Viva
Il panino pubblico, il panino privato
Riflessione su questioni italiane. Licenziamento in tronco a Teramo, ne parla il Corriere
Italia - lunedì 4 febbraio 2013
Decidiamo di riportare l'articolo di un episodio avvenuto nei giorni scorsi a Giulianova, divulgato dal sito internet del Corriere della Sera. L'accaduto riguarda il licenziamento di una donna da parte di una catena di supermercati perché consumava un panino con cibi presi dagli scaffali del negozio, suo posto di lavoro. Questo licenziamento in tronco arriva quando abbiamo tutti negli occhi le immagini girate a Barletta, sull'assenteismo di alcuni dipendenti della ASL/Bt. Si è aperta una grande riflessione che coinvolge il settore pubblico e i suoi impiegati non senza banalizzazioni o commenti populistici. Il privato ha sicuramente più facili strumenti per controllare, ed eventualmente punire, i lavoratori inadempienti.
Per quanto concerne il caso barlettano, siamo in attesa di conoscere gli sviluppi futuri e le decisioni dei dirigenti ASL locali.
(art. di Nicola Catenaro- da corriere.it del 1 febbraio 2013)
TERAMO – Licenziata in tronco per aver mangiato un panino preparato con prodotti prelevati dallo scaffale durante l'orario di servizio. Il giudice del lavoro ha dato ragione all'azienda e così una donna di cinquant'anni, sposata e con figli, impiegata in un supermercato di Giulianova (Teramo), ha perso per ora la speranza di riottenere il posto di lavoro che occupava da quattordici anni con mansioni di addetta alle vendite. A respingere il ricorso presentato dai suoi avvocati, Gabriele Rapali e Sigmar Frattarelli, è stato il giudice del lavoro del tribunale di Teramo, Alessandro Verrico.
LA VERSIONE DELLA DIFESA - In un'ordinanza di sei pagine, il magistrato addebita alla donna la «sottrazione di beni aziendali», fattispecie per la quale il contratto collettivo del commercio prevede appunto il recesso senza preavviso. I fatti si sono svolti lo scorso 8 agosto. La donna, secondo i titolari dell'azienda (che gestisce una nota catena di supermercati presenti nelle regioni del centro Italia), avrebbe preso dagli scaffali del punto vendita una confezione di salmone, una bibita dissetante e un panino e, dopo averli consumati, non li avrebbe voluti pagare. «Tutt'altro – affermano i suoi legali – anche dall'istruttoria è emerso chiaramente che la lavoratrice ha prelevato i prodotti senza nascondersi o occultarli e li ha consumati davanti a tutti, tant'è vero che è stata subito vista dai responsabili aziendali e ha gettato le confezioni nello stesso cestino del bancone dove lavorava dove tutti quindi potevano vederle e trovarle, mentre se avesse voluto occultarli li avrebbe certamente fatti sparire in altro modo».
LA VERSIONE DEL GIUDICE - Per il giudice, che dà invece per accertata «la volontà della ricorrente di nascondere gli elementi identificativi dei prodotti sottratti», a nulla varrebbe il modesto valore dei prodotti prelevati in considerazione della natura delle mansioni della lavoratrice che «implicano un contatto costante del lavoratore con la merce esposta» e «il riconoscimento da parte del datore di una particolare fiducia nei suoi confronti». Gli avvocati della donna definiscono la sanzione del licenziamento «abnorme, eccessiva e sproporzionata» rispetto a un comportamento che, dicono, «al massimo poteva condurre ad una multa o a una sospensione» e annunciano battaglia. «Stiamo già predisponendo – spiega Frattarelli – l'immediata impugnativa del provvedimento emesso dal Giudice che depositeremo nei prossimi giorni sperando che, in sede di riesame previsto dal nuovo rito Fornero, la decisione possa essere ribaltata e che la dipendente possa tornare sul proprio posto di lavoro come merita».
Per quanto concerne il caso barlettano, siamo in attesa di conoscere gli sviluppi futuri e le decisioni dei dirigenti ASL locali.
(art. di Nicola Catenaro- da corriere.it del 1 febbraio 2013)
TERAMO – Licenziata in tronco per aver mangiato un panino preparato con prodotti prelevati dallo scaffale durante l'orario di servizio. Il giudice del lavoro ha dato ragione all'azienda e così una donna di cinquant'anni, sposata e con figli, impiegata in un supermercato di Giulianova (Teramo), ha perso per ora la speranza di riottenere il posto di lavoro che occupava da quattordici anni con mansioni di addetta alle vendite. A respingere il ricorso presentato dai suoi avvocati, Gabriele Rapali e Sigmar Frattarelli, è stato il giudice del lavoro del tribunale di Teramo, Alessandro Verrico.
LA VERSIONE DELLA DIFESA - In un'ordinanza di sei pagine, il magistrato addebita alla donna la «sottrazione di beni aziendali», fattispecie per la quale il contratto collettivo del commercio prevede appunto il recesso senza preavviso. I fatti si sono svolti lo scorso 8 agosto. La donna, secondo i titolari dell'azienda (che gestisce una nota catena di supermercati presenti nelle regioni del centro Italia), avrebbe preso dagli scaffali del punto vendita una confezione di salmone, una bibita dissetante e un panino e, dopo averli consumati, non li avrebbe voluti pagare. «Tutt'altro – affermano i suoi legali – anche dall'istruttoria è emerso chiaramente che la lavoratrice ha prelevato i prodotti senza nascondersi o occultarli e li ha consumati davanti a tutti, tant'è vero che è stata subito vista dai responsabili aziendali e ha gettato le confezioni nello stesso cestino del bancone dove lavorava dove tutti quindi potevano vederle e trovarle, mentre se avesse voluto occultarli li avrebbe certamente fatti sparire in altro modo».
LA VERSIONE DEL GIUDICE - Per il giudice, che dà invece per accertata «la volontà della ricorrente di nascondere gli elementi identificativi dei prodotti sottratti», a nulla varrebbe il modesto valore dei prodotti prelevati in considerazione della natura delle mansioni della lavoratrice che «implicano un contatto costante del lavoratore con la merce esposta» e «il riconoscimento da parte del datore di una particolare fiducia nei suoi confronti». Gli avvocati della donna definiscono la sanzione del licenziamento «abnorme, eccessiva e sproporzionata» rispetto a un comportamento che, dicono, «al massimo poteva condurre ad una multa o a una sospensione» e annunciano battaglia. «Stiamo già predisponendo – spiega Frattarelli – l'immediata impugnativa del provvedimento emesso dal Giudice che depositeremo nei prossimi giorni sperando che, in sede di riesame previsto dal nuovo rito Fornero, la decisione possa essere ribaltata e che la dipendente possa tornare sul proprio posto di lavoro come merita».