Politica
Il Consiglio provinciale e Badoglio
La casta della BT diventa errabonda e itinerante. Si chiede nuova fiducia alla Barletta-Andria-Trani
Barletta - giovedì 8 settembre 2011
14.25
8 Settembre. Una data carica di significato. Chissà se i vertici della Provincia BAT nel convocare il primo Consiglio provinciale fuori dalla sede ufficiale hanno pensato ai richiami di questa data. Un armistizio simile ad una resa. La caduta di un regime ventennale. Certo il 1943 è lontanissimo e nei paraggi non ci sono Mussolini e Badoglio. Non c'è una guerra in corso. Al massimo le solite scaramucce tra campanili. Il narcisismo delle piccole differenze, l'avrebbe definito Sigmund Freud.
Tuttavia è un tempo di crisi profonda anche questo. Una crisi economica senza precedenti e da cui non si vede via d'uscita. Una crisi che sta travolgendo (direttamente o indirettamente) la credibilità della classe politica italiana. In questo frangente il Presidente del Consiglio Provinciale, Luigi Riserbato, convoca per la prima volta a Barletta il Consiglio. Partecipa la giunta provinciale con a capo il presidente Ventola. In aula anche il consigliere regionale Mennea e l'assessore regionale Campese. Il presidente del consiglio comunale Pastore fa pervenire un suo messaggio. Riserbato presenta questa iniziativa con una duplice motivazione. Ridare corpo al policentrismo della Provincia, impegnandosi a convocare Consigli nei tre capoluoghi (Andria sede ufficiale, Barletta e Trani) e, ove possibile, anche negli altri sette comuni del territorio. La seconda motivazione, che riguarda da vicino Barletta, è la commemorazione di Francesco Salerno, indimenticato protagonista politico della città. È opportuno invertire la discussione delle due ragioni.
Partendo da Salerno. Il ricordo in aula (con interventi per quasi due ore) ha colto alcuni tratti dell'uomo e del politico Salerno. Salerno decisionista, eterno studente ("perché la materia di studio sarebbe infinita" direbbe Guccini), informale, prodigo di consigli, trasversale rispetto agli steccati politici, comunicatore estremo a tratti incline al populismo. È curioso che sia toccato al suo competitore diretto alle Provinciali, Francesco Ventola, ricordare però un punto fondamentale dell'itinerario politico ed esistenziale di Salerno. La sproporzione tra quanto dato alla politica, in termini di sacrificio di sé, degli affetti, della salute, e quanto ricevuto. La mancata candidatura in posizione utile al Parlamento, la marginalizzazione nel Pd e la contrapposizione alla sua candidatura a Presidente della Provincia non sono accidenti. Sono sostanza, monito per chiunque eserciti il ruolo nell'ingenuità di credersi perpetuo, eterno, incrollabile.
Sull'idea di restituire centralità alla natura policentrica della Provincia occorre invece aprire una riflessione. Per un soffio la Bat è sfuggita alla scure che ha decapitato le Province con bassa popolazione. Probabilmente una legge costituzionale porrà invece fine all'esperienza delle Province. Questo Consiglio itinerante sembra rispondere a una ricerca di fiducia, a una rinnovata richiesta di credibilità di un ente che da più parti si considera fonte di inutili sprechi. E la Bat, ultima arrivata, non ha certo brillato per sobrietà, serietà, low-profile: dai concorsi alle consulenze, dai doppi incarichi agli scandali. Più che badogliani, i nostri amministratori provinciali rischiano di ritrovarsi come quei giapponesi che a guerra conclusa attendevano ancora in armi il nemico.
Tuttavia è un tempo di crisi profonda anche questo. Una crisi economica senza precedenti e da cui non si vede via d'uscita. Una crisi che sta travolgendo (direttamente o indirettamente) la credibilità della classe politica italiana. In questo frangente il Presidente del Consiglio Provinciale, Luigi Riserbato, convoca per la prima volta a Barletta il Consiglio. Partecipa la giunta provinciale con a capo il presidente Ventola. In aula anche il consigliere regionale Mennea e l'assessore regionale Campese. Il presidente del consiglio comunale Pastore fa pervenire un suo messaggio. Riserbato presenta questa iniziativa con una duplice motivazione. Ridare corpo al policentrismo della Provincia, impegnandosi a convocare Consigli nei tre capoluoghi (Andria sede ufficiale, Barletta e Trani) e, ove possibile, anche negli altri sette comuni del territorio. La seconda motivazione, che riguarda da vicino Barletta, è la commemorazione di Francesco Salerno, indimenticato protagonista politico della città. È opportuno invertire la discussione delle due ragioni.
Partendo da Salerno. Il ricordo in aula (con interventi per quasi due ore) ha colto alcuni tratti dell'uomo e del politico Salerno. Salerno decisionista, eterno studente ("perché la materia di studio sarebbe infinita" direbbe Guccini), informale, prodigo di consigli, trasversale rispetto agli steccati politici, comunicatore estremo a tratti incline al populismo. È curioso che sia toccato al suo competitore diretto alle Provinciali, Francesco Ventola, ricordare però un punto fondamentale dell'itinerario politico ed esistenziale di Salerno. La sproporzione tra quanto dato alla politica, in termini di sacrificio di sé, degli affetti, della salute, e quanto ricevuto. La mancata candidatura in posizione utile al Parlamento, la marginalizzazione nel Pd e la contrapposizione alla sua candidatura a Presidente della Provincia non sono accidenti. Sono sostanza, monito per chiunque eserciti il ruolo nell'ingenuità di credersi perpetuo, eterno, incrollabile.
Sull'idea di restituire centralità alla natura policentrica della Provincia occorre invece aprire una riflessione. Per un soffio la Bat è sfuggita alla scure che ha decapitato le Province con bassa popolazione. Probabilmente una legge costituzionale porrà invece fine all'esperienza delle Province. Questo Consiglio itinerante sembra rispondere a una ricerca di fiducia, a una rinnovata richiesta di credibilità di un ente che da più parti si considera fonte di inutili sprechi. E la Bat, ultima arrivata, non ha certo brillato per sobrietà, serietà, low-profile: dai concorsi alle consulenze, dai doppi incarichi agli scandali. Più che badogliani, i nostri amministratori provinciali rischiano di ritrovarsi come quei giapponesi che a guerra conclusa attendevano ancora in armi il nemico.