Giuseppe Garibaldi
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Risorgimento? In realtà un'invasione coloniale barbarica

Intervista a Francesco Del Vecchio sulla questione meridionale. Non si spegne l'eco della battaglia storiografica in sala consiliare

Spinta dal desiderio di approfondire le tematiche riguardanti il 150° anniversario dell'Unità d'Italia [prepotentemente sortite dopo l'ultima riunione in sala consiliare], e di permettere ai lettori di farsi un'idea attraverso quel contradditorio mancato in occasione della Conferenza celebrativa dello scorso 4 marzo presso la Sala Consiliare del Teatro Curci, la redazione di Barlettalife ha deciso di intervistare Francesco Del Vecchio, scomodo scrittore, protagonista assieme al gruppo dei neoborbonici, delle vivaci proteste di quella serata che il nostro giornale ha già documentato. Il signor Del Vecchio ha analizzato nella sua prossima fatica letteraria, "1860, la stangata" (edito da La Voce Mediterranea, 2011), in uscita tra qualche settimana, proprio i temi legati alla storia risorgimentale. Alle sue dichiarazioni, Barlettalife proporrà un contradditorio a distanza con il relatore della Conferenza celebrativa, il prof. Giuseppe Poli, docente di Storia moderna all'Università di Bari.

Sig. Del Vecchio, ogni occasione pubblica di confronto delle idee è sempre benvenuta. In tal senso è da apprezzare il ciclo di seminari sul tema "Il regno delle Due Sicilie nel periodo preunitario", organizzato dall'Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie presso l'Istituto Tecnologico Panetti a Bari. Ecco, non ritiene che a Barletta si sarebbero potuti organizzare dibattiti pubblici di tal fatta, piuttosto che cercare lo scenico scontro verbale a tutti i costi, come accaduto lo scorso venerdi nella Sala Consiliare del Teatro Curci? O forse c'era la volontà di intervenire a gamba tesa nella prossima contesa elettorale primaverile?
Chi pensa che non si voglia organizzare tali convegni a Barletta? Non sono certo i neoborbonici a non volerli organizzare, ma è il Comune che rifiuta, non mettendo finora mai a disposizione una sede dove poter discutere. Per quanto riguarda lo scontro, non si è trattata di una disfida ma di una disputa verbale. Mi risulta che la mattina di quello stesso giorno sia stato fatto togliere un banchetto del movimento "Insorgenza Civile". Come vede lo scontro non è da parte di chi vuole dire queste cose ripristinando la verità storica ma viene dalle istituzioni locali che evidentemente non offrono alcun supporto. Certamente si è voluti intervenire nella contesa elettorale ma è l'unica possibilità che rimane a chi voglia cercare un minimo di promozione anche con fatti un po' più eclatanti.

Cosa di quello che è stato detto lo scorso venerdi nella Sala Consiliare non l'è proprio andato giù? Cosa è stato sottaciuto?
Mi chiedo perché la gente debba ancora ignorare che cosa siano località come Fenestrelle, Ponte Landolfo o Casalduni, primi lager della storia che hanno fatto da sfondo ai massacri, alle torture, agli stupri legittimati dall'infame legge Pica e compiuti dai "liberatori" sulle popolazioni meridionali. O perché si debba ancora ignorare in quali condizioni reali si trovasse il Sud Italia prima di quell'infausto 1860. Quando si parla di infrastrutture arretrate del Sud. Per quanto riguarda la cultura. Si dice che al Sud eravamo tutti ignoranti e analfabeti. Nella città di Napoli esistevano decine e decine di tipografie, librerie, litografie. Inoltre, le unità linguistiche di cui parlano gli storici istituzionali sono in realtà inesistenti. In Piemonte si parlava solo francese ad esempio. Con i Borbone esisteva a Napoli la raccolta differenziata dei rifiuti: quante persone conoscono queste cose?

