Associazioni
Cianci: «Ecco le sette azioni anti inquinamento da mettere in atto»
«Le prime battaglie iniziarono fin dal 1997»
Barletta - lunedì 20 giugno 2016
Comunicato Stampa
«Egregio Direttore, in relazione all'incontro pubblico che si terrà, presso la sala consigliare del Comune di Barletta, oggi alle ore 18, intendiamo dare essere un contribuito allo studio in atto per la descrizione dello stato di inquinamento dell'area, anche sulla scorta di esperienze professionali di professionisti del settore, tra questi, il Geologo Dott. Raffaele Lopez, l'Ing. Angelo Marzocca, il Dott. Salvatore Alboreo, l'Avv. Daniela Dimonte, Cascella Daniele e dei disagi dei cittadini per le forme di inquinamento che si percepiscono in città». Tecnico, preciso e puntuale interviene l'avvocato Michele Cianci, Presidente Comitato Operazione Aria Pulita BAT .
«Si rammenta - continua Cianci - che fra le attività riconducibili al Protocollo di intesa sottoscritto in data 1/12/2015 dal comune di Barletta, CNR-IRSA, ARPA, Provincia BAT, Regione Puglia ed ASL per definire, attraverso metodologie scientifiche, la qualità ambientale e le conseguenti ripercussioni in ambito sanitario, è previsto "il coinvolgimento della comunità locale in fase di analisi del problema ... nella percezione dei fenomeni in atto ..." . Si ricorda che tale protocollo discende dalle criticità emerse in vari procedimenti ambientali imperniati su aziende dell'area industriale di Barletta e delle crescenti richieste di un ambiente più salubre da parte dei cittadini, comitati e associazioni.
È doveroso però, prima di fornire le riflessioni di OAP sui primi risultati del monitoraggio, evidenziare come numerosi cittadini di Barletta da sempre sono attenti alle tematiche ambientali e in più occasioni hanno avuto modo di evidenziare la critica situazione soprattutto a ridosso dell'area industriale. Tuttavia, le loro istanze sono state raramente prese in considerazione visto che la classe politica generalmente è stata apparentemente poco sensibile alle questioni ambientali sgonfiando puntualmente gli allarmi che, per principio di precauzione, venivano dalla popolazione. Nell'ultimo anno la cittadinanza attiva ha articolato le denunce agli organi competenti organizzandosi in comitati, come il Comitato Aria Pulita BAT (OAP) e in raggruppamenti spontanei di cittadini ed altre associazioni come il Forum Salute e Ambiente.
Bisogna rilevare tuttavia che le prime battaglie circa la "Mal aria" iniziano nel 1997 quando i disagi derivanti dalle immissioni rancide e nauseabonde della Timac ai residenti della zona vengono rappresentati in consiglio comunale dall'allora consigliere Maurizio Papagno e adeguatamente documentati in un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 29 maggio 1997 dal quale si apprende che già era stata effettuata una campagna di rilevamento dall'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Bari e ed i cui risultati erano stati definiti preoccupanti dall'allora dirigente dell'Ufficio di Igiene dott. Angelo Rizzi. Nel frattempo un nutrito gruppo di cittadini si organizza e sottopone all'opinione pubblica la questione della MAL Aria in via Trani. In primis Raffaele (Lello) Corvasce e Maurizio Papagno raccolgono oltre 500 firme dando vita al Comitato cittadino per la Salute Pubblica – CO.CI.SA. - nel 2002, autore di numerose denunce attraverso i giornali (GDM) e Tv locali, al NOE e a VV.UU supportate da certificazioni mediche di allergie e problemi respiratori di molti residenti. Il CO.CI.SA. evidenzia in particolare per la prima volta nella città di Barletta l'aumento delle allergie e delle morti per cancro. Al CO.CI.SA aderivano anche la sezione del WWF e il circolo Tranese di Legambiente.
Ad aprile del 2002 il Comitato denunciava lo sversamento nella fogna bianca di liquami sospetti e corrosivi provenienti dalla Timac. Prelevati i liquami e consegnati alla ASL di Bari, ricorreva alla Procura della Repubblica. Il PM Savasta incaricato nel mese di giugno 2002 precedeva a sequestro penale dello stabilimento della Timac che veniva dissequestrato nel mese di settembre 2002 dal Gip Lovecchio. Il PM Savasta impugnò il dissequestro deciso da Lovecchio, forte delle perizie effettuate. Nel 2004 l'indagine si chiude con il rinvio a giudizio del direttore della Timac. Come sappiamo però non ci sono state opere di bonifica.
