
Politica
Patruno: «Il Pd di Barletta non sono solo Caracciolo, Maffei, Mennea»
«Perché Barletta si sente rappresentata soltanto quando ha propri uomini?». Sul mancato successo di Messina: «Quella vicenda avrà bisogno di qualche analisi in più»
Barletta - sabato 5 gennaio 2013
11.19
Seconda parte dell'intervista al segretario Pd della Bat, Andrea Patruno, che da pochi giorni, è stato nominato anche commissario cittadino del Pd di Barletta. A tal proposito, ieri intanto è arrivata l'ufficialità (attesa in questa settimana, come ci ha confermato lo stesso Patruno), dalla commissione provinciale di garanzia del Pd, della sospensione per 13 mesi degli 8 ex consiglieri comunali di Barletta, che con le loro dimissioni (insieme a quelle di altri 11 consiglieri) hanno provocato la caduta dei Maffei bis. Seguiranno ora gli attesi ricorsi all'organo regionale, che, in attesa di nuovo giudizio, renderanno congelati i provvedimenti di sospensione.
Segretario Patruno, lei da pochi giorni è commissario cittadino del Pd. A chi sono andati i voti di Caracciolo, alle ultime "parlamentarie"?
«Io trovo strana questa intervista fatta in questo modo. I voti di Caracciolo? Lo chieda a Caracciolo. Se ci sono poi voti che possono essere intesi come i voti di Caracciolo, i voti di Mennea, i voti di Maffei. In questa città c'è stata un'articolazione ricca del consenso. Per cui, non credo serva individuare chi ha votato chi. Del resto, questo può essere anche ampiamente noto chiedendo direttamente alle persone di esprimersi. Noi facciamo un grande sforzo di apertura e di sottoposizione delle persone al giudizio di una platea più vasta, e poi abbiamo la necessità di restringere la platea a poche persone? Quelle poche persone a cui fate riferimento voi, se si sedevano attorno ad un tavolo e discutevano di parlamentari da eleggere, probabilmente avrebbero fatto tutt'altra scelta. Questo percorso che abbiamo fatto ha reso inedito il percorso ed il risultato, checché ne diciate in termini di apparato».
Non è abbastanza incredibile che Caracciolo abbia dato il suo sostegno al suo principale accusatore di questi ultimi mesi, cioè Boccia?
«Boccia ha espresso un giudizio politico. Anch'io l'ho espresso, sulla vicenda di questi mesi a Barletta, e non credo di essere mai stato né silente né accomodante. La questione politica di Barletta è grave. Oggi Barletta ha necessità, in ogni caso, di voltare pagina, di aprire anche qui un percorso che possa portarci a riscrivere un patto trasparente e chiaro con la città e con i cittadini, che meritano di essere governati e di conoscere fino in fondo i percorsi politici che portano alla formazione di un atto amministrativo. Io credo che non ci sia nessuno che possa dire: questa è proprietà mia. Dentro il Pd, meno che mai. Altrimenti ci faremmo dei partiti piccoli, a principato diretto, e questo consentirebbe ad ognuno di esercitare la potestà sul proprio principato. Io credo che, siamo nella terra di Federico, ma Federico combatteva il sistema di vassallaggio medievale».
Le pongo la stessa domanda che ho fatto a Mennea. L'unico risultato di queste primarie è stato quello di aver perso, ancora una volta, la possibilità di avere un rappresentante barlettano al prossimo Parlamento. Lei, in quanto neo-commissario del Pd di Barletta, si sente responsabile, si o no?
«Ma perché questa città si sente rappresentata soltanto quando ha propri uomini? Io penso che questa città abbia partecipato all'elezione di consiglieri regionali, e ha provveduto ad eleggere il governatore della regione Puglia, con un risultato significativo. Non necessariamente questo, se è di Barletta, ha un titolo maggiore. E la stessa cosa varrà per i parlamentari. Barletta ha la possibilità di dire una parola importante nel voto della Puglia. Io auspico che noi potremo avere, come capolista al senato, una persona come Anna Finocchiaro, e auspico che potremo esprimere un voto che dia sostegno a Bersani nella corsa per la leadership. Se Bersani fosse stato barlettano era meglio, ma questo non rappresenta un minus».
E' contento del mancato successo, frutto dell'ostracismo politico locale, di Assuntela Messina?
