
La città
Perché combattere il continuo massacro delle parole
La nota di Giuseppe Lagrasta, Presidente del Comitato Dante Alighieri di Barletta
Barletta - domenica 27 aprile 2025
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del professor Giuseppe Lagrasta sul "Massacro delle parole".
Continua il massacro della parola: con indifferenza, con superficialità, con artificio, con faciloneria, senza meditazione e riflessione, con violenza, e con razionalità precisa e mirata, si continua a renderle opache, oscure, ambigue, vuote, in quanto si usano, frequentemente, in modo inappropriato, inopportuno. Riflettere sull'odierno stato intrinseco delle parole, consente di approfondire e conoscere i contesti e le azioni in cui le stesse agiscono, svuotandosi di significato, ed evidenziando i comportamenti e le scelte che offrono alle parole, la vera significanza comunicativa, evitando l'uso incosciente della parola che fa male, che ferisce, disconfermando, l'altro nella sua identità. Sarà opportuno riflettere su tale tematica, così, da condividere, conoscenze e competenze comunicative che valorizzino gli strumenti umani della comunicazione, potenziando la grammatica valoriale ed educativa e riflettendo sulle azioni, sui pensieri, sui gesti, sulle decisioni, sui sentimenti, sulle passioni ed emozioni che si comunicano e con quali modalità si entra in contatto con gli altri.
Le parole hanno una pensosità interiore, sia per il modo attraverso cui si esprimono a livello verbale, - con quale timbro, tono e ritmo di voce – sia per le modalità extraverbali con cui si veicola il non detto, oppure l'implicito, il simbolico, il metaforico, tra disagio e fragilità.
La decimazione del significato intimo delle parole, non fa altro che diminuire l'efficacia del comunicare senso e significato, rendendo il colloquio umano frantumato, ambiguo, privo di spessore umano e dialogico, spesso autoreferenziale, e che, di frequente, giustifica qualsiasi comunicazione, anche inappropriata.
Così, privando la parola di significato non si fa altro che dilaniare l'atto dialogico, rimuovendo il senso delle responsabilità verso chi ascolta e attraverso la disconferma, provocare, risentimento, rabbia e ansia, ma anche disagio nell'affrontare lo stare insieme; in tal modo, si frantuma e si priva di significato la grammatica dell'etica della responsabilità comunicativa ed educativa, distruggendo, il fragile alfabeto valoriale, intrinseco alla parola viva.
Riducendo l'intensità di senso della parola che abita tra gli esseri umani, e usando parole distrutte, perché abusate, contaminate, consunte, non si fa altro che depauperare i valori della relazione interpersonale, della convivenza umana e civile. E di questo depauperamento occorre prendere atto, occorre far confronto con le persone di tutte le età, con le vecchie e giovani generazioni, per ricordare che il continuo annientare delle parole da parte dell'umano, comporta la perdita di valore e coerenza del messaggio rispetto alla comunicazione interpersonale e sociale, in rapporto al valore che si assegna alla vita e alla significanza delle relazioni umane. Occorre ripristinare il dialogo intergenerazionale da tempo smarrito, per un confronto e un dialogo, propositivi per la crescita di una comunità responsabile capace di esperire buone pratiche per il benessere comune.
Quando una società tecnologicamente avanzata, antepone gli strumenti tecnologici alla parola e la parola si riduce al servire nell'esercizio del parlare vuoto e inutile, allora vuol dire che è stato avviato, da tempo, un percorso sistematico per distruggere l'interiorità del significato della parola, che perdendo pesatura umanante e valore esistenziale, a poco a poco, smarrisce il vero servizio umano che le compete: costruire e comunicare valori umani, civili, politici e sociali. Non sono poche le parole che stiamo disarmando; vediamo di elencarne alcune: pace, umanità, fraternità, amore, maternità, paternità, dialogo, ascolto, libertà, infanzia, armonia, educazione, prossimità, adolescenza, comunità, finitudine, resilienza, comunità, rispetto, lavoro, formazione, scuola, mediazione.