Cosa differenzia il suo libro da opere già pubblicate sulla storia risorgimentale?
Gli elementi che differenziano il mio saggio rispetto agli altri sono essenzialmente due. Ho inteso fare una sorta di bignami della controstoria risorgimentale: un libro snello, agevole, molto facile da consultare, in cui riassumo in maniera piuttosto sintetica i fatti dell'epopea – se vogliamo usare un termine agiografico – risorgimentale ma che io definisco meglio invasione coloniale barbarica, una guerra tra l'altro mai dichiarata. In seconda battuta, il libro riguarda l'interpretazione della proposta federale da Sud, che non fu solo di Cattaneo ma anche dei Borbone, che se si fosse attuata nel 1860 oggi non saremmo in presenza di una questione meridionale ma avremmo parlato di questione settentrionale, date le diverse condizioni di partenza. Al termine del libro indico una sterminata bibliografia di svariate pagine che poi ognuno è libero di andare a consultare.

Secondo Lei, opere come quelle di Pino Aprile, sebbene riportino all'attenzione e documentino alcune verità storiche dimenticate, non rischiano di apparire e di essere strumentali ad un uso pubblico della storia, facendosi cavalcare da chi voglia speculare politicamente, sia a Nord che a Sud, sul tema dell'Unità d'Italia?
Centocinquanta anni fa, i "liberal", i "left" dell'epoca, dissero che il grido, l'anelito, la spinta verso il mondo industriale, verso la modernità era recepita da tutti. Era un falso dimostrato dalle cifre. In Sicilia, nonostante l'imposizione della leva obbligatoria con violenze di ogni genere, la risposta della popolazione e delle masse contadine, come riportato da tutti i grandi meridionalisti e Gramsci compreso, è stata sempre molto bassa. La gente non ha mai sentito questa spinta verso la modernità, che non vi era affatto nel Meridione. Sicuramente si stava molto meglio. Le tasse nel Regno borbonico non sono mai state aumentate in 40 anni. La gente stava bene. Non è vero che tutti fossero analfabeti, del resto sono le cifre che dicono questo, tra cui le quattro università del Sud. Centocinquanta anni fa ci si chiedeva se era opportuno o meno andare contro questo spirito, oggi si fa lo stesso. A me non interessa l'opportunità né l'interpretazione più o meno ideologica dei fatti. A me interessano i fatti, la Storia, che è ciò di cui mi occupo. Oggi è altrettanto artificioso e strumentale dire che non è il momento. È sempre il momento di ripristinare la Storia. I veri nemici del Sud non sono tanto i leghisti quanto i meridionali che hanno accettato lo Stato centralista parassitario e affermano queste cose per interesse e per mantenere le proprie rendite.

Movimenti che rivendicano il primato del Mezzogiorno d'Italia, non le sembrano speculari a certe forze politiche a livello nazionale, che da parte loro rivendicano una superiorità del Nord, disprezzando tutto ciò che è, ed è fatto al Sud, puntando a una divisione del Paese?
C'è un equivoco da chiarire: lo Stato federale non è affatto contro l'unità del Paese così come non lo è negli altri Stati federali del mondo. Io indico due condizioni per l'applicazione dello Stato federale in Italia: il ripristino della verità storica e un riequilibrio delle posizioni. Ovviamente dopo 150 anni ci muoveremo tardi e male ma è inutile opporsi a questo che è un meccanismo imprescindibile. Oggi ciò che strozza l'Italia ormai da tanti anni è la grande finanza del Nord, che è diventata tale dopo essersi impossessata delle ricchezze del Sud e lo Stato centralizzato parassitario. Oggi ci accorgiamo che il barile non ha più un fondo.

