Graziano Delrio
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Politica

Delrio a “La Repubblica”: «A maggio non si voterà più per le Province»

Il ministro ostenta sicurezza, ma non nega «resistenze, anche dentro il PD»

Come procede il travagliato, e tante volte reiterato, tentativo di iter verso l'abolizione delle Province? «Stiamo procedendo, stiamo per affrontare la discussione nella commissione affari costituzionali della Camera - così ieri è tornato sul tema, il ministro per gli Affari Regionali, Graziano Delrio, intervistato ieri da "La Repubblica" - L'idea è quella di ridurre le varie materie di competenza oggi assegnate alle Province. E per questo, parallelamente al testo in esame alla Camera, ci sarà un disegno di legge per una modifica costituzionale che verrà presentato entro l'anno». Delrio non nega però gli ostacoli: «Resistenze? Eccome se ce ne sono, anche dentro il Pd».

Le dichiarazioni del ministro fanno riferimento, alle precedenti tappe di un percorso spinoso, di cui abbiamo parlato nei mesi scorsi: il DdL "svuota poteri", annunciato da Delrio nel mese di luglio; il DdL costituzionale, annunciato dal premier Letta sempre a Luglio, per superare la bocciatura della riforma del governo Monti, operata dalla Corte Costituzionale, ed eliminare la parola "province" dalla Costituzione.

Molte province, compreso la Bat, concluderanno il mandato a maggio 2014. A inizio ottobre, era stata fortissima la polemica politica su un emendamento, firmato dal deputato Bressa (PD) inserito all'interno del Decreto sul "femminicidio". Al di là della non attinenza, le opposizioni (M5S e SEL) contestavano il fatto che venisse bloccata, con questo emendamento, la proroga dei commissariamenti (previsti dal governo Monti, per le province in scadenza di mandato nel 2012) al 31 dicembre 2013, mentre il testo originale prevedeva la proroga fino a giugno 2014. Ciò significa che, se non andrà in porto, entro la fine dell'anno, l'iter legislativo inaugurato dal ministro Delrio, nel 2014 tutte le province torneranno nuovamente ad elezioni.

Ieri, nell'intervista a "La Repubblica", il ministro ha voluto però ostentare sicurezza su questo punto: «A maggio non si voterà più per le Province perché nel frattempo saranno diventate enti di secondo grado - ribadisce - Non verranno cioè eletti dai cittadini e non ci sarà bisogno di votare per le Province. Ne faranno parte i sindaci dei Comuni del territorio, che tutti assieme formeranno un'assemblea in seno alla quale verrà scelto il nuovo presidente a costo zero. Saranno cioè i sindaci a scegliere il presidente, non più i cittadini. Si tratta di una riforma molto importante - aggiunge - Le Città metropolitane arriveranno dal primo di gennaio. Nelle aree metropolitane le Provincie saranno assorbite della Città metropolitane via via che andranno a costituirsi e insediarsi».

«La competenza sulle scuole passerà direttamente ai Comuni - ha ricordato Delrio - Mentre la manutenzione delle strade, che è una tipica competenza intercomunale, resterà in carico alle Province. Solo che a quel punto le Province diventeranno di fatto una sorta di agenzia funzionale a servizio dei Comuni. Poi vedremo il patrimonio. Saranno le stesse assemblee dei sindaci a decidere di volta in volta quali competenze e quali cose affidare alle amministrazioni locali e quali invece lasciare alla nuova Provincia come agenzia intercomunale - precisa in conclusione dell'intervista - Tutto questo richiede naturalmente una forte volontà politica».

