Calcio
Barletta Calcio, l'analisi a freddo del ricorso al Tnas
Ai nostri microfoni l'avvocato difensore Angelo Cascella
Barletta - venerdì 25 maggio 2012
10.06
46 anni, barlettano, uno dei nove membri italiani del Tribunale Arbitrale Sportivo (Tas) di Losanna, per il quale lavorerà sul posto anche durante Euro 2012. E' l'identikit dell'avvocato Angelo Cascella: barlettano d'origine, barese di formazione, Cascella è a Vicenza dal '96: laureato in Giurisprudenza, ha lavorato per dodici anni con l'avvocato Claudio Pasqualin, uno dei procuratori più noti d'Italia, assistendo e rappresentando numerosi atleti. Ha difeso, in collaborazione con l'avvocato Gaetano Aita, il Barletta nell'ormai "famoso", quanto purtroppo inefficace per gli effetti non giunti sulla classifica, ricorso al Tnas (il cui esito riportiamo in allegato, ndr), respinto il 15 maggio. Con lui abbiamo approfondito in un'esclusiva intervista i retroscena del verdetto che ha spento i sogni di gloria del Barletta Calcio, già sfumati sul campo, in un'aula da tribunale:
Avvocato Cascella, lei è entrato nella "scuderia" del Barletta in luogo dell'avvocato Chiacchio in terzo grado. Quanta fiducia da parte vostra c'era circa l'accoglimento del ricorso?
«Indubbiamente tanta, non abbiamo certo fatto un tentativo. Ritenevamo e riteniamo che ci fossero allora tutti gli estremi per l'accoglimento del ricorso: non è mio costume intraprendere una causa senza convinzione. Credevamo sul serio che vi fossero possibilità concrete di vedere la pronuncia in primo grado annullata. Non so se imputare questo mancato accoglimento alle conseguenze che avrebbe potuto provocare al contrario l'accoglimento sulle dinamiche di playout e playoff. A noi premeva avere una rapida pronuncia, e questo giustificava il ricorso d'urgenza. Ora siamo curiosi di conoscere le motivazioni, che saranno rese note tra qualche tempo, anche se non sappiamo precisamente quando».
Quanto può aver influito il rispetto chiesto a più riprese dai vertici della Lega Pro nell'ottica di giocare i playoff nelle date prestabilite sulla decisione dell'Arbitro Unico Vessichelli?
« Sì, credo che la volontà manifesta della Lega di avviare entro i tempi stabiliti i playoff abbia potuto influenzare la scelta. E' davvero paradossale la decisione, se pensiamo che ai playoff è arrivata la Cremonese, società sub-judice per il caso-calcioscommesse, che oggi attende una sanzione che con ogni probabilità sarà comminata nella prossima stagione. Il nostro timore è che una decisione possa essere stata non solo sul campo del puro diritto, ma sia maturata anche nel timore di sconvolgere la macchina organizzativa dei playoff che l'accoglimento del ricorso avrebbe toccato. Purtroppo è ingiusta e iniqua la pronuncia del Tnas, che a nostro avviso ha rigettato il ricorso sulla base di un comportamento non verificato».
Secondo lei la decisione di ritardare i provvedimenti nei confronti delle società coinvolte nel caos-calcioscommesse non rischia di falsare sia questo campionato che il prossimo? Non sarebbe stato meglio attendere i giudizi sulle società coinvolte per giocare i playout e i playoff?
«Bisogna partire dal principio di afflittività che vige nel giudizio sportivo, ossia dev'essere atto a penalizzare il più possibile la società coinvolta, scegliendo in che stagione e in che misura comminare la pena: non so se sia corretto parlare di ritardo nei provvedimenti, in quanto l'attività investigativa è stata cospicua. Se i deferimenti fossero però arrivati un mese prima, sarebbero state forse elaborate prima anche le pene per i soggetti coinvolti nella fattispecie. Percui le società per le quali fosse stata riscontrata la responsabilità oggettiva avrebbero sicuramente scontato la penalizzazione nel torneo in corso. Partiamo dal principio di innocenza, è vero, ma teniamo pur conto del fatto che nel passato tutte le società coinvolte sono state in qualche modo sanzionate. Perciò contemperare gli interessi di tutte le società coinvolte sarebbe stato corretto e interessante».
