Cronaca
Il tufo del proletariato
“La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare”. Donne, giovani e operaie le vittime del crollo
Barletta - martedì 4 ottobre 2011
13.42
Guardatela oggi Barletta. Una città che ha dimenticato assai in fretta di essere stata contadina e altrettanto velocemente di essere (stata) operaia. Una città che nasconde nei sotterranei di palazzi pericolanti ciò che rimane di uno splendore economico e di una aristocrazia operaia del tempo che fu.
Hanno pagato ancora una volta i più deboli. Donne, giovani, operaie. Piovono pietre sul proletariato di Barletta. Piovono pietre in una città in cui l'edilizia è diventata solo sinonimo di affari, commistione tra politica ed impresa, bacino di voti e casse sonanti. Nessuno che parli mai di sicurezza, di manutenzione, di riqualificare quartieri decadenti, case di cartone dei figli del popolo. Quanti passi separano quel palazzo e quel maglificio da Palazzo di Città? Quanti passi separano quel palazzo e quel maglificio dalla Camera del Lavoro? Non sono i tecnici del Comune a dover vegliare sulla sicurezza degli stabili? Non dovrebbe essere il sindacato, con la DPL, il primo agente della sicurezza sul lavoro?
Oggi è il tempo del lutto. Verrà il giorno delle responsabilità, dei processi. Verrà forse il giorno in cui la politica e la città tutta interrogandosi su queste ore dovranno rispondere ad alcune domande.Tragedia annunciata o no, l'attenzione dovrà rimanere alta. Il lavoro, la sicurezza, la piaga dimenticata dell'edilizia di fortuna. Umanità vera e sofferente, non la fiction della città gaudente degli spettacoli, degli american bar e delle Notti Bianche.
"La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare" dicono le Scritture. Diventi questo il motto, la frase della memoria. Non accada come per il crollo di via Canosa. A nessuno sia permesso costruire dove cinque donne hanno perso la vita. Hanno perso la vita sul lavoro. Ma sono vittime di guerra. Di una guerra combattuta con le unghie e con i denti per conservare uno straccio di lavoro ai tempi della globalizzazione e della delocalizzazione. Si innalzi un monumento. Si lasci anche una sola pietra. Sotto quelle macerie è stata seppellita la parte più nobile e autentica di questa città. Nessuno lo dimentichi. Nessuno si senta assolto.
Hanno pagato ancora una volta i più deboli. Donne, giovani, operaie. Piovono pietre sul proletariato di Barletta. Piovono pietre in una città in cui l'edilizia è diventata solo sinonimo di affari, commistione tra politica ed impresa, bacino di voti e casse sonanti. Nessuno che parli mai di sicurezza, di manutenzione, di riqualificare quartieri decadenti, case di cartone dei figli del popolo. Quanti passi separano quel palazzo e quel maglificio da Palazzo di Città? Quanti passi separano quel palazzo e quel maglificio dalla Camera del Lavoro? Non sono i tecnici del Comune a dover vegliare sulla sicurezza degli stabili? Non dovrebbe essere il sindacato, con la DPL, il primo agente della sicurezza sul lavoro?
Oggi è il tempo del lutto. Verrà il giorno delle responsabilità, dei processi. Verrà forse il giorno in cui la politica e la città tutta interrogandosi su queste ore dovranno rispondere ad alcune domande.Tragedia annunciata o no, l'attenzione dovrà rimanere alta. Il lavoro, la sicurezza, la piaga dimenticata dell'edilizia di fortuna. Umanità vera e sofferente, non la fiction della città gaudente degli spettacoli, degli american bar e delle Notti Bianche.
"La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare" dicono le Scritture. Diventi questo il motto, la frase della memoria. Non accada come per il crollo di via Canosa. A nessuno sia permesso costruire dove cinque donne hanno perso la vita. Hanno perso la vita sul lavoro. Ma sono vittime di guerra. Di una guerra combattuta con le unghie e con i denti per conservare uno straccio di lavoro ai tempi della globalizzazione e della delocalizzazione. Si innalzi un monumento. Si lasci anche una sola pietra. Sotto quelle macerie è stata seppellita la parte più nobile e autentica di questa città. Nessuno lo dimentichi. Nessuno si senta assolto.