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Tennistavolo

Tennistavolo: il 18 maggio si approssima tra mille avversità

Lo sport è sacrificio, dedizione, rinuncia, non certo apoteosi della burocrazia e dell'insensibilità

Anche lo sport, al pari di tante attività sociali, ha dovuto issare "bandiera bianca" dinanzi ad un mostro silente, il Coronavirus, che da oltre due mesi sta attanagliando la Nazione tutta, seminando morte, panico, incredulità, smarrimento, depressione. La rapida propagazione dell'epidemia ha costretto il governo, inizialmente scettico sulla gravità del fenomeno, ad emanare decreti sempre più restrittivi nel tentativo di arginare quella che oggi si può definire, senza timore di smentita, una tragedia socio - sanitaria.

In questo giro di vite sono finiti inevitabilmente tutte le Federazioni Sportive e tutti gli enti di Promozione Sportiva, costretti a sospendere qualsivoglia attività (agonistica, formativa, ricreativa). Il tennistavolo (comunemente noto come ping - pong) ha sperato ardentemente di potere "proseguire" dal momento che, a seguito di un'iniziale valutazione, era stato considerato uno sport privo di contatto fisico. È vero che, tanto in allenamento quanto in un match, i giocatori sono in grado di rispettare il famigerato "distanziamento sociale" (per la precisione due metri e 74 centimetri corrispondenti alla lunghezza del tavolo da gioco) ma è altrettanto vero che i pongisti entrano in continuo contatto con la pallina (in materiale plastico) che rischia di essere un non trascurabile vettore di contagio.

E poi non si può sottovalutare l'estrema vicinanza degli atleti nell'effettuazione del doppio (sia in gara che in training). Preso atto di questi rischi sui quali inizialmente non ci si era soffermati, non si è potuto fare a meno di associare il tennistavolo a tutti gli altri sport che hanno dovuto effettuare il doveroso break. Ed ecco che migliaia di giocatori oltre che centinaia di allenatori, in rappresentanza di tutte le società di tennistavolo presenti sul territorio nazionale, hanno dovuto riporre momentaneamente le loro racchette nelle apposite custodie, sperando di potere tornare, in tempi brevi, sia sui campi di gara che nelle palestre ove effettuare le necessarie sedute di allenamento.

Per chi era abituato (da tanti anni) alla fatica ed al sudore quotidiani, per chi si sottoponeva a rinunce morali e a sacrifici materiali non può non essere stato arduo e mesto dover mutare all'improvviso il proprio modus vivendi, passando da un impegno alacre ad un'esistenza sedentaria e priva di qualsivoglia svago. Questa lunga pausa si è ormai trasformata in una spada di Damocle che incombe sul capo di tutto il movimento pongistico nazionale.

Quando si potranno riprendere gli allenamenti? Quando si potrà tornare a gareggiare? Quali difficoltà si dovranno affrontare al momento della ripresa? Questi sono solo alcuni dei tanti, troppi interrogativi che angosciano, da alcune settimane, atleti, tecnici e società pongistiche. A seguito del DPCM emanato in data 26 aprile 2020, dallo scorso 4 maggio è stata consentita la ripresa degli allenamenti individuali. Nello specifico, tutti i pongisti di interesse nazionale ed internazionale hanno potuto riprendere la preparazione. Siamo evidentemente dinanzi ad un piccolo, quasi impercettibile, passo avanti ma la strada da percorrere per tornare ad una pratica sportiva "normale" si preannuncia ancora lunga e particolarmente irta di insidie.

Sic rebus stantibus, non resta che confidare nel prossimo 18 maggio, data indicata sempre nel Decreto teste' menzionato per la ripartenza degli allenamenti a squadre. Il tennistavolo, ritenuto da una Commissione tecnico - scientifica una disciplina a bassissimo rischio di contagio, deve potere riprendere l'attività di preparazione nelle rekative strutture. Perchè questo sia possibile, in primis il Protocollo per la ripresa degli allenamenti individuali, definito dalla FITET lo scorso 6 maggio, deve essere subito esteso anche alla preparazione delle squadre a qualsivoglia livello. In secundis, le Autoritaà preposte (Scuole, Comuni, Province,Regioni) devono consentire nuovamente e tempestivamente l'accesso dei sodalizi agli impianti sportivi. Se davvero (e non solo demagogicamente) si vuole scongiurare il rischio che gran parte delle a.s.d. di tennistavolo interrompa bruscamente e definitivamente la propria attività, si evitino disposizioni esageratamente rigide in materia di utilizzo delle strutture sportive.

In un momento particolarmente critico come quello che l'Italia sta vivendo a seguito dell'emergenza Covid - 19, salvaguardare la salute è, senza ombra di dubbio, un preciso dovere morale ma limitare l'accesso all'impianto (nel corso delle sedute di allenamento) a soli 4 giocatori, pretendere l'esibizione di un'apposita autocertificazione all'inizio di ogni allenamento, rendere obbligatoria l'igienizzazione di palline e tavoli nell'avvicendamento dei pongisti in palestra e stabilire pause di 10 minuti in occasione dei cambi or ora menzionati, impedire categoricamente ai giocatori di cambiare la posizione al tavolo, creare una distanza di m 2.00 tra le aree di gioco (già delimitate da transenne e già "sicure" dal momento che ogni campo è largo ben 4 metri e mezzo) è un vero e proprio calvario che pochi, pochissimi sodalizi avranno la capacità di affrontare e superare.

Se a quest'insormontabile montagna di adempimenti si dovesse aggiungere, come da giorni si vocifera, la sanificazione dei locali a carico delle a.s.d. fruitrici degli stessi, la prematura thanatos dell'associazionismo dilettantistico di tennistavolo sarà una logica ed ineluttabile consecutio. In questi due lunghi ed interminabili mesi di stop i sodalizi pongistici sono già stati messi in ginocchio dal mancato introito delle quote mensili di frequenza (vera e propria fonte di sostentamento per realtà associative che vivono di autotassazione e di sporadiche elargizioni da parte di privati) e da una significativa dispersione delle giovani leve oltre che dei neo - iscritti per una fisiologica perdita di motivazioni a seguito della lunga sosta. Nei prossimi mesi quali altre sciagure potranno abbattersi su associazioni solo ricche di tecnica e di passione?

Si vuole davvero tendere una mano a questi sodalizi ed evitare che scompaiano prematuramente? Si vuole realmente consentire alle a.s.d. pongistiche italiane di riprendere gli allenamenti dopo il 18 maggio? Tutte le autorità, sottolineo tutte, mettano da parte lo sciocco ed insensato fiscalismo e, pur nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di salvaguardia della salute pubblica, consentano al movimento pongistico nazionale tutto di esercitare la propria operatività senza patemi, senza ulteriori affanni, senza oneri aggiuntivi.

La pratica sportiva, per chi lo avesse dimenticato, è elevazione qualitativa della personalità umana. Se, invece, si perseverasse nell'applicazione intransigente di disposizioni così restrittive, il tennistavolo si trasformerebbe ex abrupto in una via Crucis dinanzi alla quale tanti, forse troppi praticanti si vedrebbero costretti a fare dietrofront. Lo sport è sacrificio, dedizione, rinuncia, non certo apoteosi della burocrazia e dell'insensibilità.
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