«No, io credo che quella vicenda avrà bisogno di qualche analisi in più. Assuntela è una persona importante per il Pd, lo è nel ruolo che esercita, nell'equilibrio che esprime nelle analisi che svolge, lo è nella rappresentazione politica del Pd, per quello che Assuntela Messina esprime in quanto tale. E' arrivata terza in una corsa difficile, che è stata complicata, anche dai percorsi, che sono stati accelerati. Se avessimo avuto più tempo, probabilmente avremmo potuto svolgere le cose in un altro modo, ma, tant'è, la competizione è stata così. E' talmente inedito quello che è accaduto, che nessuno può permettersi di esprimere giudizi a posteriori. Per una ragione molto semplice: la platea era quella del 25 novembre. Se avessimo svolto un maggior lavoro politico, per estendere quella platea, probabilmente i risultati sarebbero stati differenti. Ma anche mettersi in gioco sarebbe stato pesato in maniera differente. Purtroppo è andata in questo modo. Se vedete, la partecipazione, in quote, è stata a scacchiera sul territorio. Barletta e Andria hanno messo insieme una platea elettorale di gran lunga inferiore al passato e alle potenzialità che potevano esprimere, e questo ha dato facilmente la stura a comuni inferiori, a partire dal mio (San Ferdinando di Puglia ndr). Noi abbiamo portato alle primarie, la prima volta, circa 1.200 persone, in una città con meno di 15.000 abitanti: il 10% circa del corpo elettorale. Se le rapportiamo a quelle di Barletta, avrebbero dovuto portare 10.000 persone e non le circa 3.000. Questo quindi rende pregiudicata la corsa all'origine. Ma se tutti quanti avessimo saputo prima, che la competizione sarebbe continuata fino ai parlamentari, con quelle modalità, probabilmente io credo che anche l'attrezzarsi del territorio sarebbe stato differente».
Quindi lei dice che la candidatura di Messina non è stata marginalizzata?
«Non è stata una questione di giudizio, ma è stata semplicemente una condizione connessa all'esito del voto in quanto tale».
Quindi lei avrebbe voluto regole diverse?
«No, non avrei voluto regole diverse, non posso scrivere regole diverse. Sto dicendo, che il fatto che avevamo a che fare con regole inedite, oggi, ci costringerebbe a dire che Assuntela è stata penalizzata dalla sua città. Ma è il contrario. La sua città non ha creduto alle primarie dal primo minuto. Si è rappresentata in una maniera non massiccia, e questo ha penalizzato la corsa di un barlettano, così come ha penalizzato la corsa di un andriese. Per Mastromauro e Boccia, il problema non si poneva, perché loro erano candidati a prescindere: o accettavano, come parlamentari in carica, la corsa delle primarie, oppure no».
Il collega Alessandro Porcelluzzi, in uno dei suoi ultimi articoli, ha parlato della fine del triumvirato Caracciolo-Maffei-Mennea.
«Ho letto il suo collega Porcelluzzi. Devo dire che ho condiviso molto il principio politico della sua analisi».
Lei, in quanto neo-commissario cittadino del Pd, potrà contare qualcosa senza l'appoggio di uno dei tre?
«Io non credo che noi abbiamo mai svolto il lavoro in questo modo. Anche nella fase congressuale di febbraio scorso, che io ho seguito, il mio principio è stato sempre quello di allargare la platea, andare oltre le persone, altrimenti, lo ripeto, un tavolo stretto porta sempre ad altri esiti, perché tra poche persone si possono fare patti che non valgono quando arrivano a dieci, cinquanta, cento, cinquecento e 5.500 persone, come nel caso delle primarie. Io non credo alla rappresentanza per conto. Il Pd di Barletta è un Pd che ha numerose risorse. Non sono solo questi tre, ma sono tanti altri. E' un partito che può crescere, se allarga la platea e mette in campo risorse, culture e personalità, partendo da un principio: non c'è nessuno che può dire "io sono il proprietario del partito, io decido, mi siedo, in due, in tre, raggiungiamo un'intesa come matriosche, e questa la trasferiamo a tutti i livelli del partito". Non esiste. Io credo che voi avete un partito ricco di personalità, di culture, di intuizioni, di energie. A Barletta c'è. Questo partito dovrà venire fuori nella sua interezza, nella misura in cui sarà così, noi svolgeremo una bella competizione amministrativa, daremo un contributo importante al voto per le politiche, e affermeremo un'idea di centrosinistra».
Quale futuro il Pd destinerà a Caracciolo, Maffei e Mennea?
«Il futuro che il Pd insieme deciderà per ciascuno di noi».
E quale sarà?
