Cara Barletta ti scrivo
Lettera aperta dopo la morte di Claudio Lasala, «mi sono rivisto in lui»
Continuano le riflessioni dei cittadini
sabato 6 novembre 2021
12.26
«La premessa è d'obbligo: io non conoscevo il povero ragazzo barbaramente ucciso. Voglio pensare che di Claudio Lasala, bravo ragazzo, che dalla sua aveva sete di spensieratezza e di voglia di vivere, ce ne siano in maggioranza, in contrapposizione di soggetti che non hanno il senso del dovere e della civiltà.
Non si può morire a soli 24 anni per una vicenda banale, che sa tanto di quel disagio sociale che purtroppo viene evidenziato quando si deve tirare avanti la serata, dove il minimo appiglio è risolutore per far finire tutto in rissa.
Noi figli di Barletta, possiamo essere i tanti Claudio Lasala che interpretano la vita nel giusto verso, rispettandone il vero valore; ma queste notizie sono così ferali che colpiscono nel profondo chi purtroppo non vive il quotidiano nella città natale.
Anche io ipoteticamente potevo essere un Claudio Lasala, se non fosse che all'età di venticinque anni mi sono arruolato nelle forze dell'ordine, piangendo il distacco dalla mia città d'origine.
Mi scuso per il paragone, ma mi sono rivisto in lui, come tanti che come me hanno fatto lo stesso percorso, leggendo quello avrebbe fatto il povero Claudio, era felice dell'imminente arruolamento, cercando con la sua sete di giustizia di contribuire a rafforzare la legalità in ogni sua forma.
Certo il paragone succitato parrebbe improponibile per i tempi che sono totalmente diversi, noi in gioventù (mi riferisco agli anni 80/90) pur non avendo tanti soldi in tasca, si passavano le serate in allegria con poco e senza tanti grilli per la testa. Oggi purtroppo lo status quo è nettamente diverso, si è di sovente contrastati da bulli che si credono onnipotenti, figli di quelle fiction che plasmano i soggetti più fragili e disagiati socialmente. Purtroppo il povero Claudio ha perso la propria vita incontrando sul suo cammino questo tipo di persone.
Mi piange il cuore pensando al dolore immenso dei genitori, che hanno perso un proprio figlio per una banalità che ha scaturito una ferocia assurda: non si può e non si deve morire così. Anche se non li conosco personalmente, partecipo commosso a questa infinita tristezza per una ferita che non si potrà rimarginare!
La cittadinanza in ogni forma istituzionale deve, con forza, impegnarsi nel sovvertire con ogni mezzo, questa annosa problematica rappresentata da persone che vivono al di sopra della legge, con forza bisogna reagire per fare in modo che il sacrificio del povero Claudio non sia stato vano, mi auguro anzi che sia di monito per tutta la gioventù barlettana e non solo, perché a chi ha vent'anni o poco più non deve essere preclusa quella gioia che solo il valore altissimo di vivere la vita nella sua massima esposizione, può dare!
Barletta ha perduto un suo figlio che sicuramente si sarebbe fatto onore nel suo ambito lavorativo, ma tutti i barlettani hanno perso un amico, un fratello a cui rendere quell'onore tributato a chi ci ha lasciato senza colpa!
Ciao Claudio che la terra ti sia lieve».
Antonio Dibenedetto
Non si può morire a soli 24 anni per una vicenda banale, che sa tanto di quel disagio sociale che purtroppo viene evidenziato quando si deve tirare avanti la serata, dove il minimo appiglio è risolutore per far finire tutto in rissa.
Noi figli di Barletta, possiamo essere i tanti Claudio Lasala che interpretano la vita nel giusto verso, rispettandone il vero valore; ma queste notizie sono così ferali che colpiscono nel profondo chi purtroppo non vive il quotidiano nella città natale.
Anche io ipoteticamente potevo essere un Claudio Lasala, se non fosse che all'età di venticinque anni mi sono arruolato nelle forze dell'ordine, piangendo il distacco dalla mia città d'origine.
Mi scuso per il paragone, ma mi sono rivisto in lui, come tanti che come me hanno fatto lo stesso percorso, leggendo quello avrebbe fatto il povero Claudio, era felice dell'imminente arruolamento, cercando con la sua sete di giustizia di contribuire a rafforzare la legalità in ogni sua forma.
Certo il paragone succitato parrebbe improponibile per i tempi che sono totalmente diversi, noi in gioventù (mi riferisco agli anni 80/90) pur non avendo tanti soldi in tasca, si passavano le serate in allegria con poco e senza tanti grilli per la testa. Oggi purtroppo lo status quo è nettamente diverso, si è di sovente contrastati da bulli che si credono onnipotenti, figli di quelle fiction che plasmano i soggetti più fragili e disagiati socialmente. Purtroppo il povero Claudio ha perso la propria vita incontrando sul suo cammino questo tipo di persone.
Mi piange il cuore pensando al dolore immenso dei genitori, che hanno perso un proprio figlio per una banalità che ha scaturito una ferocia assurda: non si può e non si deve morire così. Anche se non li conosco personalmente, partecipo commosso a questa infinita tristezza per una ferita che non si potrà rimarginare!
La cittadinanza in ogni forma istituzionale deve, con forza, impegnarsi nel sovvertire con ogni mezzo, questa annosa problematica rappresentata da persone che vivono al di sopra della legge, con forza bisogna reagire per fare in modo che il sacrificio del povero Claudio non sia stato vano, mi auguro anzi che sia di monito per tutta la gioventù barlettana e non solo, perché a chi ha vent'anni o poco più non deve essere preclusa quella gioia che solo il valore altissimo di vivere la vita nella sua massima esposizione, può dare!
Barletta ha perduto un suo figlio che sicuramente si sarebbe fatto onore nel suo ambito lavorativo, ma tutti i barlettani hanno perso un amico, un fratello a cui rendere quell'onore tributato a chi ci ha lasciato senza colpa!
Ciao Claudio che la terra ti sia lieve».
Antonio Dibenedetto