Crediamo, comunque, che si renda necessario ricercare una via d'uscita dal magma della parola priva di significato, recuperando i valori intrinseci alla parola, connessi ai linguaggi dell'arte, della musica, del teatro e del cinema, ai linguaggi religiosi e misterici; ai valori pedagogici e alla cultura, intrecciati alle geometrie e ai linguaggi filosofici, ai linguaggi della poesia, delle scienze della formazione, offrendo un valido contributo sostanziale alla rinascita e resurrezione della parola umana all'interno delle comunità. Ma crediamo ci siano, soprattutto, delle possibilità e delle opportunità: possibilità, in quanto si possono ampliare le occasioni di incontro e di dialogo sul significato della vita umana, della parola pura della poesia e dei dialoghi umani artistici e pedagogici edificanti e, in secondo luogo, si possono cogliere, insieme, le opportunità per declinare la parola attraverso i linguaggi artistici, nella prospettiva di una crescita dialogica e umana; forse, soltanto ripercorrendo gli esiti peculiari che ridiano linfa alla parola, se pur riconoscendo che si presenta in maniera magmatica, liquida, fluida e a rischio evanescenza, forse, allora, sarà possibile ricominciare, per ridonare nuova vita e nuovo vigore alla parola perduta. E forse, in modo paradossale, sarà l'intelligenza artificiale a salvare le parole dall'estinzione, e non solo, come, invece, con coscienza o incoscienza, sogliono comportarsi gli esseri umani; sarà l'AI (grande archivio della memoria del mondo umano e artificiale) il motore di salvezza per le parole anche se non potrà, almeno per ora, annullarne il suo flatus vocis?
E allora, occorre rimboccarsi le maniche, e ognuno dovrà fare la propria parte nella comunità, attraverso il ruolo e le funzioni che svolge, offrendo, in prima istanza, il supporto e il coraggio testimoniale nel recupero delle parole significate e che erano state consunte e consumate dal cattivo uso, e operando, in seconda istanza, con forza e coraggio, per la riduzione del coatto assassinio delle parole e poter ridare, così, alle parole umane, una connotazione di poesia come preghiera e di preghiera come poesia, al fine di ridare voce alla speranza, una dolce fonte di speranza per l'umanità smarrita e che persa d'animo, incontra difficoltà nel riprendere il giusto cammino della vita.
Continua il massacro della parola: con indifferenza, con superficialità, con artificio, con faciloneria, senza meditazione e riflessione, con violenza, e con razionalità precisa e mirata, si continua a renderle opache, oscure, ambigue, vuote, in quanto si usano, frequentemente, in modo inappropriato, inopportuno. Riflettere sull'odierno stato intrinseco delle parole, consente di approfondire e conoscere i contesti e le azioni in cui le stesse agiscono, svuotandosi di significato, ed evidenziando i comportamenti e le scelte che offrono alle parole, la vera significanza comunicativa, evitando l'uso incosciente della parola che fa male, che ferisce, disconfermando, l'altro nella sua identità. Sarà opportuno riflettere su tale tematica, così, da condividere, conoscenze e competenze comunicative che valorizzino gli strumenti umani della comunicazione, potenziando la grammatica valoriale ed educativa e riflettendo sulle azioni, sui pensieri, sui gesti, sulle decisioni, sui sentimenti, sulle passioni ed emozioni che si comunicano e con quali modalità si entra in contatto con gli altri.
Le parole hanno una pensosità interiore, sia per il modo attraverso cui si esprimono a livello verbale, - con quale timbro, tono e ritmo di voce – sia per le modalità extraverbali con cui si veicola il non detto, oppure l'implicito, il simbolico, il metaforico, tra disagio e fragilità.
La decimazione del significato intimo delle parole, non fa altro che diminuire l'efficacia del comunicare senso e significato, rendendo il colloquio umano frantumato, ambiguo, privo di spessore umano e dialogico, spesso autoreferenziale, e che, di frequente, giustifica qualsiasi comunicazione, anche inappropriata.
Così, privando la parola di significato non si fa altro che dilaniare l'atto dialogico, rimuovendo il senso delle responsabilità verso chi ascolta e attraverso la disconferma, provocare, risentimento, rabbia e ansia, ma anche disagio nell'affrontare lo stare insieme; in tal modo, si frantuma e si priva di significato la grammatica dell'etica della responsabilità comunicativa ed educativa, distruggendo, il fragile alfabeto valoriale, intrinseco alla parola viva.
