Associazioni
Sesta provincia, «uno statuto da rifare!»
«Senza un accordo condiviso non ha alcun senso la provincia policentrica». Intervento di Francesco Paolo Vischi, componente del Mida
BAT - martedì 16 novembre 2010
«L'Amministrazione comunale di Barletta, rappresentata dal Sindaco Maffei, ha depositato dinanzi al TAR Puglia l'impugnazione contro lo Statuto della Provincia BT in data 10 novembre 2010. Si costituirà in giudizio il Comitato di Lotta Barletta Provincia "ad adiuvandum"». Apre così il proprio intervento dal toni polemici il comitato di lotta "Barletta Provincia" Francesco Paolo Vischi.
«Era ampiamente prevedibile che l'approvazione dello Statuto provinciale a maggioranza assoluta, cioè senza i 2/3 dei consiglieri assegnati, ed in totale assenza di regole condivise, avrebbe suscitato malumori nell'opinione pubblica e manifestazioni di protesta, nonché, dal punto di vista istituzionale, contenziosi dinanzi alla giustizia amministrativa.
Ad una lettura neppure troppo scrupolosa dello Statuto provinciale, si riscontrano lapalissiani vizi di illegittimità e incostituzionalità degli artt. 1 e 2, da cui risulterebbe una vera e propria illegittima quanto infondata "spartizione politica" degli Uffici Periferici dello Stato e degli Uffici e degli Enti Provinciali.
Peraltro, la dislocazione degli uffici periferici dello Stato non è affatto materia di competenza dello Statuto, bensì di esclusiva competenza del Governo Nazionale, in quanto l'art. 4 della legge istitutiva della sesta provincia pugliese (L. 148/2004) attribuisce al "...Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro dell'interno … l'istituzione nella provincia di Barletta – Andria – Trani degli Uffici periferici dello Stato entro i limiti delle risorse rese disponibili dalla legge e tenendo conto, nella loro dislocazione, delle vocazioni territoriali".
A tal proposito, non si comprende la ragione per cui lo Statuto attribuisce alla città di Andria il polo della sicurezza e della legalità contravvenendo, di fatto, a quanto già stabilito dal DPCM del 16 novembre 2007 che ha, invece, previsto lo smembramento del suddetto polo ripartendolo fra le città co-capoluogo, nel rispetto delle vocazioni territoriali sancite dalla legge istitutiva, ovvero: Prefettura – UTG e Comando Provinciale della Guardia di Finanza a Barletta, Questura ad Andria, Comando Provinciale dell'Arma dei Carabinieri a Trani.
Non si capisce, altresì, a che titolo si afferma che la città di Trani è destinataria del polo finanziario nonostante il Ministero delle Finanze avesse già elevato da tempo l'Agenzia delle Entrate di Barletta a sede provinciale.
Pertanto, è di tutta evidenza che lo Statuto approvato presenta violazioni della legge 148/2004 sotto il profilo della "mancata e/o falsa applicazione della legge", avendo l'Assise provinciale deciso per l'ubicazione delle sedi al fine di ottenere una comoda utilità politica, ingenerando, così, forti e pericolosi contrasti, nonché infondate aspettative, tra le popolazioni delle tre città capoluogo e delle rimanenti città, vistesi inutili destinatarie di uffici periferici.
Purtroppo oggi è diventato ancora più difficile dirimere le controversie createsi, perché sono stati commessi degli errori che hanno indubbiamente favorito il riprendere di un esagerato campanilismo, sostenuto soprattutto da alcuni comitati cittadini andriesi ai quali, ad un certo punto, è stato lasciato il compito persino di fissare l'agenda politica dei lavori, altro grave errore, perché l'istituzione deve sì ascoltare, ma non può esimersi dal suo compito di scelta e di assunzione di responsabilità scevro da condizionamenti e intimidazioni di ogni genere.
Per la cronaca, il clima intimidatorio fomentato appositamente da frange appartenenti a sedicenti comitati per incutere timore ed esercitare forti pressioni nei confronti dei consiglieri provinciali è stato inaccettabile, e si è protratto fino all'approvazione dello Statuto sancita lo scorso 21 maggio 2010.
E così si è alterato quel faticoso equilibrio che pure aveva una leadership condivisa, nel rispetto delle vocazioni territoriali di ciascun capoluogo, e che doveva sfociare in una gioiosa armonia delle dieci comunità del nuovo Ente. La provincia non è stata istituita per accaparrarsi Sedi Legali, Prefetture, Questure, Asl, Camere di Commercio e quant'altro, o per conferire incarichi politici ad altri consiglieri, assessori ecc… o peggio ancora per tentare speculazioni edilizie con la realizzazione di avveniristiche cittadelle; ma per la necessità di accogliere le istanze dei comuni interessati ad autodeterminarsi, in modo da rendere più rispondenti ai bisogni dei cittadini le politiche di sviluppo economico – sociale. Tra l'altro, questa è un'area sistema del tutto peculiare, con un territorio vasto e densamente popolato, caratterizzata da un elevato indice di complementarità economica e da solidi legami sociali e culturali.
