La città
Barletta verso il 70° anniversario della strage del 12 settembre 1943
Intervista al prof. Luigi Dicuonzo, responsabile dell'Archivio della Resistenza e della Memoria. Il progetto annuale “La memoria a tutela dei valori nati dalla Resistenza”
Barletta - lunedì 9 settembre 2013
0.11
La città di Barletta, si prepara, in questa settimana, a celebrare il 70° anniversario di un evento tragico ma importante nella memoria della nostra comunità, emblema della Resistenza nella nostra città: l'eccidio nazista del 12 settembre 1943. Abbiamo intervistato il prof. Luigi Dicuonzo, responsabile dell'Archivio della Resistenza e della Memoria, sulle iniziative previste in occasione di questi 70 anni dalla Resistenza.
Professor Dicuonzo, alla luce del programma delle celebrazioni per i 70 anni dall'eccidio nazista del 12 settembre 1943, ufficializzato dall'amministrazione comunale, quali sono le iniziative previste dall'Archivio della Resistenza e della Memoria?
«Noi dal 2004, dall'assegnazione della Medaglia d'oro al Valore Militare, abbiamo ripreso una gestione tecnica dell'Archivio della Resistenza e della Memoria, in funzione delle attività proposte al Comune, e abbiamo organizzato a settembre il "mese della memoria". Ci sono degli appuntamenti istituzionali. La fiaccolata della memoria, la sera dell'11 settembre, che va dalla caserma Stella al Crocifisso, in via Andria, organizzata da sempre con la partecipazione fondamentale della comunità parrocchiale del Crocifisso, l'animazione di don Rino Caporusso, che celebra la messa, con la presenza di realtà associative, come le associazioni degli ex combattenti. Il 21 settembre, il raduno di Murgetta Rossi, a Spinazzola. Grazie all'aiuto della provincia, l'Archivio organizza almeno un pullman, per portare i ragazzi, in partenza da ogni città della provincia. Cosa possono insegnarci questi eventi? I ragazzi nelle scuole parlano e studiano gli episodi di Murgetta Rossi, dove sono stati ammazzati 22 ragazzi soldati, in fuga, senza armi, dai tedeschi appostati nei boschi di Spinazzola. I ragazzi del Liceo scientifico "Nuzzi" di Andria, hanno messo su un atto unico straordinario, che si chiama "Il silenzio in quell'ovile". I ragazzi della scuola media "Moro" di Barletta, hanno parlato de "Le voci di Murgetta Rossi". Silenzio e voci. Messe insieme, sembrano delle idee contrastanti. Invece riteniamo possano essere valori fortissimi, che abbiamo scoperto dal silenzio, dalla dimenticanza di questi fratelli uccisi, per la nostra società. Il 22 settembre andremo ad Ascoli Satriano, dove l'amministrazione comunale, su nostra proposta, dedicherà una strada al primo soldato ammazzato a Barletta in piazza Conteduca, Domenico Pandiscia, che era in difesa del rifugio n. 1, e che la mattina del 12, prima dell'eccidio, viene ammazzato lì. Il figlio, Saverio Padiscia (dell'associazione famiglie dei caduti e dispersi in guerra) è sempre in prima fila in tutte le nostre iniziative. Anche per questa iniziativa, intendo comunicare alla città, la disponibilità ad organizzare un pullman per le persone che vogliano partecipare. Il 29-30 novembre, avremo un grande convegno sui nostri problemi storici, con importanti personalità, provenienti dalle università della Germania, dall'istituto germanico in Italia, e dalle università italiane. E così chiuderemo il nostro progetto annuale che si intitola "La memoria a tutela dei valori nati dalla Resistenza"».
