Settant'anni dal crollo di Via Magenta a Barletta
La nota storica di Nino Vinella, portavoce del Gruppo di lavoro sulla malaedilizia dei crolli a Barletta
«Così, nella lapide apposta sulla parete del fabbricato ricostruito nello stesso luogo, viene ricordato il primo tragico crollo di quella drammatica (e sanguinosa) stagione chiamata "malaedilizia" che ha catapultato Barletta in cima alla lista italiana dei crolli. Vennero nell'ordine i 58 morti di Via Canosa 16 settembre 1959 e le cinque giovane vittime di Via Roma 3 ottobre 2011. Senza poi contare il crollo, senza vittime, del 14 marzo 1956 in Via Taddei, quando scamparono poco prima del disastro addirittura 36 persone…
LA STORIA
Ricorre il 70° anniversario di un lutto civile, pubblico e di risonanza nazionale mai del tutto elaborato. Fu nella serata di lunedì 8 dicembre 1952 che diciassette morti e 12 feriti, intere famiglie di povera gente con le loro vite travolte dalle macerie, occuparono le corrispondenze giornalistiche. Pioveva come da giorni anche in quella sera di festa dell'Immacolata: fra via Galiberti e via D'Andrea, due strade strette a scendere da via Regina Margherita verso Ponente, nel popoloso quartiere contadino di San Samuele, si sbriciolarono due interi piccoli fabbricati addossati l'uno all'altro con affaccio su via Magenta. Alti due piani ciascuno, furono squarciati come fosse esplosa una bomba: tutta Italia li vide nelle riprese bianconero della Settimana Incom proiettate dal cinegiornale Luce.
Travature di legno e muri di tufo, materiale fradicio marcito dall'acqua di una pioggia battente senza fine: tutto travolto fra polvere, calcinacci e fanghiglia che soltanto alle prime luci del giorno mostrò il vero volto della tragedia per fare posto ai soccorsi. Lapidario il comandante provinciale dei vigili del fuoco ing. Gabotto nella relazione al Viminale.«Le cause del crollo si ritiene debbano attribuirsi a cattiva costruzione dello stabile in quanto le strutture murarie sono risultate completamente scollegate per mancanza di malta. Le coperture a volta in muratura a sesto molto ribassato devono aver operato una spinta tale per cui le precarie condizioni delle mura perimetrali, aggravate dalle filtrazioni di pioggia, hanno determinato il crollo pressoché totale e simultaneo dello stabile. Le dimensioni degli edifici non erano tali da far supporre che il numero delle vittime potesse essere tanto elevato, ma per la densità altissima degli abitanti, il carattere improvviso e l'ora del sinistro, la percentuale delle vittime è risultata superiore al cinquanta per cento degli inquilini che dalla situazione anagrafica risultavano essere 32. Il bilancio del sinistro è pertanto il seguente: se 32 presenti 3 illesi, 12 feriti e 17 morti (di cui uno deceduto all'ospedale)».
Già: case povere, mal costruite e sovraffollate. Colpa della miseria e della speculazione. Una situazione purtroppo tipica della Barletta anni Cinquanta, senza il piano regolatore che sarebbe giunto solo nel 1967.
Don Michele Morelli, allora giovanissimo viceparroco della vicina chiesa di Sant'Agostino, ricorda. "Ero cappellano all'ospedale, lì a pochi passi. Fui avvisato verso mezzanotte e mi precipitai sul luogo di un disastro reso ancor più apocalittico ai miei occhi dalla pioggia violentissima che sferzava a raffica, vento freddo e buio quasi assoluto. Nella pochissima luce della strada eravamo solo un gruppetto di persone a scavare a mani nude in quell'ammasso di tufi: io in tonaca e gli altri, tutti assieme, cercammo di togliere un sasso dopo l'altro, con cura, sperando di trovare qualche persona ancora viva. Mi è rimasta nella memoria l'immagine di un uomo sospeso a mezza'aria nel suo letto che era rimasto con la spalliera attaccata alla parete mentre il pavimento era precipitato giù: passarono ore interminabili prima che i pompieri lo potessero salvare. E poi, i morti, tutti quei morti, estratti da cumuli di pietre, ai quali ho potuto solo amministrare l'olio santo dell'estrema unzione…"
Primi ad arrivare furono i vigili del fuoco del Distaccamento di Barletta, raggiunti qualche ora dopo sul luogo del crollo dalla squadra di Bari intervenuta col carro attrezzato: il rinforzo del personale e dei mezzi accelerò l'opera di rimozione, successivamente potenziata con l'aiuto di una compagnia di reclute del 13° reggimento Fanteria Pinerolo di stanza alle casermette. Nel corso della nottata, lavorando alla luce dei fari in condizioni particolarmente difficili a causa della continua pioggia, a volte scrosciante, caduta ininterrottamente durante tutta l'operazione di soccorso, fu possibile il salvataggio di una bambina, la piccola Angela Di Leo, rimasta per circa sei ore completamente sepolta. E che fu la destinataria di una commovente gara di solidarietà attraverso tutta Italia, con una storia conclusasi a lieto fine.
