Eventi
Mantovano a Barletta: «La mafia purtroppo ci appartiene e va sradicata»
Il Giudice della Corte d’Appello di Roma intervistato da Barlettalife
Barletta - venerdì 25 ottobre 2013
2.23
Mafia è bello? Probabilmente no, ma è quanto in tanti vorrebbero farci credere. Proprio a partire dai mass media, proprio a partire dagli esempi meno virtuosi. C'è chi crede che la mafia sia qualcosa di estremamente distante, di intangibile per le realtà locali, ma la realtà è totalmente diversa. Qualche giorno fa si è parlato di mafia e di consenso sociale presso il Giovani Open Space di Barletta, grazie alle testimonianze del procuratore di Fermo Domenico Seccia e del Giudice della Corte d'Appello di Roma, Alfredo Mantovano. Ai microfoni di Barlettalife, Mantovano espone la sua "lectio magistralis" sulla lotta all'associazione criminale di stampo mafioso.
Giudice Mantovano, occasioni come quella di sabato scorso sono fondamentali per formare l'idea dei ragazzi in merito al consenso sociale che continua ad avere la criminalità di stampo mafioso.
Spero che questi ragazzi abbiano già formato una loro idea in merito all'antimafia. Si tratta di rendersi conto che, nel contrasto alla criminalità mafiosa, la parte riguardante il consenso sociale è di grande importanza, che non va trascurata, che passa attraverso mezzi che non si immagina possano avere un peso. Esempi importanti sono afferenti al ruolo dei mass media, al ruolo dello sport, la stessa strumentalizzazione della devozione religiosa. Allora, se si ha consapevolezza di questo, ci si può rendere conto di che cosa fare per togliere consenso sociale alle mafie e per restituirlo alle istituzioni.
Spesso, però, e aggiungerei anche purtroppo, questi ragazzi vedono la mafia come un qualcosa di estremamente lontano, di estremamente distante. I luoghi "tipici" della mafia, per molti, restano a chilometri di distanza.
L'insegnamento di Giovanni Falcone è: non vedere la realtà mafiosa come un corpo estraneo che aggredisce dall'esterno la società dei buoni, ma come qualcosa che in qualche misura appartiene a noi stessi e per questo deve essere sradicata realmente innanzitutto da noi stessi e poi dalle comunità nelle quali siamo inseriti.
Qual è la risposta più grande e più importante che si può dare alla mafia?
La risposta più grande che si può dare alla mafia consiste nel rendersi conto che anche un giornalista, per esempio, ha un compito importante in questo senso. Quando, come è accaduto, si concedono delle tribune a mafiosi per mandare i loro messaggi, certamente senza volerlo si da un contributo al rafforzamento del consenso sociale. Anche un parroco può dare un contributo in questa direzione. Ma se, come accade ancora, la processione diventa il momento in cui i capi clan di una zona manifestano il loro strapotere sul territorio, anche in tal caso il parroco da un esempio negativo. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma per dire che ognuno è chiamato a recitare la propria parte.
È di pochi giorni fa l'esempio virtuoso di Ester Catalano, giovane giornalista che da sola ha scoperto e denunciato la mafia. È questa l'unica via per combattere questo male endemico? Bastano gli esempi virtuosi come la Catalano, come lei e il procuratore Seccia?
Io credo che gli esempi virtuosi servano, sono importanti, ma è altrettanto importante fare in modo che non siano isolati, perché l'isolamento crea non solo dei simboli ma anche degli obiettivi, mentre invece il lavoro di squadra è quello che davvero può fare la differenza in tal senso.
Il consenso delle mafie nasce in primis dalla tv. Casi topici come "Pupetta Maresca" e "Il Capo dei Capi" tendono a distorcere la realtà e a spostare l'opinione, dipingendo come eroi personaggi che di eroico hanno ben poco. Come si può reagire a questa imposizione?