«Da quando siamo stati onorati delle due Medaglie d'Oro (al Merito Civile e al Valor Militare) - ha aggiunto Dicuonzo - abbiamo preso questa condizione di città della resistenza, come un impulso a fare ricerche sempre nuove. Abbiamo focalizzato la posizione dei nostri soldati qui a Barletta. Nel settembre 1943, avevamo 6mila soldati al comando del Colonnello Francesco Grasso. Erano magazzinieri, soldati di riserva, e molte truppe di passaggio, perché da Barletta si partiva per l'Egeo. Però, il fenomeno dell'aggressione nazista alla nostra città si capisce solo quando, si va a trovare nella documentazione storica e archivistica tedesca, gli elementi fondamentali: nella notte tra l'8 e il 9 settembre, il nostro Castello, dove era presidio militare di Barletta, doveva essere preso dalla prima divisione paracadutisti che era accampata a Cerignola; nella notte viene ritirato, e nei giorni 9, 10, 11, nelle nostre campagne si verificano tanti atti di sabotaggio, contro la popolazione e i nostri soldati, che portano ad uno scontro armato tra soldati tedeschi e italiani. Non è vero che da Barletta passavano i soldati tedeschi in ritirata e che alcuni barlettani accopparono. Il progetto era quello di prendere il presidio, perché era ricco di rifornimenti alimentari, di vestiario. L'ottica è quella di guardare la storia così come si è verificata. La sera dell'11 settembre fu una fortuna enorme per i barlettani a non essere occupati, perché i nostri soldati, su via Andria, fermarono la colonna del gruppo misto del luogotenente Friedrich Kurtz. Noi abbiamo avuto testimonianze straordinarie, come quella di Heino Niehaus, che ci ha lasciato un diario di guerra illuminante: ci racconta cosa è stato fatto a Barletta in quei giorni, dalla sera dell'11 e la sera del 23. Nella notte tra il 23 e il 24, quando i tedeschi vanno via, continuano le loro incursioni nelle campagne: a Valle Cannella, vicino Cerignola, ammazzano ancora soldati in fuga».
Cosa pensa delle ipotesi di rifacimento dei bronzi del monumento di piazza Caduti? Sarebbe giusto o no?
«E' l'unica mia condivisione del pensiero che era stato espresso da don Peppuccio Damato, che è stato il cappellano militare nella guerra di Spagna nel 1936, a Barletta nel 1943, e un ricercatore fondamentale di memorie locali, ed è stato anche fascista. Ha scritto dei libri fondamentali, come "L'occupazione tedesca a Barletta", che è un patrimonio enorme per noi. Don Peppuccio diceva: "Io quei bronzi non li rimetterei". Aggiungo, che l'Archivio non deve fare politica, è un istituzione didattica e promozionale. Perché furono tolti quei bronzi? Perché furono dati anche propagandisticamente, per dire: "Noi fascisti esaltiamo la storia e abbiamo questi monumenti". Poi: "Ridateci i bronzi". Noi abbiamo dato alla patria: oro, lana, ferro. Far capire che quelli sono stati ripresi da uno stato che li ha utilizzati per una guerra di aggressione, è la migliore lezione che si possa fare per spiegare che cosa è stato il fascismo. Ad un giovane dico: non ti curare dei bronzi che non ci stanno. Quei bronzi c'erano, perché erano anche stati esaltati dal popolo, che aveva pagato per poter mettere quei bronzi, però poi lo stesso stato li aveva richiesti per una guerra di aggressione, della quale dovremmo conoscere tutti i risvolti per dire: no, la guerra no, la guerra mai».
Professor Dicuonzo, alla luce del programma delle celebrazioni per i 70 anni dall'eccidio nazista del 12 settembre 1943, ufficializzato dall'amministrazione comunale, quali sono le iniziative previste dall'Archivio della Resistenza e della Memoria?
«Noi dal 2004, dall'assegnazione della Medaglia d'oro al Valore Militare, abbiamo ripreso una gestione tecnica dell'Archivio della Resistenza e della Memoria, in funzione delle attività proposte al Comune, e abbiamo organizzato a settembre il "mese della memoria". Ci sono degli appuntamenti istituzionali. La fiaccolata della memoria, la sera dell'11 settembre, che va dalla caserma Stella al Crocifisso, in via Andria, organizzata da sempre con la partecipazione fondamentale della comunità parrocchiale del Crocifisso, l'animazione di don Rino Caporusso, che celebra la messa, con la presenza di realtà associative, come le associazioni degli ex combattenti. Il 21 settembre, il raduno di Murgetta Rossi, a Spinazzola. Grazie all'aiuto della provincia, l'Archivio organizza almeno un pullman, per portare i ragazzi, in partenza da ogni città della provincia. Cosa possono insegnarci questi eventi? I ragazzi nelle scuole parlano e studiano gli episodi di Murgetta Rossi, dove sono stati ammazzati 22 ragazzi soldati, in fuga, senza armi, dai tedeschi appostati nei boschi di Spinazzola. I ragazzi del Liceo scientifico "Nuzzi" di Andria, hanno messo su un atto unico straordinario, che si chiama "Il silenzio in quell'ovile". I ragazzi della scuola media "Moro" di Barletta, hanno parlato de "Le voci di Murgetta Rossi". Silenzio e voci. Messe insieme, sembrano delle idee contrastanti. Invece riteniamo possano essere valori fortissimi, che abbiamo scoperto dal silenzio, dalla dimenticanza di questi fratelli uccisi, per la nostra società. Il 22 settembre andremo ad Ascoli Satriano, dove l'amministrazione comunale, su nostra proposta, dedicherà una strada al primo soldato ammazzato a Barletta in piazza Conteduca, Domenico Pandiscia, che era in difesa del rifugio n. 1, e che la mattina del 12, prima dell'eccidio, viene ammazzato lì. Il figlio, Saverio Padiscia (dell'associazione famiglie dei caduti e dispersi in guerra) è sempre in prima fila in tutte le nostre iniziative. Anche per questa iniziativa, intendo comunicare alla città, la disponibilità ad organizzare un pullman per le persone che vogliano partecipare. Il 29-30 novembre, avremo un grande convegno sui nostri problemi storici, con importanti personalità, provenienti dalle università della Germania, dall'istituto germanico in Italia, e dalle università italiane. E così chiuderemo il nostro progetto annuale che si intitola "La memoria a tutela dei valori nati dalla Resistenza"».
