Cara Barletta ti scrivo
Quartiere Settefrati di Barletta, «Troppa gente in giro»: lettera del cittadino
«Terminato questo periodo di quarantena, non vedo l'ora di tornare a perdermi tra i vicoli di Barletta»
domenica 5 aprile 2020
11.44
Cara Barletta,
Chi ti scrive è un tuo cittadino, un ragazzo che ha deciso di andare a studiare a Milano, città che lo ha accolto con un grande abbraccio e che gli ha dato la possibilità di trovare subito un lavoro. Ho deciso di tornare a Barletta prima del grande blocco e dei tanti divieti imposti dai vari decreti perché la solitudine un po' mi spaventa. Rispettando le regole, quali avvisare il medico di base e chiamare il numero regionale per l'emergenza Covid19, ho iniziato il periodo di quarantena, come tutti. Oddio, non proprio tutti.
Abito nel quartiere Settefrati, dove (mia madre compresa) si ha l'abitudine di uscire giornalmente per la spesa: il fruttivendolo, il panificio, il pescivendolo. Ma adesso tutto dovrebbe essere diverso. Le norme vigenti hanno imposto seri divieti che però non tutti rispettano. Dopo le prime settimane di impegno, perché sì, durante le prime settimane ho notato un impegno nel rispettare le distanze, ho visto ieri mattina un quartiere tornato a condurre una vita normale: signori agli angoli delle vie senza mascherine a disquisire su vari temi, tanti adolescenti appoggiati alle macchine mentre sorridono e scherzano, perfino una coppietta che si sbaciucchia, e si sa, per sbaciucchiarsi le mascherine sono d'intralcio. Signore a braccetto e lunghe file di persone fuori dai locali commerciali: non sono geometra ma credo che la distanza fra di essi fosse meno di 1 metro.
Come mi sento? Rammaricato e deluso perché io e la mia famiglia abbiamo un forte senso civico, i miei amici, con i quali mi confronto (in videochiamata) hanno rispetto del momento che tutta la comunità italiana sta vivendo. Cosa chiedo? Che tutti facciano quei piccoli grandi gesti affinché possiamo tornare presto alle nostre abitudini: per stare a braccetto, mano nella mano con la persona amata, seduti al bar vista mare.
Cara Barletta, mi manchi tanto e la prima cosa che farò alla fine di questo periodo, ahimè tragico, sarà perdermi tra i tuoi vicoli.
Gioacchino Diviccaro, un tuo abitante
Chi ti scrive è un tuo cittadino, un ragazzo che ha deciso di andare a studiare a Milano, città che lo ha accolto con un grande abbraccio e che gli ha dato la possibilità di trovare subito un lavoro. Ho deciso di tornare a Barletta prima del grande blocco e dei tanti divieti imposti dai vari decreti perché la solitudine un po' mi spaventa. Rispettando le regole, quali avvisare il medico di base e chiamare il numero regionale per l'emergenza Covid19, ho iniziato il periodo di quarantena, come tutti. Oddio, non proprio tutti.
Abito nel quartiere Settefrati, dove (mia madre compresa) si ha l'abitudine di uscire giornalmente per la spesa: il fruttivendolo, il panificio, il pescivendolo. Ma adesso tutto dovrebbe essere diverso. Le norme vigenti hanno imposto seri divieti che però non tutti rispettano. Dopo le prime settimane di impegno, perché sì, durante le prime settimane ho notato un impegno nel rispettare le distanze, ho visto ieri mattina un quartiere tornato a condurre una vita normale: signori agli angoli delle vie senza mascherine a disquisire su vari temi, tanti adolescenti appoggiati alle macchine mentre sorridono e scherzano, perfino una coppietta che si sbaciucchia, e si sa, per sbaciucchiarsi le mascherine sono d'intralcio. Signore a braccetto e lunghe file di persone fuori dai locali commerciali: non sono geometra ma credo che la distanza fra di essi fosse meno di 1 metro.
Come mi sento? Rammaricato e deluso perché io e la mia famiglia abbiamo un forte senso civico, i miei amici, con i quali mi confronto (in videochiamata) hanno rispetto del momento che tutta la comunità italiana sta vivendo. Cosa chiedo? Che tutti facciano quei piccoli grandi gesti affinché possiamo tornare presto alle nostre abitudini: per stare a braccetto, mano nella mano con la persona amata, seduti al bar vista mare.
Cara Barletta, mi manchi tanto e la prima cosa che farò alla fine di questo periodo, ahimè tragico, sarà perdermi tra i tuoi vicoli.
Gioacchino Diviccaro, un tuo abitante