Lo strumento a disposizione di tutto è il telecomando, ed è quello più immediato. Se si preferisce vedere una partita di calcio, "Il capo dei capi" vede abbassarsi lo share. A fianco a questo, però, non è vietato protestare contro chi produce queste cose e dirgli che non va bene. Inoltre, si potrebbero preferire esempi positivi, che non mancano anche nel mondo del cinema e delle fiction, di mafia presa in giro o mostrata nella sua veste di violazione della gioventù e di altri valori, tipica dell'associazione mafiosa.
Giudice Mantovano, occasioni come quella di sabato scorso sono fondamentali per formare l'idea dei ragazzi in merito al consenso sociale che continua ad avere la criminalità di stampo mafioso.
Spero che questi ragazzi abbiano già formato una loro idea in merito all'antimafia. Si tratta di rendersi conto che, nel contrasto alla criminalità mafiosa, la parte riguardante il consenso sociale è di grande importanza, che non va trascurata, che passa attraverso mezzi che non si immagina possano avere un peso. Esempi importanti sono afferenti al ruolo dei mass media, al ruolo dello sport, la stessa strumentalizzazione della devozione religiosa. Allora, se si ha consapevolezza di questo, ci si può rendere conto di che cosa fare per togliere consenso sociale alle mafie e per restituirlo alle istituzioni.
Spesso, però, e aggiungerei anche purtroppo, questi ragazzi vedono la mafia come un qualcosa di estremamente lontano, di estremamente distante. I luoghi "tipici" della mafia, per molti, restano a chilometri di distanza.
L'insegnamento di Giovanni Falcone è: non vedere la realtà mafiosa come un corpo estraneo che aggredisce dall'esterno la società dei buoni, ma come qualcosa che in qualche misura appartiene a noi stessi e per questo deve essere sradicata realmente innanzitutto da noi stessi e poi dalle comunità nelle quali siamo inseriti.
Qual è la risposta più grande e più importante che si può dare alla mafia?
La risposta più grande che si può dare alla mafia consiste nel rendersi conto che anche un giornalista, per esempio, ha un compito importante in questo senso. Quando, come è accaduto, si concedono delle tribune a mafiosi per mandare i loro messaggi, certamente senza volerlo si da un contributo al rafforzamento del consenso sociale. Anche un parroco può dare un contributo in questa direzione. Ma se, come accade ancora, la processione diventa il momento in cui i capi clan di una zona manifestano il loro strapotere sul territorio, anche in tal caso il parroco da un esempio negativo. Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma per dire che ognuno è chiamato a recitare la propria parte.
È di pochi giorni fa l'esempio virtuoso di Ester Catalano, giovane giornalista che da sola ha scoperto e denunciato la mafia. È questa l'unica via per combattere questo male endemico? Bastano gli esempi virtuosi come la Catalano, come lei e il procuratore Seccia?
Io credo che gli esempi virtuosi servano, sono importanti, ma è altrettanto importante fare in modo che non siano isolati, perché l'isolamento crea non solo dei simboli ma anche degli obiettivi, mentre invece il lavoro di squadra è quello che davvero può fare la differenza in tal senso.
Il consenso delle mafie nasce in primis dalla tv. Casi topici come "Pupetta Maresca" e "Il Capo dei Capi" tendono a distorcere la realtà e a spostare l'opinione, dipingendo come eroi personaggi che di eroico hanno ben poco. Come si può reagire a questa imposizione?
Lo strumento a disposizione di tutto è il telecomando, ed è quello più immediato. Se si preferisce vedere una partita di calcio, "Il capo dei capi" vede abbassarsi lo share. A fianco a questo, però, non è vietato protestare contro chi produce queste cose e dirgli che non va bene. Inoltre, si potrebbero preferire esempi positivi, che non mancano anche nel mondo del cinema e delle fiction, di mafia presa in giro o mostrata nella sua veste di violazione della gioventù e di altri valori, tipica dell'associazione mafiosa.