«Da quando siamo stati onorati delle due Medaglie d'Oro (al Merito Civile e al Valor Militare) - ha aggiunto Dicuonzo - abbiamo preso questa condizione di città della resistenza, come un impulso a fare ricerche sempre nuove. Abbiamo focalizzato la posizione dei nostri soldati qui a Barletta. Nel settembre 1943, avevamo 6mila soldati al comando del Colonnello Francesco Grasso. Erano magazzinieri, soldati di riserva, e molte truppe di passaggio, perché da Barletta si partiva per l'Egeo. Però, il fenomeno dell'aggressione nazista alla nostra città si capisce solo quando, si va a trovare nella documentazione storica e archivistica tedesca, gli elementi fondamentali: nella notte tra l'8 e il 9 settembre, il nostro Castello, dove era presidio militare di Barletta, doveva essere preso dalla prima divisione paracadutisti che era accampata a Cerignola; nella notte viene ritirato, e nei giorni 9, 10, 11, nelle nostre campagne si verificano tanti atti di sabotaggio, contro la popolazione e i nostri soldati, che portano ad uno scontro armato tra soldati tedeschi e italiani. Non è vero che da Barletta passavano i soldati tedeschi in ritirata e che alcuni barlettani accopparono. Il progetto era quello di prendere il presidio, perché era ricco di rifornimenti alimentari, di vestiario. L'ottica è quella di guardare la storia così come si è verificata. La sera dell'11 settembre fu una fortuna enorme per i barlettani a non essere occupati, perché i nostri soldati, su via Andria, fermarono la colonna del gruppo misto del luogotenente Friedrich Kurtz. Noi abbiamo avuto testimonianze straordinarie, come quella di Heino Niehaus, che ci ha lasciato un diario di guerra illuminante: ci racconta cosa è stato fatto a Barletta in quei giorni, dalla sera dell'11 e la sera del 23. Nella notte tra il 23 e il 24, quando i tedeschi vanno via, continuano le loro incursioni nelle campagne: a Valle Cannella, vicino Cerignola, ammazzano ancora soldati in fuga».
Cosa pensa delle ipotesi di rifacimento dei bronzi del monumento di piazza Caduti? Sarebbe giusto o no?
«E' l'unica mia condivisione del pensiero che era stato espresso da don Peppuccio Damato, che è stato il cappellano militare nella guerra di Spagna nel 1936, a Barletta nel 1943, e un ricercatore fondamentale di memorie locali, ed è stato anche fascista. Ha scritto dei libri fondamentali, come "L'occupazione tedesca a Barletta", che è un patrimonio enorme per noi. Don Peppuccio diceva: "Io quei bronzi non li rimetterei". Aggiungo, che l'Archivio non deve fare politica, è un istituzione didattica e promozionale. Perché furono tolti quei bronzi? Perché furono dati anche propagandisticamente, per dire: "Noi fascisti esaltiamo la storia e abbiamo questi monumenti". Poi: "Ridateci i bronzi". Noi abbiamo dato alla patria: oro, lana, ferro. Far capire che quelli sono stati ripresi da uno stato che li ha utilizzati per una guerra di aggressione, è la migliore lezione che si possa fare per spiegare che cosa è stato il fascismo. Ad un giovane dico: non ti curare dei bronzi che non ci stanno. Quei bronzi c'erano, perché erano anche stati esaltati dal popolo, che aveva pagato per poter mettere quei bronzi, però poi lo stesso stato li aveva richiesti per una guerra di aggressione, della quale dovremmo conoscere tutti i risvolti per dire: no, la guerra no, la guerra mai».