Il sindaco socialista Giovanni Paparella fu indicato da tutti come presidente del comitato di solidarietà cittadina che raccolse le forze politiche nessuna esclusa alla ricerca di fondi per le vittime del crollo. Scrisse nel manifesto di lutto cittadino: «In una paurosa, apocalittica scena di terrore, diciassette persone – forti lavoratori, giovani madri e tenere creature – sorprese nel sonno, passavano improvvisamente all'abbraccio della morte, mentre numerosi altri feriti, dei quali alcuni gravissimi, erano ricoverati presso il nostro Ospedale Civile. Barletta, percossa da così tremenda jattura, dolorosamente ferita nelle fibre profonde del suo cuore materno, ha appreso con doloroso stupore il grave luttuoso disastro che l'ha orbata di tanti figli diletti, a lei maggiormente vicini perché appartenenti a famiglie di umili lavoratori della terra faticosa, predominante categoria della compagine sociale cittadina, fulcro basilare della sua economia e delle sue fortune».
I funerali furono celebrati mercoledì 10 dicembre: dopo il giro della città dall'ospedale, il corteo si concluse nella piazza antistante il Monte di Pietà per la benedizione delle salme impartita dall'arcivescovo mons. Reginaldo Addazi: venne data lettura del messaggio pervenuto dal Quirinale tramite la Prefettura di Bari in cui il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, si univa al dolore di Barletta per il tragico crollo.
Per dovere istituzionale e quale massima carica cittadina, il sindaco Paparella (a capo di una giunta social-comunista insieme, fra gli altri, al socialista Romanelli ed al giovanissimo Mimì Borraccino) telegrafò dopo qualche ora a Roma la notizia del crollo di via Magenta ai tre parlamentari barlettani in carica, i deputati Vito Monterisi (Dc) e Francesco Capacchione (Psi), oltre al senatore democristiano ammiraglio Ferdinando Casardi. In quel tempo di povertà diffusa e di grave malessere dove la crisi degli alloggi era una potentissima "mina" sociale sempre pronta ad esplodere, il caso di Barletta ebbe risonanza nazionale nell'aspro dibattito politico nell'aula di Montecitorio fra il VII governo De Gasperi (con Scelba ministro dell'interno) e le opposizioni di sinistra, dove a firmare una raffica di interrogazioni furono i comunisti Peppino Di Vittorio, il barese Mario Assennato, l'ex partigiano toscano Remo Scappini e Antonio Di Donato più il socialista Capacchione.
L'imperversare del maltempo (al nord l'alluvione del Polesine) aveva innescato uno stato di pericolo pubblico: fra le violente piogge e gli allagamenti, il potenziale allarme sul crollo di altre abitazioni decretò un'ondata di panico, con l'allerta di verifiche e sopralluoghi a tappeto. Il malcontento degli strati sociali più poveri della cittadinanza barlettana, come in buona parte delle altre città vicine come Andria, era la tigre cavalcata dai partiti della sinistra. Non di casa si parlava ma addirittura di miserabili tuguri dove abitava la povera gente. "Gli abitanti dei tuguri e delle grotte rivendicano il diritto ad una casa sana ed igienica. Contro il tugurio sosteniamo il progetto di legge presentato dall'opposizione al Parlamento" fu infatti il tema dell'affollatissimo comizio popolare indetto nel cinema Dilillo davanti a centinaia di braccianti solo qualche settimana dopo il crollo di via Magenta.
IL RICORDO
Lunedì 7 maggio 2018, in occasione delle celebrazioni del mese mariano della comunità parrocchiale di Sant'Agostino, fu celebrata la Santa Messa in via Magenta al termine della quale si tenne la commemorazione delle Vittime del crollo con lo scoprimento e la benedizione della lapide sulla quale sono riportati i nomi e l'età di tutte le vittime, raggruppati per nuclei familiari. Non mancò, inoltre, il ricordo di Don Michele Morelli, tra i primi soccorritori di quel tragico evento che sconvolse la comunità cittadina nella notte tra il 7 e l'8 dicembre del 1952.L'iniziativa si collocò al termine di un percorso iniziato l'8 novembre precedente con un pellegrinaggio al Cimitero presso le tombe dove riposano i resti mortali delle vittime del crollo, seguito da un momento di riflessione tenutosi in parrocchia il 1° dicembre e curato da chi scrive, direttore responsabile della testata telematica "La Gazzetta dell'Archeologia on line", e dal cav. Michele Grimaldi, responsabile dell'Archivio di Stato di Bari - Sezione di Barletta. "La celebrazione di questo evento commemorativo - spiegò Don Gennaro Dicorato, Parroco di S. Agostino - voluto dalla comunità parrocchiale con la realizzazione della lapide, è la semplice manifestazione del desiderio di mantenere viva la memoria di quanto accaduto per fare tesoro degli insegnamenti della storia, di questa maestra saggia e scomoda dalla quale tutti abbiamo sempre qualcosa da imparare". Fu dunque scoperta la lapide in ricordo delle diciassette vittime del crollo di Via Magenta, la prima storica tragedia da malaedilizia che ha segnato la vita di Barletta nel secondo Novecento. Commovente la testimonianza resa da Angela Dileo, l'unica scampata alla totale distruzione della sua famiglia: aveva cinque anni ed ha ricordato quegli attimi terribili a conclusione della messa celebrata da don Gennaro Dicorato alla presenza dei numerosi fedeli e degli abitanti del quartiere San Samuele.
Ancora oggi, settant'anni dopo, il crollo di via Magenta, è da ricordare storicamente come il primo a catapultare Barletta nella grande cronaca italiana e ad associare da allora il nome della città alla "mala edilizia" su scala nazionale per bilancio delle vittime e gravità degli episodi. Il 16 settembre 1959 sarebbe toccato alla più grande tragedia di via Canosa: 58 morti e dodici feriti. Il 3 ottobre 2011 alle cinque giovani donne decedute in via Roma».