«E che ne so. Altrimenti, torniamo al punto di partenza. Guardi, io questo non lo dico per vanità, lo dico per effetto di una discussione. Se io fossi la quarta parte, tra Maffei, Caracciolo e Mennea, ci sederemmo a tavolino e decideremmo tutti e quattro qualsiasi sorte per la città di Barletta. Io credo che questo sia impossibile. Lo era prima, lo è stato dal primo minuto in cui sono diventato segretario provinciale e mi sono confrontato con una crisi acutissima, che riguardava la giunta Maffei nel primo mandato, lo è ancora meno vero oggi: non esiste una persona in grado di raccogliere la rappresentanza in nome e per conto di tutti. Ce n'è tanti, e con quei tanti dobbiamo fare i conti. Scrivere con quei tanti una pagina di bella politica, significa fare patti, che non riguardano le persone, ma la città. Il bisogno di governo di questa città è straordinario, e questa città ha potenzialità straordinarie in Puglia, e le deve affermare».
Segretario Patruno, lei da pochi giorni è commissario cittadino del Pd. A chi sono andati i voti di Caracciolo, alle ultime "parlamentarie"?
«Io trovo strana questa intervista fatta in questo modo. I voti di Caracciolo? Lo chieda a Caracciolo. Se ci sono poi voti che possono essere intesi come i voti di Caracciolo, i voti di Mennea, i voti di Maffei. In questa città c'è stata un'articolazione ricca del consenso. Per cui, non credo serva individuare chi ha votato chi. Del resto, questo può essere anche ampiamente noto chiedendo direttamente alle persone di esprimersi. Noi facciamo un grande sforzo di apertura e di sottoposizione delle persone al giudizio di una platea più vasta, e poi abbiamo la necessità di restringere la platea a poche persone? Quelle poche persone a cui fate riferimento voi, se si sedevano attorno ad un tavolo e discutevano di parlamentari da eleggere, probabilmente avrebbero fatto tutt'altra scelta. Questo percorso che abbiamo fatto ha reso inedito il percorso ed il risultato, checché ne diciate in termini di apparato».
Non è abbastanza incredibile che Caracciolo abbia dato il suo sostegno al suo principale accusatore di questi ultimi mesi, cioè Boccia?
«Boccia ha espresso un giudizio politico. Anch'io l'ho espresso, sulla vicenda di questi mesi a Barletta, e non credo di essere mai stato né silente né accomodante. La questione politica di Barletta è grave. Oggi Barletta ha necessità, in ogni caso, di voltare pagina, di aprire anche qui un percorso che possa portarci a riscrivere un patto trasparente e chiaro con la città e con i cittadini, che meritano di essere governati e di conoscere fino in fondo i percorsi politici che portano alla formazione di un atto amministrativo. Io credo che non ci sia nessuno che possa dire: questa è proprietà mia. Dentro il Pd, meno che mai. Altrimenti ci faremmo dei partiti piccoli, a principato diretto, e questo consentirebbe ad ognuno di esercitare la potestà sul proprio principato. Io credo che, siamo nella terra di Federico, ma Federico combatteva il sistema di vassallaggio medievale».
Le pongo la stessa domanda che ho fatto a Mennea. L'unico risultato di queste primarie è stato quello di aver perso, ancora una volta, la possibilità di avere un rappresentante barlettano al prossimo Parlamento. Lei, in quanto neo-commissario del Pd di Barletta, si sente responsabile, si o no?
«Ma perché questa città si sente rappresentata soltanto quando ha propri uomini? Io penso che questa città abbia partecipato all'elezione di consiglieri regionali, e ha provveduto ad eleggere il governatore della regione Puglia, con un risultato significativo. Non necessariamente questo, se è di Barletta, ha un titolo maggiore. E la stessa cosa varrà per i parlamentari. Barletta ha la possibilità di dire una parola importante nel voto della Puglia. Io auspico che noi potremo avere, come capolista al senato, una persona come Anna Finocchiaro, e auspico che potremo esprimere un voto che dia sostegno a Bersani nella corsa per la leadership. Se Bersani fosse stato barlettano era meglio, ma questo non rappresenta un minus».
E' contento del mancato successo, frutto dell'ostracismo politico locale, di Assuntela Messina?