Riducendo l'intensità di senso della parola che abita tra gli esseri umani, e usando parole distrutte, perché abusate, contaminate, consunte, non si fa altro che depauperare i valori della relazione interpersonale, della convivenza umana e civile. E di questo depauperamento occorre prendere atto, occorre far confronto con le persone di tutte le età, con le vecchie e giovani generazioni, per ricordare che il continuo annientare delle parole da parte dell'umano, comporta la perdita di valore e coerenza del messaggio rispetto alla comunicazione interpersonale e sociale, in rapporto al valore che si assegna alla vita e alla significanza delle relazioni umane. Occorre ripristinare il dialogo intergenerazionale da tempo smarrito, per un confronto e un dialogo, propositivi per la crescita di una comunità responsabile capace di esperire buone pratiche per il benessere comune.
Quando una società tecnologicamente avanzata, antepone gli strumenti tecnologici alla parola e la parola si riduce al servire nell'esercizio del parlare vuoto e inutile, allora vuol dire che è stato avviato, da tempo, un percorso sistematico per distruggere l'interiorità del significato della parola, che perdendo pesatura umanante e valore esistenziale, a poco a poco, smarrisce il vero servizio umano che le compete: costruire e comunicare valori umani, civili, politici e sociali. Non sono poche le parole che stiamo disarmando; vediamo di elencarne alcune: pace, umanità, fraternità, amore, maternità, paternità, dialogo, ascolto, libertà, infanzia, armonia, educazione, prossimità, adolescenza, comunità, finitudine, resilienza, comunità, rispetto, lavoro, formazione, scuola, mediazione.
Crediamo, comunque, che si renda necessario ricercare una via d'uscita dal magma della parola priva di significato, recuperando i valori intrinseci alla parola, connessi ai linguaggi dell'arte, della musica, del teatro e del cinema, ai linguaggi religiosi e misterici; ai valori pedagogici e alla cultura, intrecciati alle geometrie e ai linguaggi filosofici, ai linguaggi della poesia, delle scienze della formazione, offrendo un valido contributo sostanziale alla rinascita e resurrezione della parola umana all'interno delle comunità. Ma crediamo ci siano, soprattutto, delle possibilità e delle opportunità: possibilità, in quanto si possono ampliare le occasioni di incontro e di dialogo sul significato della vita umana, della parola pura della poesia e dei dialoghi umani artistici e pedagogici edificanti e, in secondo luogo, si possono cogliere, insieme, le opportunità per declinare la parola attraverso i linguaggi artistici, nella prospettiva di una crescita dialogica e umana; forse, soltanto ripercorrendo gli esiti peculiari che ridiano linfa alla parola, se pur riconoscendo che si presenta in maniera magmatica, liquida, fluida e a rischio evanescenza, forse, allora, sarà possibile ricominciare, per ridonare nuova vita e nuovo vigore alla parola perduta. E forse, in modo paradossale, sarà l'intelligenza artificiale a salvare le parole dall'estinzione, e non solo, come, invece, con coscienza o incoscienza, sogliono comportarsi gli esseri umani; sarà l'AI (grande archivio della memoria del mondo umano e artificiale) il motore di salvezza per le parole anche se non potrà, almeno per ora, annullarne il suo flatus vocis?
E allora, occorre rimboccarsi le maniche, e ognuno dovrà fare la propria parte nella comunità, attraverso il ruolo e le funzioni che svolge, offrendo, in prima istanza, il supporto e il coraggio testimoniale nel recupero delle parole significate e che erano state consunte e consumate dal cattivo uso, e operando, in seconda istanza, con forza e coraggio, per la riduzione del coatto assassinio delle parole e poter ridare, così, alle parole umane, una connotazione di poesia come preghiera e di preghiera come poesia, al fine di ridare voce alla speranza, una dolce fonte di speranza per l'umanità smarrita e che persa d'animo, incontra difficoltà nel riprendere il giusto cammino della vita.