Pertanto, non si può andare avanti con gli scontri, i veti incrociati, le congiure, le lotte dei lunghi coltelli ecc … che hanno portato a scelte fatte nelle segrete stanze che si sono rivelate nefande (come lo Statuto provinciale), ma và ritrovato quello spirito unitario, quel progetto di identità comune, presupposto indispensabile per la coesione e la crescita del territorio tutto».
Francesco Paolo Vischi
«Era ampiamente prevedibile che l'approvazione dello Statuto provinciale a maggioranza assoluta, cioè senza i 2/3 dei consiglieri assegnati, ed in totale assenza di regole condivise, avrebbe suscitato malumori nell'opinione pubblica e manifestazioni di protesta, nonché, dal punto di vista istituzionale, contenziosi dinanzi alla giustizia amministrativa.
Ad una lettura neppure troppo scrupolosa dello Statuto provinciale, si riscontrano lapalissiani vizi di illegittimità e incostituzionalità degli artt. 1 e 2, da cui risulterebbe una vera e propria illegittima quanto infondata "spartizione politica" degli Uffici Periferici dello Stato e degli Uffici e degli Enti Provinciali.
Peraltro, la dislocazione degli uffici periferici dello Stato non è affatto materia di competenza dello Statuto, bensì di esclusiva competenza del Governo Nazionale, in quanto l'art. 4 della legge istitutiva della sesta provincia pugliese (L. 148/2004) attribuisce al "...Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro dell'interno … l'istituzione nella provincia di Barletta – Andria – Trani degli Uffici periferici dello Stato entro i limiti delle risorse rese disponibili dalla legge e tenendo conto, nella loro dislocazione, delle vocazioni territoriali".
A tal proposito, non si comprende la ragione per cui lo Statuto attribuisce alla città di Andria il polo della sicurezza e della legalità contravvenendo, di fatto, a quanto già stabilito dal DPCM del 16 novembre 2007 che ha, invece, previsto lo smembramento del suddetto polo ripartendolo fra le città co-capoluogo, nel rispetto delle vocazioni territoriali sancite dalla legge istitutiva, ovvero: Prefettura – UTG e Comando Provinciale della Guardia di Finanza a Barletta, Questura ad Andria, Comando Provinciale dell'Arma dei Carabinieri a Trani.
Non si capisce, altresì, a che titolo si afferma che la città di Trani è destinataria del polo finanziario nonostante il Ministero delle Finanze avesse già elevato da tempo l'Agenzia delle Entrate di Barletta a sede provinciale.
Pertanto, è di tutta evidenza che lo Statuto approvato presenta violazioni della legge 148/2004 sotto il profilo della "mancata e/o falsa applicazione della legge", avendo l'Assise provinciale deciso per l'ubicazione delle sedi al fine di ottenere una comoda utilità politica, ingenerando, così, forti e pericolosi contrasti, nonché infondate aspettative, tra le popolazioni delle tre città capoluogo e delle rimanenti città, vistesi inutili destinatarie di uffici periferici.
Purtroppo oggi è diventato ancora più difficile dirimere le controversie createsi, perché sono stati commessi degli errori che hanno indubbiamente favorito il riprendere di un esagerato campanilismo, sostenuto soprattutto da alcuni comitati cittadini andriesi ai quali, ad un certo punto, è stato lasciato il compito persino di fissare l'agenda politica dei lavori, altro grave errore, perché l'istituzione deve sì ascoltare, ma non può esimersi dal suo compito di scelta e di assunzione di responsabilità scevro da condizionamenti e intimidazioni di ogni genere.
Per la cronaca, il clima intimidatorio fomentato appositamente da frange appartenenti a sedicenti comitati per incutere timore ed esercitare forti pressioni nei confronti dei consiglieri provinciali è stato inaccettabile, e si è protratto fino all'approvazione dello Statuto sancita lo scorso 21 maggio 2010.
E così si è alterato quel faticoso equilibrio che pure aveva una leadership condivisa, nel rispetto delle vocazioni territoriali di ciascun capoluogo, e che doveva sfociare in una gioiosa armonia delle dieci comunità del nuovo Ente. La provincia non è stata istituita per accaparrarsi Sedi Legali, Prefetture, Questure, Asl, Camere di Commercio e quant'altro, o per conferire incarichi politici ad altri consiglieri, assessori ecc… o peggio ancora per tentare speculazioni edilizie con la realizzazione di avveniristiche cittadelle; ma per la necessità di accogliere le istanze dei comuni interessati ad autodeterminarsi, in modo da rendere più rispondenti ai bisogni dei cittadini le politiche di sviluppo economico – sociale. Tra l'altro, questa è un'area sistema del tutto peculiare, con un territorio vasto e densamente popolato, caratterizzata da un elevato indice di complementarità economica e da solidi legami sociali e culturali.
Pertanto, non si può andare avanti con gli scontri, i veti incrociati, le congiure, le lotte dei lunghi coltelli ecc … che hanno portato a scelte fatte nelle segrete stanze che si sono rivelate nefande (come lo Statuto provinciale), ma và ritrovato quello spirito unitario, quel progetto di identità comune, presupposto indispensabile per la coesione e la crescita del territorio tutto».
Francesco Paolo Vischi