Papa Francesco
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«Papa Francesco, come posso essere felice su quei treni?»

La toccante richiesta di una ragazza di Corato durante la Giornata mondiale della Gioventù

Prima di iniziare la Messa nel santuario della Madonna Nera a Czestochowa, Papa Francesco è inciampato sulle scale del palco eretto sulle mura del santuario dove celebra la funzione religiosa. Il quel momento aveva fra le mani l'incensiere e si stava avvicinando al quadro della Madonna Nera per venerarla. Il Santo padre, con levità si è rialzato e chi gli era intorno l'ha aiutato: è forse la migliore metafora e il miglior messaggio in questi giorni velati ancora dalla tristezza per il disastro ferroviario della Ferrotramviaria "Bari-Nord" tra Andria e Corato.

Francesco porta sulle spalle il peso e le incertezze dell'umanità. Può cedere, può vacillare come tutti. Anche cadere. Rialzarsi è un'altra dote dell'uomo ed essere aiutati è compassione e amore verso il prossimo. Il senso di comunità è la chiave per affrontare le intemperie della vita ad ogni età anche se forse da giovani non si pensa a questo, non si pensa ad affrontare problemi perché i problemi apparentemente non esistono. Ma il vento sta cambiando, questo Papa lontano anni luce dall'etichetta e dalla formalità, come Wojtyla, parla ai giovani con semplicità e come un padre, un padre di tutti.

A Papa Francesco sono stati proprio questi giovani a Cracovia a tributare con una lunga ovazione tutto l'affetto che lega loro al Pontefice. Questi, collegato in diretta dall'arcivescovado, ha risposto alle domande di tre ragazzi di cui il primo è forse il più toccante: è stata posto dalla giovane coratina Anna D'Introno, giunta in Polonia per la Giornata mondiale della Gioventù con altri amici della sua parrocchia, della sua comunità.

«Vengo da Corato, una delle città coinvolte dall'incidente ferroviario del 12 luglio. Io ogni giorno prendo il treno per andare all'università e quel giorno non ero sul treno per un puro caso. Ogni giorno mi siedo nelle prime carrozze e lì incontravo e salutavo Luciano, uno dei macchinisti che purtroppo ha perso la vita nell'incidente. Noi in quei treni ci sentiamo a casa, ma adesso abbiamo paura. Voglio chiedere: come possiamo tornare alla normalità, come possiamo abbattere questa paura e continuare, riprendere ad essere felici su quei treni che sono i nostri treni, la nostra seconda casa?».

Il papa non ha risposto con un linguaggio infallibile, magari da uno scranno anacronistico ma con amore, improvvisando: «Quello che è successo a te è una ferita. Alcuni sono stati feriti nell'incidente nel corpo e tu sei stata ferita nel tuo animo, nel tuo corpo, nel tuo cuore, e la ferita si chiama paura. E quando tu senti questo, senti la ferita di uno shock. Tu hai subito uno shock che non ti lascia star bene, ti fa male, ma questo shock ti dà anche l'opportunità di superare te stessa, di andare oltre, e rimangono i lividi o le cicatrici, e la vita è piena di cicatrici. Sempre avrai il ricordo di Luciano e di tutti quelli che non ci sono più, perché sono mancati nell'incidente e tu dovrai, ogni giorno che prendi il treno, sentire la traccia di questa ferita, di quella cicatrice, di quello che ti fa soffrire. Tu sei giovane, ma la vita è piena di questo».

«Portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita – ha concluso Francesco – e ci sono cose che sono bellissime, ma anche succede il contrario. Quanti giovani come voi non sono capaci di portare avanti la vita con la gioia delle cose belle e preferiscono lasciarsi stare, cadere sotto il dominio della droga e lasciarsi vincere dalla vita. Alla fine la partita è così: o tu vinci, o la vita ti vince. Vinci tu la vita! Fallo con coraggio e con dolore, e quando c'è la gioia fallo con gioia, perché la gioia ti porta avanti e ti salva da una malattia brutta: diventare nevrotica».
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