Cronaca
Tre rapine a mano armata in una farmacia di Barletta: «Solo lacrime e senso di impotenza»
La lettera della farmacista e figlia della titolare: «Mia madre minacciata con un coltello. Ci sentiamo abbandonati»
Barletta - venerdì 9 settembre 2022
13.37
«Lavorare per vivere o morire per lavorare?». Il racconto di quanto accaduto nella farmacia di proprietà di sua madre, Sara lo affida a una lettera piena di frustrazione e sconforto indirizzata ai rappresentanti istituzionali del territorio e non solo. Ha scritto al sindaco, al prefetto, al questore, rivolgendosi anche al ministro Lamorgese e al governatore Emiliano, per poi pubblicare il testo sui social, sperando di smuovere le coscienze dei suoi concittadini.
Ben tre rapine a mano armata si sono verificate nella stessa farmacia alla periferia di Barletta: non solo un danno economico ma anche mentale, che ha condotto Sara, giovane farmacista barlettana di 28 anni e dipendente nell'attività della madre, a rivolgersi alle istituzioni alla ricerca di risposte e soluzioni.
«Scrivo, in preda allo sconforto, alla desolazione e al senso di frustrazione più totale e cerco, in voi autorità e garanti dello Stato delle risposte che io, al momento, non riesco proprio a trovare», questo l'incipit della sua lettera.
Il primo episodio risale al 22 giugno scorso, a cui è seguito il medesimo scenario il 28 luglio e infine ieri, 8 settembre: «Nella nostra farmacia si è ripetuta per tre volte la stessa straziante situazione: un uomo armato, a volto coperto, violando la porta di quella che è una seconda casa per noi, ha portato via tutto il sacrificio del nostro lavoro che ogni giorno, con passione e dedizione, portiamo a termine».
«Nonostante per tutte e tre le volte non ci siano stati feriti, le pugnalate, quelle forse più dolorose, quelle nell'anima, le abbiamo ricevute noi - prosegue la giovane farmacista - Non saprei descrivervi bene cosa si prova a subire una rapina a mano armata; mi auguro solo che voi non siate mai stati vittime di tanta violenza. Un turbinio di emozioni e istinti confondono la tua mente, il tempo scorre lento, lentissimo, due o tre minuti sembrano un'eternità e ogni gesto, ogni parola, rimane un trauma scalfito nella tua memoria, per molto, moltissimo tempo... Forse per sempre. Quando tutto finisce, rimangono solo il disordine, le lacrime, la frustrazione, e un senso di impotenza tale da non riuscire a proferire parola.
Ora chiedo a voi: come non sentirsi abbandonata dallo Stato? Come sentirsi tutelati dalle istituzioni se per tre volte lo stesso individuo viene a rapinarvi mentre state svolgendo onestamente il vostro lavoro?».
Il tema della sicurezza torna prepotente a Barletta, e il racconto della giovane farmacista mostra tutto lo sconforto di tanti commercianti ed esercenti. Solo martedì scorso si è verificato un tentato furto in un negozio nel centralissimo Corso Garibaldi: anche il giovane titolare di quell'attività ha espresso le medesime sensazioni.
Nella chiusura della sua lettera, Sara scrive con amarezza: «Come vi sentireste voi, a vedere una mamma in lacrime e inerme, con un coltello puntato in petto? E delle colleghe terrorizzate a varcare la soglia dell'azienda in cui lavorano? Come finirebbe se, a causa di una reazione sbagliata, qualcuno finisse per pagarne conseguenze peggiori? Vi scrivo fiduciosa, da donna che crede nelle istituzioni (nonostante non sia ormai cosa facile per me) nella speranza che qualcuno di voi riesca a darmi delle risposte a queste domande e, se non a queste, almeno a questa: lavorare per vivere o morire per lavorare? Quando la prossima?».
Ben tre rapine a mano armata si sono verificate nella stessa farmacia alla periferia di Barletta: non solo un danno economico ma anche mentale, che ha condotto Sara, giovane farmacista barlettana di 28 anni e dipendente nell'attività della madre, a rivolgersi alle istituzioni alla ricerca di risposte e soluzioni.
«Scrivo, in preda allo sconforto, alla desolazione e al senso di frustrazione più totale e cerco, in voi autorità e garanti dello Stato delle risposte che io, al momento, non riesco proprio a trovare», questo l'incipit della sua lettera.
Il primo episodio risale al 22 giugno scorso, a cui è seguito il medesimo scenario il 28 luglio e infine ieri, 8 settembre: «Nella nostra farmacia si è ripetuta per tre volte la stessa straziante situazione: un uomo armato, a volto coperto, violando la porta di quella che è una seconda casa per noi, ha portato via tutto il sacrificio del nostro lavoro che ogni giorno, con passione e dedizione, portiamo a termine».
«Nonostante per tutte e tre le volte non ci siano stati feriti, le pugnalate, quelle forse più dolorose, quelle nell'anima, le abbiamo ricevute noi - prosegue la giovane farmacista - Non saprei descrivervi bene cosa si prova a subire una rapina a mano armata; mi auguro solo che voi non siate mai stati vittime di tanta violenza. Un turbinio di emozioni e istinti confondono la tua mente, il tempo scorre lento, lentissimo, due o tre minuti sembrano un'eternità e ogni gesto, ogni parola, rimane un trauma scalfito nella tua memoria, per molto, moltissimo tempo... Forse per sempre. Quando tutto finisce, rimangono solo il disordine, le lacrime, la frustrazione, e un senso di impotenza tale da non riuscire a proferire parola.
Ora chiedo a voi: come non sentirsi abbandonata dallo Stato? Come sentirsi tutelati dalle istituzioni se per tre volte lo stesso individuo viene a rapinarvi mentre state svolgendo onestamente il vostro lavoro?».
Il tema della sicurezza torna prepotente a Barletta, e il racconto della giovane farmacista mostra tutto lo sconforto di tanti commercianti ed esercenti. Solo martedì scorso si è verificato un tentato furto in un negozio nel centralissimo Corso Garibaldi: anche il giovane titolare di quell'attività ha espresso le medesime sensazioni.
Nella chiusura della sua lettera, Sara scrive con amarezza: «Come vi sentireste voi, a vedere una mamma in lacrime e inerme, con un coltello puntato in petto? E delle colleghe terrorizzate a varcare la soglia dell'azienda in cui lavorano? Come finirebbe se, a causa di una reazione sbagliata, qualcuno finisse per pagarne conseguenze peggiori? Vi scrivo fiduciosa, da donna che crede nelle istituzioni (nonostante non sia ormai cosa facile per me) nella speranza che qualcuno di voi riesca a darmi delle risposte a queste domande e, se non a queste, almeno a questa: lavorare per vivere o morire per lavorare? Quando la prossima?».