Di fronte a queste criticità ambientali l'allora sindaco Salerno apre alla possibile delocalizzazione della zona industriale con una serie di iniziative orientate ad una trasformazione di tutta la zona a Levante della città di Barletta da zona industriale a zona residenziale. In particolare, nel 2001 una vasta area fra la zona industriale e Itaca Hotel viene designata come "Territorio Costruito" ai sensi del Piano Urbanistico Tematico per il Paesaggio (PUTT/P), oggi sostituito dal Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), avviando la residenzializzazione, oggi quasi completamente attuata. Contestualmente fu avviato un progetto integrato di riqualificazione e ricerca archeologica e geologica dell'area costiera in località Belvedere-Ariscianne nell'ambito del quale fu prodotta anche una mappa del degrado ambientale dell'area con rilievi risalenti al 2003, finalizzata alle attività di pulizia ed eventuale bonifica. Purtroppo, nonostante rinnovate denunce da parte del CO.CI.SA. nel 2006 e 2007, ma anche del WWF sezione di Barletta soprattutto per il degrado ambientale nell'area di interesse naturalistico di Ariscianne ad oggi, 2016, nessuna bonifica è stata mai attuata, una buona fetta della zona industriale è stata lottizzata con realizzazione di costruzioni residenziali, la riqualificazione ambientale dell'area di Ariscianne si è persa nei meandri del tempo, e nessuna delocalizzazione è stata effettuata. Anzi.
A fronte di un accresciuto numero di cittadini potenzialmente esposti all'inquinamento della zona industriale ci si avviava in quegli anni verso procedimenti amministrativi per il rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali da parte della Regione Puglia alla Buzzi-Unicem e alla Timac. La provincia di Bari rilasciava alla Buzzi-Unicem autorizzazione al recupero energetico dalla combustione di oli pericolosi e il 5 luglio 2012 la Regione Puglia rilasciava all'azienda l'Autorizzazione Integrata Ambientale a bruciare fino a 65.000 tonnellate all'anno di Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR, oggi CSS); per compensazione ambientale la Buzzi si impegnava con la città di Barletta a fornire 100 essenze arboree in 6 anni. Nel periodo antecedente e successivo al procedimento amministrativo per il rilascio dell'AIA regionale i cittadini nuovamente si mobilitano chiedendo di partecipare alle sedute della Conferenza dei Servizi regionale, tanto che liberi cittadini e associazioni fra cui Collettivo Exit, Beni Comuni, Società di Geologia Ambientale supportati da legali e professionisti ingegneri e geologi sostengono fortemente la necessità di monitorare le matrici ambientali sottese dalla Buzzi (suolo, acque sotterranee, acque superficiali, aria, latte materno e vegetali) nell'ambito del Piano di Monitoraggio e Controllo del cementifico trasformato che sarebbe stato autorizzato ad incenerire. Tale richiesta da parte dei cittadini nasceva anche dalle informazioni di contaminazioni della falda sottostante l'area TIMAC per la quale era in corso un procedimento di bonifica ex art. 242 del D.lgs. 152/2006. Questa richiesta dei cittadini rimaneva completamente inascoltata dalla Giunta Maffei e dai partecipanti alla Conferenza dei Servizi.
Nello stesso anno veniva rilasciata l'AIA alla Timac, nonostante le criticità ambientali riscontrate nel corso del procedimento di bonifica e al mancato rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale, procedimento in carico alla provincia BAT che pare non si sia ancora concluso. Permanendo la situazione di criticità ambientale a carico della falda e le immancabili immissioni in atmosfera da parte della Timac e della Buzzi, nell'aprile-maggio 2015 si ricompattavano gruppi di cittadini in azioni di denuncia alle istituzioni per la precaria situazione ambientale della nostra città. In particolare il Forum Salute e Ambiente (FSA) riproponeva una delibera già presentata un anno prima al Sindaco relativo alla "Strategia Rifiuti 0" e quella sul "Monitoraggio Ambientale" nella zona industriale, delibere sottoscritte da 1200 cittadini.