«No, io credo che quella vicenda avrà bisogno di qualche analisi in più. Assuntela è una persona importante per il Pd, lo è nel ruolo che esercita, nell'equilibrio che esprime nelle analisi che svolge, lo è nella rappresentazione politica del Pd, per quello che Assuntela Messina esprime in quanto tale. E' arrivata terza in una corsa difficile, che è stata complicata, anche dai percorsi, che sono stati accelerati. Se avessimo avuto più tempo, probabilmente avremmo potuto svolgere le cose in un altro modo, ma, tant'è, la competizione è stata così. E' talmente inedito quello che è accaduto, che nessuno può permettersi di esprimere giudizi a posteriori. Per una ragione molto semplice: la platea era quella del 25 novembre. Se avessimo svolto un maggior lavoro politico, per estendere quella platea, probabilmente i risultati sarebbero stati differenti. Ma anche mettersi in gioco sarebbe stato pesato in maniera differente. Purtroppo è andata in questo modo. Se vedete, la partecipazione, in quote, è stata a scacchiera sul territorio. Barletta e Andria hanno messo insieme una platea elettorale di gran lunga inferiore al passato e alle potenzialità che potevano esprimere, e questo ha dato facilmente la stura a comuni inferiori, a partire dal mio (San Ferdinando di Puglia ndr). Noi abbiamo portato alle primarie, la prima volta, circa 1.200 persone, in una città con meno di 15.000 abitanti: il 10% circa del corpo elettorale. Se le rapportiamo a quelle di Barletta, avrebbero dovuto portare 10.000 persone e non le circa 3.000. Questo quindi rende pregiudicata la corsa all'origine. Ma se tutti quanti avessimo saputo prima, che la competizione sarebbe continuata fino ai parlamentari, con quelle modalità, probabilmente io credo che anche l'attrezzarsi del territorio sarebbe stato differente».
Quindi lei dice che la candidatura di Messina non è stata marginalizzata?
«Non è stata una questione di giudizio, ma è stata semplicemente una condizione connessa all'esito del voto in quanto tale».
Quindi lei avrebbe voluto regole diverse?
«No, non avrei voluto regole diverse, non posso scrivere regole diverse. Sto dicendo, che il fatto che avevamo a che fare con regole inedite, oggi, ci costringerebbe a dire che Assuntela è stata penalizzata dalla sua città. Ma è il contrario. La sua città non ha creduto alle primarie dal primo minuto. Si è rappresentata in una maniera non massiccia, e questo ha penalizzato la corsa di un barlettano, così come ha penalizzato la corsa di un andriese. Per Mastromauro e Boccia, il problema non si poneva, perché loro erano candidati a prescindere: o accettavano, come parlamentari in carica, la corsa delle primarie, oppure no».
Il collega Alessandro Porcelluzzi, in uno dei suoi ultimi articoli, ha parlato della fine del triumvirato Caracciolo-Maffei-Mennea.
«Ho letto il suo collega Porcelluzzi. Devo dire che ho condiviso molto il principio politico della sua analisi».
Lei, in quanto neo-commissario cittadino del Pd, potrà contare qualcosa senza l'appoggio di uno dei tre?
«Io non credo che noi abbiamo mai svolto il lavoro in questo modo. Anche nella fase congressuale di febbraio scorso, che io ho seguito, il mio principio è stato sempre quello di allargare la platea, andare oltre le persone, altrimenti, lo ripeto, un tavolo stretto porta sempre ad altri esiti, perché tra poche persone si possono fare patti che non valgono quando arrivano a dieci, cinquanta, cento, cinquecento e 5.500 persone, come nel caso delle primarie. Io non credo alla rappresentanza per conto. Il Pd di Barletta è un Pd che ha numerose risorse. Non sono solo questi tre, ma sono tanti altri. E' un partito che può crescere, se allarga la platea e mette in campo risorse, culture e personalità, partendo da un principio: non c'è nessuno che può dire "io sono il proprietario del partito, io decido, mi siedo, in due, in tre, raggiungiamo un'intesa come matriosche, e questa la trasferiamo a tutti i livelli del partito". Non esiste. Io credo che voi avete un partito ricco di personalità, di culture, di intuizioni, di energie. A Barletta c'è. Questo partito dovrà venire fuori nella sua interezza, nella misura in cui sarà così, noi svolgeremo una bella competizione amministrativa, daremo un contributo importante al voto per le politiche, e affermeremo un'idea di centrosinistra».
Quale futuro il Pd destinerà a Caracciolo, Maffei e Mennea?
«Il futuro che il Pd insieme deciderà per ciascuno di noi».
E quale sarà?
«E che ne so. Altrimenti, torniamo al punto di partenza. Guardi, io questo non lo dico per vanità, lo dico per effetto di una discussione. Se io fossi la quarta parte, tra Maffei, Caracciolo e Mennea, ci sederemmo a tavolino e decideremmo tutti e quattro qualsiasi sorte per la città di Barletta. Io credo che questo sia impossibile. Lo era prima, lo è stato dal primo minuto in cui sono diventato segretario provinciale e mi sono confrontato con una crisi acutissima, che riguardava la giunta Maffei nel primo mandato, lo è ancora meno vero oggi: non esiste una persona in grado di raccogliere la rappresentanza in nome e per conto di tutti. Ce n'è tanti, e con quei tanti dobbiamo fare i conti. Scrivere con quei tanti una pagina di bella politica, significa fare patti, che non riguardano le persone, ma la città. Il bisogno di governo di questa città è straordinario, e questa città ha potenzialità straordinarie in Puglia, e le deve affermare».
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