Il caso Tatò-Gambling aveva fatto all'inizio presagire il peggio: qualcuno aveva addirittura parlato di penalizzazioni cospicue o retrocessione. In questo clima di giustizialismo, e considerata l'unicità del caso, non ritiene che la penalizzazione di un punto fosse stata anche mite?
«La norma, a nostro avviso, non è il divieto. A nostro avviso la violazione del divieto di scommettere, che sarebbe stato aggirato, non riguarda il caso del Barletta. Se torniamo all'alba degli anni 2000, ricordo casi di tesserati che avevano violato le norme demandando a parenti e amici la giocata delle scommesse, subendo la giusta sanzione. Dopo, l'ordinamento sportivo ha introdotto nuove norme per colpire la fattispecie. Non esiste, però, il divieto di possedere delle quote. La teoria della federazione paradossalmente ci fa pensare che qualunque cittadino, acquistando una quota di una qualunque società di calcio, penso a quelle quotate in borsa, che si trovi a scommettere anche soli due euro in una qualsiasi ricevitoria, potrebbe incorrere nello stesso divieto in cui è stato individuato il Barletta con conseguente penalizzazione a carico della società stessa. Questo è un autentico paradosso!».
Le chiedo infine del presidente Tatò. Lei si è rapportato con lui spesso e volentieri per lavoro in questi tempi. Come giudica il fatto che alcuni abbiano individuato nell'ingenuità del patron biancorosso il "capro espiatorio" dell'annata storta?
« Credo che nel post-ricorso ci siano stati diversi mugolii tra i tifosi. Quello che voglio evidenziare è però che nella fattispecie della causa Tatò-Gambling è stata associata la parola scommesse in maniera impropria e incauta al Barletta. La squadra era arrivata anche ai playoff, al quinto posto, sebbene non con un campionato straordinario: e questo dobbiamo tenerlo a mente, ricordando anche che gli investimenti del presidente hanno permesso di uscire dalle sabbie della zona-retrocessione e di poter puntare ai primi posti del torneo. Sentendo alcune voci sulla piazza, sembra quasi che solo per colpa di Tatò non siano arrivati i playoff, tendendo a dimenticare che grazie a lui il Barletta era quasi approdato al quinto posto. Ci sono tante società poco solide oggi, come il Barletta, e dobbiamo riuscire secondo me anche ad apprezzare le stagioni nelle quali si punta in alto, pur senza raccogliere frutti».
(Twitter: @GuerraLuca88)
Avvocato Cascella, lei è entrato nella "scuderia" del Barletta in luogo dell'avvocato Chiacchio in terzo grado. Quanta fiducia da parte vostra c'era circa l'accoglimento del ricorso?
«Indubbiamente tanta, non abbiamo certo fatto un tentativo. Ritenevamo e riteniamo che ci fossero allora tutti gli estremi per l'accoglimento del ricorso: non è mio costume intraprendere una causa senza convinzione. Credevamo sul serio che vi fossero possibilità concrete di vedere la pronuncia in primo grado annullata. Non so se imputare questo mancato accoglimento alle conseguenze che avrebbe potuto provocare al contrario l'accoglimento sulle dinamiche di playout e playoff. A noi premeva avere una rapida pronuncia, e questo giustificava il ricorso d'urgenza. Ora siamo curiosi di conoscere le motivazioni, che saranno rese note tra qualche tempo, anche se non sappiamo precisamente quando».
Quanto può aver influito il rispetto chiesto a più riprese dai vertici della Lega Pro nell'ottica di giocare i playoff nelle date prestabilite sulla decisione dell'Arbitro Unico Vessichelli?