Il Comitato OAP si attivava in azioni di denuncia alla Magistratura e di sensibilizzazione ambientali soprattutto rivolta alle scuole, grazie all'impegno dell'Insegnante Fausta Fortino. Molto probabilmente l'attenzione del primo cittadino alle tematiche ambientali, ma ancor più quella dei tanti cittadini soprattutto afferenti a OAP e a FSA hanno creato le condizioni per focalizzare l'attenzione sulla questione ambientale a Barletta in maniera incisiva. Diventa quindi impellente e prioritaria la costituzione di una Consulta per l'Ambiente formata dalle associazioni e comitati cittadini, luogo di incontro e scontro, ma in ogni caso fucina di azioni utili per la salute dei cittadini e dell'Ambiente che senza alcun dubbio può contribuire alla miglior gestione delle problematiche ambientali della città di Barletta.
Ritornando ai risultati del monitoraggio della falda, il Comitato Aria Pulita BAT è particolarmente preoccupato dalla situazione in cui versa lo stato qualitativo della falda superficiale dell'area industriale di Barletta, con elevate concentrazioni di Cromo esavalente, Solfati e Nitrati nelle aree prossime ai due principali stabilimenti industriali e verso la litoranea di Levante. Altri superamenti prevalentemente, da solventi clorurati, e un hot spot da Cromo VI si osservano nella zona ad Ovest verso Trani ed in modo particolare a nord della ex Cartiera e nell'agro prossimo all'area di Ariscianne-Belvedere. Pertanto, sulla scorta dei dati ad oggi disponibili, ma anche della disponibilità più volte manifestata dalla aziende cittadine ad un'apertura delle stesse al confronto tecnico-scientifico con l'opinione pubblica, si ritiene utile suggerire alcune azioni da mettere in campo da subito, con il coinvolgimento dei principali soggetti operanti nell'area industriale al fine di acquisire informazioni utile per la salute pubblica. Ciò anche in considerazione del fatto che in prossimità della città la direzione di deflusso prevalente della falda idrica superficiale è dagli stabilimenti industriali verso i lidi del litorale di Levante.
Tali azioni potrebbero essere condotte rispettando il seguente ordine di priorità.
«Si rammenta - continua Cianci - che fra le attività riconducibili al Protocollo di intesa sottoscritto in data 1/12/2015 dal comune di Barletta, CNR-IRSA, ARPA, Provincia BAT, Regione Puglia ed ASL per definire, attraverso metodologie scientifiche, la qualità ambientale e le conseguenti ripercussioni in ambito sanitario, è previsto "il coinvolgimento della comunità locale in fase di analisi del problema ... nella percezione dei fenomeni in atto ..." . Si ricorda che tale protocollo discende dalle criticità emerse in vari procedimenti ambientali imperniati su aziende dell'area industriale di Barletta e delle crescenti richieste di un ambiente più salubre da parte dei cittadini, comitati e associazioni.
È doveroso però, prima di fornire le riflessioni di OAP sui primi risultati del monitoraggio, evidenziare come numerosi cittadini di Barletta da sempre sono attenti alle tematiche ambientali e in più occasioni hanno avuto modo di evidenziare la critica situazione soprattutto a ridosso dell'area industriale. Tuttavia, le loro istanze sono state raramente prese in considerazione visto che la classe politica generalmente è stata apparentemente poco sensibile alle questioni ambientali sgonfiando puntualmente gli allarmi che, per principio di precauzione, venivano dalla popolazione. Nell'ultimo anno la cittadinanza attiva ha articolato le denunce agli organi competenti organizzandosi in comitati, come il Comitato Aria Pulita BAT (OAP) e in raggruppamenti spontanei di cittadini ed altre associazioni come il Forum Salute e Ambiente.
