Cronaca
Quel blu di metilene da 96 centesimi che ha salvato due vite
«A quelle due donne sarebbe toccata la stessa sorte della giovane deceduta». Il racconto del medico Cosimo Damiano Cannito
Barletta - martedì 27 marzo 2012
9.12
«Se alle due pazienti non fosse stata somministrata questa fiala di 'blu di metilene' e se in questo pronto soccorso non avessimo avuto oltre a questo farmaco, che non c'e' ovunque, anche l'emogas, a quelle due donne sarebbe toccata la stessa sorte della giovane deceduta». A dirlo, tenendo in mano una fiala di 'Blu di Metilene' è Cosimo Damiano Cannito, medico responsabile del pronto soccorso e del centro antiveleni dell'ospedale 'Dimiccoli' di Barletta, secondo quanto riportato in una nota dell'agenzia Ansa. Quell'antidoto costa soltanto 96 centesimi di euro. «Il paradosso - aggiunge Cannito - è che rischia di finire fuori commercio perchè non consente ampi margini di guadagno, ma è molto efficace e importante, ha salvato la vita a donne che avrebbero potuto morire forse proprio a causa di chi, su queste cose vuole guadagnare».
L'attenzione e lo studio alla tossicologia, all'ospedale di Barletta, risale al 1995. «Essendo un territorio in cui la produzione vitivinicola e' importante - spiega il medico - ci siamo dovuti attrezzare, visto che ci sono spesso casi di agricoltori intossicati da esterifosforici oltre a tutto il resto, caustici, detersivi, farmaci».
Cannito, poi, ripercorre i momenti legati all'arrivo in ospedale delle tre pazienti sottoposte al test al sorbitolo per intolleranza alimentari. «La 28enne era nera in volto, era chiaro che l'avessimo persa ma comunque le abbiamo iniettato la fiala di antidoto, ma quando ho visto Anna Abrescia non ho avuto la sensazione che le cose potessero andare meglio, ero certo che stesse per morire anche lei e l'altra donna, la più anziana».
Grazie all'esame dell'emogas i medici hanno capito che si trattava di metaemoglobinemia. «Vuol dire - spiega Cannito - che il ferro contenuto nell'emoglobina non può caricare ossigeno e trasportarlo attraverso il sangue ai tessuti. L'antidoto non fa altro che chelare, catturare la metaemoglobina e liberare il ferro che così ha potuto svolgere la sua funzione», ha spiegato Cannito. E lo ha fatto in fretta almeno nel caso della 32enne, Anna Abrescia. «Deve pensare - ha spiegato il medico - che con il 70% di metemoglobina nel sangue c'è il rischio di morte, quelle donne avevano il 72%, per questo quando si sono svegliate mi è venuto spontaneo chiedere come si stesse dall'altra parte, quelle donne sono state fortunate e soccorse nel modo migliore». In Puglia i pronto soccorso dotati di macchina per l'emogas sono soltanto, oltre Barletta, il policlinico di Bari e l'ospedale di Foggia.
«Io penso - continua Cannito - che non si possa prescindere da tali strumentazioni oltre che da personale sanitario in grado di usarlo e leggerlo». Il medico, poi, si sofferma su un altro aspetto che ritiene sia stato sotto dimensionato in questi giorni. «Quello umano, di dire ai fratelli di Teresa Sunna che quella donna era morta, dopo che per un'ora e mezza non sapevamo neppure chi fosse, era andata dal medico da sola, guidando la sua auto, per un esame stupido, per il quale si soffia, non un esame strumentale, questo per me è inconcepibile in quanto medico, davvero, mi ha lasciato senza risposte».
L'attenzione e lo studio alla tossicologia, all'ospedale di Barletta, risale al 1995. «Essendo un territorio in cui la produzione vitivinicola e' importante - spiega il medico - ci siamo dovuti attrezzare, visto che ci sono spesso casi di agricoltori intossicati da esterifosforici oltre a tutto il resto, caustici, detersivi, farmaci».
Cannito, poi, ripercorre i momenti legati all'arrivo in ospedale delle tre pazienti sottoposte al test al sorbitolo per intolleranza alimentari. «La 28enne era nera in volto, era chiaro che l'avessimo persa ma comunque le abbiamo iniettato la fiala di antidoto, ma quando ho visto Anna Abrescia non ho avuto la sensazione che le cose potessero andare meglio, ero certo che stesse per morire anche lei e l'altra donna, la più anziana».
Grazie all'esame dell'emogas i medici hanno capito che si trattava di metaemoglobinemia. «Vuol dire - spiega Cannito - che il ferro contenuto nell'emoglobina non può caricare ossigeno e trasportarlo attraverso il sangue ai tessuti. L'antidoto non fa altro che chelare, catturare la metaemoglobina e liberare il ferro che così ha potuto svolgere la sua funzione», ha spiegato Cannito. E lo ha fatto in fretta almeno nel caso della 32enne, Anna Abrescia. «Deve pensare - ha spiegato il medico - che con il 70% di metemoglobina nel sangue c'è il rischio di morte, quelle donne avevano il 72%, per questo quando si sono svegliate mi è venuto spontaneo chiedere come si stesse dall'altra parte, quelle donne sono state fortunate e soccorse nel modo migliore». In Puglia i pronto soccorso dotati di macchina per l'emogas sono soltanto, oltre Barletta, il policlinico di Bari e l'ospedale di Foggia.
«Io penso - continua Cannito - che non si possa prescindere da tali strumentazioni oltre che da personale sanitario in grado di usarlo e leggerlo». Il medico, poi, si sofferma su un altro aspetto che ritiene sia stato sotto dimensionato in questi giorni. «Quello umano, di dire ai fratelli di Teresa Sunna che quella donna era morta, dopo che per un'ora e mezza non sapevamo neppure chi fosse, era andata dal medico da sola, guidando la sua auto, per un esame stupido, per il quale si soffia, non un esame strumentale, questo per me è inconcepibile in quanto medico, davvero, mi ha lasciato senza risposte».