Rissa a piazza Moro
Rissa a piazza Moro
Cronaca

Una violenza inaudita: un dramma che viene dalla cattività

La rissa di domenica sera in piazza Aldo Moro. Conferenza stampa al Commissariato di Polizia

Una prima serie di pugni. Poi una seconda. Infine una terza. Come un manichino un uomo cade al suolo. Ciuperca Marian, 35 anni, rumeno residente a Barletta. A colpirlo, con una violenza inaudita, un connazionale, Popa Costel, 34 anni. Teatro dello scontro piazza Aldo Moro, a Barletta, intorno alle 20 di domenica scorsa. Marian è in ospedale, operato di urgenza. Ha lesioni in tutte le aree del cervello. In coma, lotta tra la vita e la morte. Una volante della polizia è giunta sul luogo pochi minuti dopo lo scontro. Gli agenti Campanile e Piazzolla hanno interrogato i testimoni e chiamato più volte in ospedale per far giungere l'ambulanza.

Nel frattempo passano 25 minuti, forse preziosi per salvare il giovane. I testimoni ricostruiscono, sminuendone la portata ("si è trattato solo di una spinta"), la rissa e forniscono il numero di cellulare dell'aggressore. La Polizia, grazie alla tracciabilità, ha agganciato il cellulare di Popa Costel sulle celle di Taranto, Capurso, Mottola. Comprendendo che si stava preparando per la fuga, gli agenti il giorno successivo, ieri, si sono recati presso la sua abitazione e l'hanno colto sul punto di abbandonare col bagaglio la casa e la città. Si è chiesta la convalida del fermo al PM di turno Savasta per gravi indizi di colpevolezza e per il pericolo di fuga. Al momento l'accusa è di lesioni gravissime. Accusa che potrebbe diventare di omicidio colposo, se Marian Ciuperca dovesse morire.

Un episodio che dovrebbe interrogare la nostra comunità. Non in termini di ordine pubblico. Ma di grado di violenza. Barletta è diventata una città violenta? Non passa giorno senza che sia esplosa una bomba, sia avvenuta una sparatoria, sia finita in tragedia una rissa. Dietro i lustrini delle inaugurazioni, come vivono i nostri proletari e sottoproletari: su questo dovrebbero i politici. Una città sempre più violenta e che ignora le sfide della convivenza tra etnie, nazionalità, religioni non è una città civile. Queste tragedie sono anche il frutto di una amministrazione che ignora le problematiche dell'isolamento, dell'abbandono, della solitudine. Vivere in cattività riporta indietro le lancette dell'orologio della civiltà. Per la legge domenica sera è stato compiuto un reato. La responsabilità penale è del singolo. Ma il cammino che porta alla coesistenza, prima, e alla convivenza, poi, è tema che riguarda noi tutti.
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