Bisogna rilevare tuttavia che le prime battaglie circa la "Mal aria" iniziano nel 1997 quando i disagi derivanti dalle immissioni rancide e nauseabonde della Timac ai residenti della zona vengono rappresentati in consiglio comunale dall'allora consigliere Maurizio Papagno e adeguatamente documentati in un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 29 maggio 1997 dal quale si apprende che già era stata effettuata una campagna di rilevamento dall'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Bari e ed i cui risultati erano stati definiti preoccupanti dall'allora dirigente dell'Ufficio di Igiene dott. Angelo Rizzi. Nel frattempo un nutrito gruppo di cittadini si organizza e sottopone all'opinione pubblica la questione della MAL Aria in via Trani. In primis Raffaele (Lello) Corvasce e Maurizio Papagno raccolgono oltre 500 firme dando vita al Comitato cittadino per la Salute Pubblica – CO.CI.SA. - nel 2002, autore di numerose denunce attraverso i giornali (GDM) e Tv locali, al NOE e a VV.UU supportate da certificazioni mediche di allergie e problemi respiratori di molti residenti. Il CO.CI.SA. evidenzia in particolare per la prima volta nella città di Barletta l'aumento delle allergie e delle morti per cancro. Al CO.CI.SA aderivano anche la sezione del WWF e il circolo Tranese di Legambiente.
Ad aprile del 2002 il Comitato denunciava lo sversamento nella fogna bianca di liquami sospetti e corrosivi provenienti dalla Timac. Prelevati i liquami e consegnati alla ASL di Bari, ricorreva alla Procura della Repubblica. Il PM Savasta incaricato nel mese di giugno 2002 precedeva a sequestro penale dello stabilimento della Timac che veniva dissequestrato nel mese di settembre 2002 dal Gip Lovecchio. Il PM Savasta impugnò il dissequestro deciso da Lovecchio, forte delle perizie effettuate. Nel 2004 l'indagine si chiude con il rinvio a giudizio del direttore della Timac. Come sappiamo però non ci sono state opere di bonifica.
Di fronte a queste criticità ambientali l'allora sindaco Salerno apre alla possibile delocalizzazione della zona industriale con una serie di iniziative orientate ad una trasformazione di tutta la zona a Levante della città di Barletta da zona industriale a zona residenziale. In particolare, nel 2001 una vasta area fra la zona industriale e Itaca Hotel viene designata come "Territorio Costruito" ai sensi del Piano Urbanistico Tematico per il Paesaggio (PUTT/P), oggi sostituito dal Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR), avviando la residenzializzazione, oggi quasi completamente attuata. Contestualmente fu avviato un progetto integrato di riqualificazione e ricerca archeologica e geologica dell'area costiera in località Belvedere-Ariscianne nell'ambito del quale fu prodotta anche una mappa del degrado ambientale dell'area con rilievi risalenti al 2003, finalizzata alle attività di pulizia ed eventuale bonifica. Purtroppo, nonostante rinnovate denunce da parte del CO.CI.SA. nel 2006 e 2007, ma anche del WWF sezione di Barletta soprattutto per il degrado ambientale nell'area di interesse naturalistico di Ariscianne ad oggi, 2016, nessuna bonifica è stata mai attuata, una buona fetta della zona industriale è stata lottizzata con realizzazione di costruzioni residenziali, la riqualificazione ambientale dell'area di Ariscianne si è persa nei meandri del tempo, e nessuna delocalizzazione è stata effettuata. Anzi.
A fronte di un accresciuto numero di cittadini potenzialmente esposti all'inquinamento della zona industriale ci si avviava in quegli anni verso procedimenti amministrativi per il rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali da parte della Regione Puglia alla Buzzi-Unicem e alla Timac. La provincia di Bari rilasciava alla Buzzi-Unicem autorizzazione al recupero energetico dalla combustione di oli pericolosi e il 5 luglio 2012 la Regione Puglia rilasciava all'azienda l'Autorizzazione Integrata Ambientale a bruciare fino a 65.000 tonnellate all'anno di Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR, oggi CSS); per compensazione ambientale la Buzzi si impegnava con la città di Barletta a fornire 100 essenze arboree in 6 anni. Nel periodo antecedente e successivo al procedimento amministrativo per il rilascio dell'AIA regionale i cittadini nuovamente si mobilitano chiedendo di partecipare alle sedute della Conferenza dei Servizi regionale, tanto che liberi cittadini e associazioni fra cui Collettivo Exit, Beni Comuni, Società di Geologia Ambientale supportati da legali e professionisti ingegneri e geologi sostengono fortemente la necessità di monitorare le matrici ambientali sottese dalla Buzzi (suolo, acque sotterranee, acque superficiali, aria, latte materno e vegetali) nell'ambito del Piano di Monitoraggio e Controllo del cementifico trasformato che sarebbe stato autorizzato ad incenerire. Tale richiesta da parte dei cittadini nasceva anche dalle informazioni di contaminazioni della falda sottostante l'area TIMAC per la quale era in corso un procedimento di bonifica ex art. 242 del D.lgs. 152/2006. Questa richiesta dei cittadini rimaneva completamente inascoltata dalla Giunta Maffei e dai partecipanti alla Conferenza dei Servizi.
