La ricercatrice Cinzia Conteduca
La ricercatrice Cinzia Conteduca
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Per la quarta volta il Merit Award alla ricercatrice barlettana Cinzia Conteduca

«Il vaccino è la dimostrazione di come la Ricerca non possa mai rivestire un ruolo marginale nella società»

Pluripremiata per le sue ricerche in campo medico, la dottoressa barlettana Cinzia Conteduca, medico oncologo dell'IRST - Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori "Dino Amadori", sarà nuovamente insignita del prestigioso Merit Award, il premio conferito dall'American Society of Clinical Oncology (ASCO). La premiazione avverrà a giugno in modalità virtuale a causa dell'emergenza Covid.

Arriva il Merit Award per la quarta volta, tra l'altro dopo un anno assolutamente "particolare" anche nel campo della scienza. Nonostante la pandemia, la ricerca scientifica deve proseguire... Come sta procedendo il vostro lavoro?
«Sicuramente questo quarto Merit Award che a giugno mi verrà conferito dalla Società Internazionale di Oncologia è tra tutti quello più "sofferto" perché frutto di un duro lavoro reso ancora più intenso dalla pandemia. In generale, il lavoro dei sanitari tra ospedali e laboratori di ricerca nei mesi scorsi è stato complicato. Ci siamo dovuti dividere tra turni, triage, paure di tutti: pazienti, parenti in attesa di notizie e a volte la sensazione da parte di noi medici e infermieri di sentirsi impotenti... ma tutti indistintamente abbiamo sempre cercato di fare il nostro meglio... e anche la Ricerca ha cercato di andare avanti in mezzo a tutte queste difficoltà. Il vaccino è la dimostrazione di come la Ricerca non possa mai rivestire un ruolo marginale in una Società ma deve essere il "faro" capace di guidare la vita di tutti... e la "tempesta della pandemia" ce lo ha insegnato apertamente».

Al centro delle sue ricerche vi è il carcinoma prostatico: qual è stata la ragione che ha motivato questo prestigioso riconoscimento?
«Obiettivo della ricerca, come negli anni precedenti, è stato quello di correlare le caratteristiche cliniche dei pazienti affetti da tumore della prostata con le alterazioni molecolari. In particolare, lo studio deriva da un grande lavoro multidisciplinare svolto presso l'Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori "Dino Amadori" - IRST, Meldola (FC), e da prestigiose collaborazioni internazionali tra Regno Unito e Stati Uniti. È stato osservato che gli uomini con tumore della prostata trattati con terapie ormonali con elevata quantità di DNA tumorale nel sangue - rilevata con le moderne tecniche di sequenziamento del DNA - hanno un maggior rischio di sviluppare eventi tromboembolici (eventi di trombosi venosa profonda e/o embolia polmonare). Nel progetto di ricerca sono stati inclusi 180 pazienti italiani che, nonostante abbiano sviluppato fenomeni tromboembolici in circa il 15% dei casi, sono riusciti a proseguire il trattamento con un'adeguata terapia anticoagulante in collaborazione con i colleghi cardiologici. Tale lavoro rappresenta il primo studio prospettico che abbia dimostrato l'associazione tra DNA tumorale circolante e trombosi. Quindi è un progetto con un grande impatto sociale in un periodo in cui il problema della trombosi (tra pandemia e vaccini) risulta essere quanto mai attuale, suggerendo di porre sempre grande attenzione alle alterazioni genetiche e alle complicanze legate alle terapie oncologiche per una gestione a 360 gradi dei pazienti con l'obiettivo finale - come sempre - di migliorarne la sopravvivenza e la qualità della vita».

Il perdurare dell'emergenza Covid ha purtroppo fatto passare in secondo piano il tema della prevenzione. Per cercare di sensibilizzare la cittadinanza verso le attività di screening, cosa potrebbe consigliare?
«Nel 2020, l'Osservatorio Nazionale Screening ha quantificato una riduzione di oltre un milione di esami di screening, senza i quali potrebbero essere «sfuggite» oltre circa 3.000 diagnosi di tumore. Questi sono numeri che ci fanno ben comprendere l'entità dei problemi correlati "indirettamente" alla pandemia da COVID-19, ma soprattutto l'importanza nelle nostre vite dei programmi di screening per i tumori. Tuttavia, dopo i ritardi registrati nei primi mesi della pandemia, i programmi di screening hanno poi ripreso a funzionare a pieno ritmo in tutti gli ospedali ed oggi risultano attivi al 100%. Pertanto, il mio invito è di ricordarci sempre del ruolo fondamentale della prevenzione in oncologia per far sí che i numeri precedentemente citati non si ripetano più... l'arma della prevenzione rimane senza dubbio la più potente nella lotta contro i tumori».
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