza che la denuncia porti alla conoscenza, e la conoscenza a una giusta libertà e mai più a una giustizia arbitraria!
Il film è teatro nel cinema: palcoscenico inquadrato dall'alto, cambi di scena, rotture della quarta parete e attori che si preparano nei camerini intervenendo con flashback autobiografici. Con incisiva originalità, la Guzzanti ci propone un film a matrioska (meno documentaristico di Draquila), in cui archivio, set, palco, animazione e repertorio si trovano uno dentro nell'altro in un agghiacciante e gigante mostro della storia del Bel Paese. Pulito e didascalico il racconto meticoloso dei personaggi minori, legati con spago spesso ai risaputi delinquenti dello Stato. Il pentito Spatuzza, il falso pentito Scarantino, il capo della Polizia Parisi, il comandante dei Ros Mori e il suo primo interlocutore Vito Ciancimino, sindaco di Palermo; Massimo Ciancimino, figura tragicomica e chiave di volta per dare il la al Processo sulla Trattativa; Giuliano Amato, Oscar Luigi Scalfaro, Nicola Mancino punte istituzionali durante le stragi di Capaci e Via d'Amelio; Caselli (l'allora Procuratore di Palermo che si fece scappare la custodia del Covo di Riina),Tinebra (allora accreditò la falsa testimonianza di Scarantino e oggi Procuratore di Catania), De Gennaro (allora Capo della Dia, miope alle assoluzioni di centinaia di imputati mafiosi), Narracci, La Barbera, Gaspare Mutolo, Luciano Violante, Provenzano, Berlusconi, Riina, Dell'Utri, Andreotti, tutti- chi a viso scoperto, chi mascherato-hanno tirato un sospiro di sollievo allo scoppio del tritolo che ha spedito Falcone e Borsellino in un mondo migliore. Eredi del loro lavoro, Scarpinato e Ingroia, le cui voci passano in presa diretta sotto i microfoni della Guzzanti, in questi giorni uccellino più che mai libero su twitter, con la sua espressa solidarietà a Riina e Bagarella.
Il piccolo grande mondo mafioso, che ha sporcato l'immagine planetaria dell'Italia, è stato assecondato, ha negoziato con la Repubblica, così da abbattere le porte che separavano Cosa Nostra dalla Cosa Pubblica. "La Trattativa" (film che non meritava così poca pubblicità) fa emergere quanti pezzi dello Stato sono andati e continuano ad andare contro lo Stato, perché le promozioni non sono mai troppe per gli stessi. Le interviste ai pentiti, agli ex ministri assolti, ai magistrati -condotte dalla regista-aumentano il livello reale di questo docufilm, che di finto (e non falso) ha solo lo stile. Uno stile che lascia ben intuire quanto sia stata costruita e falsata la nostra democrazia, quanto sia stata preparata a tavolino, proprio come accade nelle riunioni tra sceneggiatori e scenografi prima delle riprese. Politici e magistrati hanno messo in scena la loro verità e l'hanno venduta come assoluta a tutta la popolazione italiana; ma di controvertibile c'è davvero poco, di controverso c'è troppo. Ed ecco che la scena finale si crea nel nostro immaginario: un Don Puglisi ammazzato e sorridente. La forza di questa visione è incorruttibile, non si fa prendere dall'arrendevolezza e viene colta dalla ridente speranza che la denuncia porti alla conoscenza, e la conoscenza a una giusta libertà e mai più a una giustizia arbitraria!