Nello stesso anno veniva rilasciata l'AIA alla Timac, nonostante le criticità ambientali riscontrate nel corso del procedimento di bonifica e al mancato rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale, procedimento in carico alla provincia BAT che pare non si sia ancora concluso. Permanendo la situazione di criticità ambientale a carico della falda e le immancabili immissioni in atmosfera da parte della Timac e della Buzzi, nell'aprile-maggio 2015 si ricompattavano gruppi di cittadini in azioni di denuncia alle istituzioni per la precaria situazione ambientale della nostra città. In particolare il Forum Salute e Ambiente (FSA) riproponeva una delibera già presentata un anno prima al Sindaco relativo alla "Strategia Rifiuti 0" e quella sul "Monitoraggio Ambientale" nella zona industriale, delibere sottoscritte da 1200 cittadini.
Il Comitato OAP si attivava in azioni di denuncia alla Magistratura e di sensibilizzazione ambientali soprattutto rivolta alle scuole, grazie all'impegno dell'Insegnante Fausta Fortino. Molto probabilmente l'attenzione del primo cittadino alle tematiche ambientali, ma ancor più quella dei tanti cittadini soprattutto afferenti a OAP e a FSA hanno creato le condizioni per focalizzare l'attenzione sulla questione ambientale a Barletta in maniera incisiva. Diventa quindi impellente e prioritaria la costituzione di una Consulta per l'Ambiente formata dalle associazioni e comitati cittadini, luogo di incontro e scontro, ma in ogni caso fucina di azioni utili per la salute dei cittadini e dell'Ambiente che senza alcun dubbio può contribuire alla miglior gestione delle problematiche ambientali della città di Barletta.
Ritornando ai risultati del monitoraggio della falda, il Comitato Aria Pulita BAT è particolarmente preoccupato dalla situazione in cui versa lo stato qualitativo della falda superficiale dell'area industriale di Barletta, con elevate concentrazioni di Cromo esavalente, Solfati e Nitrati nelle aree prossime ai due principali stabilimenti industriali e verso la litoranea di Levante. Altri superamenti prevalentemente, da solventi clorurati, e un hot spot da Cromo VI si osservano nella zona ad Ovest verso Trani ed in modo particolare a nord della ex Cartiera e nell'agro prossimo all'area di Ariscianne-Belvedere. Pertanto, sulla scorta dei dati ad oggi disponibili, ma anche della disponibilità più volte manifestata dalla aziende cittadine ad un'apertura delle stesse al confronto tecnico-scientifico con l'opinione pubblica, si ritiene utile suggerire alcune azioni da mettere in campo da subito, con il coinvolgimento dei principali soggetti operanti nell'area industriale al fine di acquisire informazioni utile per la salute pubblica. Ciò anche in considerazione del fatto che in prossimità della città la direzione di deflusso prevalente della falda idrica superficiale è dagli stabilimenti industriali verso i lidi del litorale di Levante.
Tali azioni potrebbero essere condotte rispettando il seguente ordine di priorità.
