Politica
«Evitare a Barletta, una tragedia come a Prato». Il centrodestra scrive a Napolitano e Letta
«Verificare il numero effettivo di cinesi residenti. Crediamo ci sia chi lavori e viva nei capannoni delle nostre zone»
Barletta - domenica 8 dicembre 2013
13.30
«Doveroso il minuto di raccoglimento nelle scuole e negli uffici pubblici per le vittime dell'incendio che ha provocato la morte di sette lavoratori cinesi a Prato ma crediamo sia altrettanto doveroso non tacere, non chiudere gli occhi dinanzi a quanto accade ai loro connazionali nel nostro territorio - così i consiglieri comunali delle opposizioni di centrodestra Giovanni Alfarano, Dario Damiani, Rossella Piazzolla, Giuseppe Losappio (Forza Italia), Gennaro Cefola (Nuova Generazione), Flavio Basile e Ruggiero Dicorato (Adesso Puoi), Francesca Dascoli (Alfarano per Barletta) - Dobbiamo smetterla di far finta di non vedere, di non sentire, di nascondere la realtà. Va bene il silenzio nel rispetto delle vittime ma bisogna denunciare a gran voce questi fenomeni ai limiti della legalità se si vogliono evitare tragedie simili a quella di Prato anche nella nostra città. Oggi, difatti, tutti parlano di "tragedia annunciata" perché tutti sapevano quanto avveniva. Ebbene, noi del centrodestra di Barletta vogliamo evitare di parlare di "tragedia annunciata". Come? Prevenendo! Un fenomeno questo che, già nel 2011, il Cnel denunciava. Il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro lanciava l'allarme di un'infiltrazione cinese in numerose città italiane, anche criminale, evidenziando il pericolo rappresento dai laboratori-dormitori».
«Noi - aggiungono - da cittadini di Barletta prima ancora che da consiglieri comunali, non possiamo fingere di ignorare che la comunità cinese nella nostra città abbia assunto dei numeri alquanto considerevoli: tante le attività commerciali da loro gestite, tanti i bambini che frequentano le nostre scuole. Accanto a questa fotografia di integrazione sociale e culturale c'è però da scontrarsi con una realtà parallela e sommersa, popolata di gente che vediamo sfilare solo nel fine settimana lungo le strade extraurbane che conducono alla città. Si tratta di un piccolo esercito in fila indiana che crediamo, lavori e viva nei capannoni delle nostre zone industriali-artigianali. Proprio come gli operai che a Prato, nella loro casa-lavoro, hanno trovato la morte. Storicamente, Barletta e Prato, ancora una volta unite da un comune denominatore: fino a pochi anni fa gemellate nel segno della vivacità imprenditoriale, in particolar modo nel settore tessile, abbigliamento e calzaturiero ma oggi meta di uomini, donne e bambini che attraversano un continente, giungendo in Italia e inseguendo il sogno di una vita migliore. A loro, tutto il diritto di sognare, a noi amministratori il dovere di porre in essere tutte le misure necessarie affinché si possa tutelare la legalità, il rispetto delle regole, l'equità di diritti e doveri, al fine di evitare il fenomeno della concorrenza sleale che nella maggior parte dei casi uccide la piccola e media imprenditoria manifatturiera del nostro territorio ma nel contempo di tutelare la dignità di uomini e lavoratori cinesi che non possono continuare a non adeguarsi al nostro sistema di Paese».
«I dati parlano chiaro: con l'avvento dei cinesi, dal 2001 ad oggi, si contano 3mila aziende e 18mila lavoratori italiani in meno. Le ditte cinesi, regolarmente operanti in Italia, risultano circa 4mila e danno lavoro ad almeno 30mila connazionali. Numeri esorbitanti e che devono portare ad una seria ed attenta riflessione».
«Per questo motivo - concludono - abbiamo scritto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta, al Prefetto della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Carlo Sessa, al Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al Presidente della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Francesco Ventola, al Sindaco della Città di Barletta, Pasquale Cascella. Chiediamo loro di intervenire per garantire una maggiore attività di controllo e di monitoraggio del territorio da parte di tutti gli organi e di tutte le forze dell'ordine competenti in materia. Chiediamo, inoltre, proprio in virtù delle false certificazioni comunali emerse dalle indagini compiute a Prato, di venire a conoscenza e di effettuare una maggiore verifica del numero effettivo di cinesi residenti a Barletta. Solo mettendo al tappeto il territorio e prevenendo gli illeciti potremo garantire più sicurezza e maggiori garanzie di convivenza e uguaglianza tra cittadini italiani e cittadini cinesi, evitando disparità di trattamento e spiacevoli tragedie come quella di Prato».
«Noi - aggiungono - da cittadini di Barletta prima ancora che da consiglieri comunali, non possiamo fingere di ignorare che la comunità cinese nella nostra città abbia assunto dei numeri alquanto considerevoli: tante le attività commerciali da loro gestite, tanti i bambini che frequentano le nostre scuole. Accanto a questa fotografia di integrazione sociale e culturale c'è però da scontrarsi con una realtà parallela e sommersa, popolata di gente che vediamo sfilare solo nel fine settimana lungo le strade extraurbane che conducono alla città. Si tratta di un piccolo esercito in fila indiana che crediamo, lavori e viva nei capannoni delle nostre zone industriali-artigianali. Proprio come gli operai che a Prato, nella loro casa-lavoro, hanno trovato la morte. Storicamente, Barletta e Prato, ancora una volta unite da un comune denominatore: fino a pochi anni fa gemellate nel segno della vivacità imprenditoriale, in particolar modo nel settore tessile, abbigliamento e calzaturiero ma oggi meta di uomini, donne e bambini che attraversano un continente, giungendo in Italia e inseguendo il sogno di una vita migliore. A loro, tutto il diritto di sognare, a noi amministratori il dovere di porre in essere tutte le misure necessarie affinché si possa tutelare la legalità, il rispetto delle regole, l'equità di diritti e doveri, al fine di evitare il fenomeno della concorrenza sleale che nella maggior parte dei casi uccide la piccola e media imprenditoria manifatturiera del nostro territorio ma nel contempo di tutelare la dignità di uomini e lavoratori cinesi che non possono continuare a non adeguarsi al nostro sistema di Paese».
«I dati parlano chiaro: con l'avvento dei cinesi, dal 2001 ad oggi, si contano 3mila aziende e 18mila lavoratori italiani in meno. Le ditte cinesi, regolarmente operanti in Italia, risultano circa 4mila e danno lavoro ad almeno 30mila connazionali. Numeri esorbitanti e che devono portare ad una seria ed attenta riflessione».
«Per questo motivo - concludono - abbiamo scritto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta, al Prefetto della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Carlo Sessa, al Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, al Presidente della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Francesco Ventola, al Sindaco della Città di Barletta, Pasquale Cascella. Chiediamo loro di intervenire per garantire una maggiore attività di controllo e di monitoraggio del territorio da parte di tutti gli organi e di tutte le forze dell'ordine competenti in materia. Chiediamo, inoltre, proprio in virtù delle false certificazioni comunali emerse dalle indagini compiute a Prato, di venire a conoscenza e di effettuare una maggiore verifica del numero effettivo di cinesi residenti a Barletta. Solo mettendo al tappeto il territorio e prevenendo gli illeciti potremo garantire più sicurezza e maggiori garanzie di convivenza e uguaglianza tra cittadini italiani e cittadini cinesi, evitando disparità di trattamento e spiacevoli tragedie come quella di Prato».