Politica
Una provincia in stato confusionale
L’invito “fantasma” di Ventola dal consiglio provinciale di Monza. Che fine ha fatto il piano di comunicazione?
BAT - domenica 2 dicembre 2012
La confusione nella Bat regna sovrana. A darne l'idea, sono stati, in questi giorni, le voci attorno alla possibile partecipazione del presidente Ventola, alla seduta di ieri del consiglio della provincia di Monza e Brianza, che si è riunita simbolicamente nel cantiere della nuova sede, per ribadire il suo no all'abolizione di se stessa. Mercoledì scorso, il presidente del consiglio della Bat, Vincenzo Valente, ci dava conferma telefonicamente, dell'invito in questione ricevuto da Ventola, non sapendo però dirci nulla in merito alla partecipazione o meno del presidente. Valente precisava che l'avrebbe poi sentito al suo ritorno da Roma, dove giovedì Ventola è stato per l'assemblea Upi. Venerdì, alla vigilia di questa ipotetica partenza, abbiamo contattato telefonicamente l'ufficio stampa di Ventola, ma abbiamo ricevuto una risposta ed una versione incredibilmente opposta: il presidente Ventola comunicava di non aver ricevuto alcun invito in questione. Se due massimi rappresentanti istituzionali dello stesso ente danno informazioni opposte tra loro, ed un semplice invito diventa un fantasma visto da alcuni e sfuggito ad altri, allora vuol dire che lo stato confusionale in provincia è davvero in fase avanzata.
Ventola non voleva ritrovarsi tra cravatte e fazzoletti verde Lega? Ma non si ricorda che la Bat esiste proprio grazie alla Lega Nord, che pretese dal governo Berlusconi la provincia di Monza? E che la sesta provincia pugliese ha visto la luce, salendo su quel carro, anzi sul quel "carroccio"? Cosa intenderà fare adesso Ventola? Vista la confusione che gira nella Bat, servirebbe un piano di comunicazione interno. Anzi, un piano già c'è. Come farà fruttare Ventola quel bel piano di comunicazione, previsto sì dalla legge, ma affidato ad Agosto all'agenzia Wake Up, la stessa che ha curato la sua campagna elettorale del 2009, e che ci costa 193.600 euro? Avevamo ipotizzato stampe di necrologi, e attività affini. E' arrivato il momento di spiegare ai cittadini come si stanno utilizzando e si utilizzeranno questi soldi pubblici, e quale sia l'utilità oggi di comunicare. E di comunicare cosa?
La confusione regna però sovrana anche in Parlamento. A darne l'idea, sono le date di scadenza fissate per la presentazione degli emendamenti al testo, che deve convertire in legge il decreto di riordino delle province. Domani, 3 Dicembre, è il termine ultimo per quelli in commissione Affari Costituzionali al Senato. Incredibilmente, invece, il termine per gli emendamenti da presentare in aula, è scaduto venerdì scorso, 30 Novembre. Una decisione contro ogni logica, che dovrebbe, come ovvio, vedere la discussione di un disegno di legge passare prima nelle commissioni, per poi approdare in aula. Tra gli emendamenti proposti, quelli della senatrice brianzola dell'Api, Emanuela Baio Dossi, vogliono eliminare dal testo l'applicazione di entrambi i requisiti minimi stabiliti (350.000 abitanti e 2.500 km²), e rendere sufficiente almeno uno dei due. L'obiettivo della senatrice è ovviamente salvare la sua provincia di Monza e Brianza, una delle province più giuste da sopprimere, poiché è in piena conurbazione con Milano. Ma, con questi emendamenti, che di fatto sgonfiano il già timido tentativo di riforma messo in piedi dal governo, sarebbe salva anche la Bat.
Sono solo tentativi a ribasso per salvare il salvabile, possibilmente il proprio orticello provinciale. Tutto ciò potrebbe poi anche non servire: incombe sullo sfondo di questo marasma, la scadenza dei sessanta giorni per la conversione in legge del decreto. Tanto rumore per nulla? No, tanto rumore per mantenere tutto come prima. Certamente, anche la riforma è pessima. Questo perciò significa che il prossimo governo si giocherà la sua credibilità, anche sulla capacità di costruire un serio progetto di riforma costituzionale.
Ventola non voleva ritrovarsi tra cravatte e fazzoletti verde Lega? Ma non si ricorda che la Bat esiste proprio grazie alla Lega Nord, che pretese dal governo Berlusconi la provincia di Monza? E che la sesta provincia pugliese ha visto la luce, salendo su quel carro, anzi sul quel "carroccio"? Cosa intenderà fare adesso Ventola? Vista la confusione che gira nella Bat, servirebbe un piano di comunicazione interno. Anzi, un piano già c'è. Come farà fruttare Ventola quel bel piano di comunicazione, previsto sì dalla legge, ma affidato ad Agosto all'agenzia Wake Up, la stessa che ha curato la sua campagna elettorale del 2009, e che ci costa 193.600 euro? Avevamo ipotizzato stampe di necrologi, e attività affini. E' arrivato il momento di spiegare ai cittadini come si stanno utilizzando e si utilizzeranno questi soldi pubblici, e quale sia l'utilità oggi di comunicare. E di comunicare cosa?
La confusione regna però sovrana anche in Parlamento. A darne l'idea, sono le date di scadenza fissate per la presentazione degli emendamenti al testo, che deve convertire in legge il decreto di riordino delle province. Domani, 3 Dicembre, è il termine ultimo per quelli in commissione Affari Costituzionali al Senato. Incredibilmente, invece, il termine per gli emendamenti da presentare in aula, è scaduto venerdì scorso, 30 Novembre. Una decisione contro ogni logica, che dovrebbe, come ovvio, vedere la discussione di un disegno di legge passare prima nelle commissioni, per poi approdare in aula. Tra gli emendamenti proposti, quelli della senatrice brianzola dell'Api, Emanuela Baio Dossi, vogliono eliminare dal testo l'applicazione di entrambi i requisiti minimi stabiliti (350.000 abitanti e 2.500 km²), e rendere sufficiente almeno uno dei due. L'obiettivo della senatrice è ovviamente salvare la sua provincia di Monza e Brianza, una delle province più giuste da sopprimere, poiché è in piena conurbazione con Milano. Ma, con questi emendamenti, che di fatto sgonfiano il già timido tentativo di riforma messo in piedi dal governo, sarebbe salva anche la Bat.
Sono solo tentativi a ribasso per salvare il salvabile, possibilmente il proprio orticello provinciale. Tutto ciò potrebbe poi anche non servire: incombe sullo sfondo di questo marasma, la scadenza dei sessanta giorni per la conversione in legge del decreto. Tanto rumore per nulla? No, tanto rumore per mantenere tutto come prima. Certamente, anche la riforma è pessima. Questo perciò significa che il prossimo governo si giocherà la sua credibilità, anche sulla capacità di costruire un serio progetto di riforma costituzionale.