- Aumentare il numero di piezometri lungo la litoranea di Levante (almeno un altro in aggiunta a quelli già presenti) e le frequenze di campionamento ed analisi (almeno mensili) nei piezometri prossimi ai lidi, al fine di monitorare il potenziale inquinamento chimico delle acque marine dei lidi per tutta la stagione balneare. In presenza di superamenti rispetto ad alcuni parametri indicatori della contaminazione della falda appurata, emettere ordinanze di divieto di balneazione per potenziale inquinamento chimico delle acque di mare;
- Al fine di delimitare l'area contaminata da Cromo esavalente e da solfati si ritiene utile effettuare ulteriori piezometri laddove sono stati riscontrati superamenti fino ad oltre dieci volte rispetto ai valori limite normativi (ai sensi della tabella 2 allegato 5 titolo V Parte IV D.lgs. 152/2006) ed in particolare all'interno dello stabilimento Buzzi e tutt'intorno ad esso (lungo Via Trani, canale Tranvia, zona Verde Abitare, via Andria e via Callano). Si ritiene questa un'attività di indagine prioritaria essendo presenti nelle immediate vicinanze recettori sensibili che potrebbero venire a contatto con le acque inquinate circolanti nelle sabbie sature sottostanti i lidi o emergenti in scavi per costruzioni, ecc.. Lo stesso, nel tempo, andrebbe effettuato nelle aree contermini ad altri stabilimenti industriali o ex industriali (vedi zona ex Cartiera).
- Sarebbe utile inoltre effettuare campionamenti ed analisi dei terreni con analisi chimiche (ai sensi della tabella 1 colonna B allegato 5 titolo V Parte IV D.lgs. 152/2006) analogamente a quanto fatto da TIMAC nell'ambito del procedimento di bonifica ex art. 242 del D.lgs. 152/2006. I campionamenti in area Buzzi o altri stabilimenti industriali devono essere effettuati soprattutto in prossimità di potenziali centri di pericolo che potrebbero aver determinato il rilascio del cromo in falda (zone soggette a scavi recenti, zone interessate da stoccaggi, zone interessate da condutture sotterranee, zone recentemente asfaltate, ecc.). Utile a tal fine è stato il confronto con lo studio di Change Detection condotto dal CNR. Sarebbe inoltre utile conoscere come sono state gestite le terre e rocce da scavo, se ai sensi dell'art. 41-bis della legge n. 98/2013 o se ai sensi del DM 161/2012) provenienti da tali scavi e dove tali materiali sono stati conferiti;
- Necessario estendere il numero di piezometri nelle zone che hanno mostrato superamenti da composti organici, nitrati e da cromo esavalente (n.1 hot spot verso Trani);
- Emettere ordinanza divieto di emungimento acque sotterranee per usi irrigui, potabili e domestici. Al fine di poter essere esclusi dall'ordinanza sanitaria di divieto di emungimento, sarebbe necessario richiedere a tutti gli agricoltori della zona interessata dal monitoraggio (colture prevalentemente ortive) e i fruitori delle acque della falda analisi chimiche delle acque (ai sensi della tabella 2 allegato 5 titolo V Parte IV D.lgs. 152/2006), particella catastale dei pozzi, profondità dei pozzi e possibilmente stratigrafia per capire se si sta utilizzando l'acqua dei livelli acquiferi superficiali (falda superficiale) e di acque della falda profonda (falda carsica). Le attività di campionamento devono essere effettuate oltre che dai tecnici del laboratorio che il privato vorrà incaricare, anche in presenza di tecnici degli Enti di controllo o di ausiliari di polizia giudiziaria;
- Per quanto riguarda le contaminazioni dell'agro (zona verso Trani) sono di una tipologia diversa rispetto a quelle riscontrate nella zona prossima alla città. In questo caso, contestualmente all'intensificazione della rete di monitoraggio è importante la rimozione di tutti i rifiuti presenti ed eventuale bonifica dei terreni contaminati. In questo caso va fortemente intensificata l'attività di controllo (siamo in zone di campagna) con multe onerose per chi dovesse essere sorpreso ad abbandonare rifiuti. Creazione quindi di un fondo per pulizia e bonifica dell'area. Dopo la rimozione dei cumuli dei rifiuti vanno eseguite analisi dei terreni e verificare i valori con i limiti della tabella 1 colonna A allegato 5 titolo V Parte IV D.lgs. 152/2006;
- Al fine di realizzare una mappa del degrado ambientale di tutta l'area corrispondente all'agro indicato, utile partire e verificare la situazione rispetto alla carta del degrado ambientale realizzata nell'ambito del progetto di recupero riqualificazione e ricerca dell'area di Ariscianne già citato, i cui rilievi risalgono al 2003, condotto dall'Amministrazione Comunale con il Dipartimento di Geologia e Geofisica e la Soprintendenza Archeologica della Puglia.