Nei giorni scorsi, invece, un appello di 44 costituzionalisti (tra cui il prof. Valerio Onida, uno dei "saggi" per le riforme costituzionali, nominati da Napolitano), rivolto alle commissioni Affari Costituzionali e ai gruppi parlamentari di Camera e Senato, criticava gli interventi previsti dal ministro: «Il sovrapporsi disordinato di provvedimenti di "riforma" del sistema delle autonomie locali (sul destino delle Province, sull'istituzione delle Città metropolitane, sulla riduzione della frammentazione territoriale dei Comuni) lascia disorientati, sia quanto al merito delle politiche di riorganizzazione tentate, sia quanto alla loro legittimità costituzionale - e ancora - Riteniamo che non si possa comunque con legge ordinaria sopprimere le funzioni di area vasta delle Province e attribuirle a Regioni e Comuni, né trasformare gli organi di governo da direttamente a indirettamente elettivi, né rivedere con una legge generale gli ambiti territoriali di tutte le Province - aggiungono - Si cerchi di tracciare una linea di riforma delle autonomie locali condivisa ed efficace, con un approccio coerente e di sistema, senza strappi, senza operazioni di pura immagine, destinate a produrre danni profondi e duraturi sulla nostra democrazia locale».
Fonte fotografica: politica.nanopress.it

Saitta (Upi): «La riforma aumenta di 2 miliardi la spesa pubblica. Sul futuro dei servizi continua il caos»

«Il Disegno di Legge del Governo sulle Province costerà al Paese una spesa di almeno 2 miliardi, soldi che invece che essere destinati ai servizi andranno tutti sprecati in nuova burocrazia. Sono questi i dati che andrebbero evidenziati, ma su cui evidentemente si preferisce tacere - Lo dichiara il Presidente dell'Upi, Antonio Saitta, commentando l'intervista rilasciata al quotidiano "La Repubblica" dal Ministro delle Regioni e delle Autonomie Graziano Delrio - Noi abbiamo dimostrato che il solo passaggio delle 5000 scuole superiori delle Province ai Comuni, costerà 645 milioni di euro in più per il riscaldamento scolastico, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici e la progettazione, direzione lavori e collaudo delle opere. Un aumento di spesa che si tradurrà in minori risorse per la manutenzione, la messa in sicurezza e la gestione delle scuole. Ancora più salato sarebbe il conto se le funzioni delle Province tornassero alle Regioni: l'aumento sarebbe di 1,4 miliardi. Quindi il Paese pagherebbe 2 miliardi di euro per la riforma delle Province, che non produce risparmi se non i 32 milioni di tagli della politica».

«Dalle risposte del Ministro - aggiunge Saitta - emerge il grande caos sul futuro dei servizi essenziali: nessuno continua a spiegare chi li garantirà, con quali risorse e con quale personale. Nella legge di stabilità 2014 nessun capitolo di spesa è riservato alla copertura dei costi che deriveranno da questa abolizione. Che oggi sul quotidiano la Repubblica è chiamata abolizione: due giorni prima ci era stato detto che si trattava di un grosso equivoco e che quella delle Province era solo una rimodulazione. Anche qui, le contraddizioni dimostrano una grande confusione che non può essere la base di partenza di una riforma che interviene a destrutturare l'intero assetto di amministrazione dei territori. Quello che è evidente dalle parole del Ministro Delrio – conclude Saitta – è che nessuno crede di riuscire a fare la riforma costituzionale: le Province, dunque, saranno svuotate anche a costo di spendere 2 miliardi, ma i parlamentari non saranno dimezzati, non si ridurranno gli uffici periferici dello Stato che sono una delle voci di spesa più alta della pubblica amministrazione, né tantomeno si taglieranno le oltre 7.800 società strumentali con i bilanci in rosso che ci costano 19 miliardi solo in personale».

«Quanto ai dati diffusi da Repubblica rispetto ai costi delle Province, di cui non si indica la fonte - conclude - si specifica che il Siope (la banca dati del Ministero dell'economia) e i certificati di bilancio per il 2012 attestano che : il costo del personale per 107 Province è di 2,1 miliardi, e non di 3 miliardi per 86 Province; il costo del personale politico è di 88 milioni di euro; la spesa per investimenti in manutenzione e messa in sicurezza di strade, scuole, ambiente è stata di 6,7 miliardi; la spesa per lavoro e formazioni è stata di 1 miliardo».
  • Province
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