Gli studi di Francesco Saverio Nitti, Sidney Sonnino, Giustino Fortunato, Antonio Gramsci, Leopoldo Franchetti avevano già affermato che le condizioni economiche preunitarie del Regno delle Due Sicilie non erano così misere come descritte da altri. Lei ritiene che ci sia stata una volontà di non divulgare i risultati di quegli studi al grande pubblico o semplicemente sono prevalse altre interpretazioni storiografiche?
Sicuramente c'è stata una volontà di quel genere da parte delle istituzioni del tempo. Del resto Ippolito Nievo è stato ucciso per questo, essendo il custode di tutta la documentazione dell'impresa dei Mille, conosceva i segreti relativi ai tradimenti, alle ricevute dei pagamenti, ai furti fatti dai garibaldini durante la spedizione ed è stato ucciso. Fin da subito sono stati nascosti i documenti e si è mistificato tutto, del resto i liberatori, quando arrivarono al sud, una volta impossessatisi del Regno, chiusero le scuole provocando l'analfabetizzazione e rovinando generazioni intere di meridionali. È chiaro che c'è stata una volontà mistificatrice, lo vediamo ancora oggi. In parlamento c'è un'interpellanza dell'onorevole Angelo Manna che è qualcosa di raccapricciante, dice delle cose orribili ma vere su quella che è la volontà degli archivi militari, ad esempio, di occultare la verità storica. Ancora oggi noi non conosciamo le carte risorgimentali.

Non crede che nonostante tutto, bisognerebbe salvaguardare e trasmettere alle nuove generazioni quegli ideali di patria e di eguaglianza dei cittadini propri dell'idealismo del Mazzini, del Cattaneo, del Pisacane e di tutta la generazione protagonista delle lotte risorgimentali?
Ripeto. Lo Stato federale non è contro l'unità del Paese, anzi lo Stato federale ci avrebbe tutelato da guerre intestine, non avrebbe costituito terreno fertile per le ideologie di destra e di sinistra. Lo Stato federale non è sicuramente contro l'Unità, dobbiamo uscire da questa ulteriore favoletta. Fino a quando questo Stato continuerà a fondare la propria inesistente Unità su falsi storici, e il Risorgimento è un falso storico, noi non verremo mai a capo di nulla, questo Paese continuerà sempre ad essere più lacerato. La Lega Nord non sta aspettando niente, c'è già una spaccatura del Paese, ed è inutile continuare a dire no, in nome di che cosa? Chi si oppone? Chi difende una propria rendita di posizione, perché nello Stato centralizzato molti parassiti vivono bene anche se poi c'è una fetta sempre più consistente di gente fuori da questo meccanismo.

Le leggo un passo della corrispondenza di Gian Pietro Vieusseux: "Non vedo in Italia né spirito nazionale né italiani: vedo napoletani, romani, liguri, lombardi, che si detestano reciprocamente". Non crede che il movimento di unificazione nazionale abbia provato a superare tali sentimenti?
Non c'è stato alcun movimento di unificazione nazionale, questo è il grande equivoco, c'è stata un'invasione coloniale barbarica che ha provocato la spoliazione di tutto il Sud a favore del Nord. La realtà è che il Piemonte era indebitato fino alla cima dei capelli, e che la sua moneta era cartastraccia. Non c'è stata una vera Unità, realizziamola veramente: passando però attraverso il rispetto geografico, culturale, sociale di ogni parte dell'Italia. Solo così potremo arrivare ad una vera Unità passando attraverso la verità della Storia, solo così possiamo "mercanteggiare" – usando questa brutta parola – un riequilibrio della situazione ma se ci opponiamo stupidamente solo per mantenere dei parassiti, a livello locale e nazionale, a cui non ci si oppone mai, come otterremo mai un miglioramento della situazione? È necessario un grande cambiamento che passi per una presa di coscienza di ciò che è stata la Storia.

Secondo Lei cosa ancora tiene assieme gli italiani?
Sicuramente lo sport. Per esperienza di vita ho avuto poi modo di capire che i migliori italiani sono quelli che risiedono all'estero, perché portano dentro un'idea dell'Italia che in realtà qui non esiste. C'è quel "quid" nell'italiano che lo porta ad esprimere il genio che tutti ci apprezzano. Ma non si tratta dell'italiano associato ad altri italiani, può essere piemontese, siciliano, c'è un senso più o meno vago di italianità. In questo senso io parlo di Mediterraneo perché non si è in quanto meridionali o settentrionali di qualcuno. Ciò che lega la Sicilia a Bari o a Genova altro è se non le onde del Mediterraneo, che è ciò che ci lega tutti.

Pasquale Diroma
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