« Sì, credo che la volontà manifesta della Lega di avviare entro i tempi stabiliti i playoff abbia potuto influenzare la scelta. E' davvero paradossale la decisione, se pensiamo che ai playoff è arrivata la Cremonese, società sub-judice per il caso-calcioscommesse, che oggi attende una sanzione che con ogni probabilità sarà comminata nella prossima stagione. Il nostro timore è che una decisione possa essere stata non solo sul campo del puro diritto, ma sia maturata anche nel timore di sconvolgere la macchina organizzativa dei playoff che l'accoglimento del ricorso avrebbe toccato. Purtroppo è ingiusta e iniqua la pronuncia del Tnas, che a nostro avviso ha rigettato il ricorso sulla base di un comportamento non verificato».
Secondo lei la decisione di ritardare i provvedimenti nei confronti delle società coinvolte nel caos-calcioscommesse non rischia di falsare sia questo campionato che il prossimo? Non sarebbe stato meglio attendere i giudizi sulle società coinvolte per giocare i playout e i playoff?
«Bisogna partire dal principio di afflittività che vige nel giudizio sportivo, ossia dev'essere atto a penalizzare il più possibile la società coinvolta, scegliendo in che stagione e in che misura comminare la pena: non so se sia corretto parlare di ritardo nei provvedimenti, in quanto l'attività investigativa è stata cospicua. Se i deferimenti fossero però arrivati un mese prima, sarebbero state forse elaborate prima anche le pene per i soggetti coinvolti nella fattispecie. Percui le società per le quali fosse stata riscontrata la responsabilità oggettiva avrebbero sicuramente scontato la penalizzazione nel torneo in corso. Partiamo dal principio di innocenza, è vero, ma teniamo pur conto del fatto che nel passato tutte le società coinvolte sono state in qualche modo sanzionate. Perciò contemperare gli interessi di tutte le società coinvolte sarebbe stato corretto e interessante».
Il caso Tatò-Gambling aveva fatto all'inizio presagire il peggio: qualcuno aveva addirittura parlato di penalizzazioni cospicue o retrocessione. In questo clima di giustizialismo, e considerata l'unicità del caso, non ritiene che la penalizzazione di un punto fosse stata anche mite?
«La norma, a nostro avviso, non è il divieto. A nostro avviso la violazione del divieto di scommettere, che sarebbe stato aggirato, non riguarda il caso del Barletta. Se torniamo all'alba degli anni 2000, ricordo casi di tesserati che avevano violato le norme demandando a parenti e amici la giocata delle scommesse, subendo la giusta sanzione. Dopo, l'ordinamento sportivo ha introdotto nuove norme per colpire la fattispecie. Non esiste, però, il divieto di possedere delle quote. La teoria della federazione paradossalmente ci fa pensare che qualunque cittadino, acquistando una quota di una qualunque società di calcio, penso a quelle quotate in borsa, che si trovi a scommettere anche soli due euro in una qualsiasi ricevitoria, potrebbe incorrere nello stesso divieto in cui è stato individuato il Barletta con conseguente penalizzazione a carico della società stessa. Questo è un autentico paradosso!».
Le chiedo infine del presidente Tatò. Lei si è rapportato con lui spesso e volentieri per lavoro in questi tempi. Come giudica il fatto che alcuni abbiano individuato nell'ingenuità del patron biancorosso il "capro espiatorio" dell'annata storta?
« Credo che nel post-ricorso ci siano stati diversi mugolii tra i tifosi. Quello che voglio evidenziare è però che nella fattispecie della causa Tatò-Gambling è stata associata la parola scommesse in maniera impropria e incauta al Barletta. La squadra era arrivata anche ai playoff, al quinto posto, sebbene non con un campionato straordinario: e questo dobbiamo tenerlo a mente, ricordando anche che gli investimenti del presidente hanno permesso di uscire dalle sabbie della zona-retrocessione e di poter puntare ai primi posti del torneo. Sentendo alcune voci sulla piazza, sembra quasi che solo per colpa di Tatò non siano arrivati i playoff, tendendo a dimenticare che grazie a lui il Barletta era quasi approdato al quinto posto. Ci sono tante società poco solide oggi, come il Barletta, e dobbiamo riuscire secondo me anche ad apprezzare le stagioni nelle quali si punta in alto, pur senza raccogliere frutti».
(Twitter: @GuerraLuca88)