Politica
Crollo di via Roma, le colpe vanno equamente divise tra lavoro nero e mala edilizia
L'intervento di Maria Campese per la Federazione della Sinistra. «Quell'intervento edilizio non andava fatto»
Barletta - giovedì 20 ottobre 2011
La data del 3 ottobre dista 17 giorni per il calendario, ma l'eco di quanto avvenne in quella data maledetta in via Roma è ancora vivo nel ricordo della gente e della politica locale. Raccogliamo l'intervento di Maria Campese, per Il Coordinamento della Federazione della Sinistra – Sinistra per Barletta.
«Interveniamo solo ora per rispetto del dolore e per evitare che lo sdegno prevalesse su valutazioni più ponderate. I risvolti di questa vicenda riguardano il mondo del lavoro e la mala edilizia. Sono perite nel crollo una giovanissima studentessa, uscita prima da scuola per mancanza di personale docente, e quattro operaie. Svolgevano lavoro nero- rimarca la Campese- l'unico disponibile sul mercato, sottopagato e privo di tutele sociali, unica possibilità di sopravvivenza. Se le operaie fossero state regolarmente assunte quell'attività sarebbe stata ubicata altrove o il titolare dell'attività, come egli stesso ha dichiarato, avrebbe subito segnalato il dissesto statico del fabbricato senza paura dei controlli».
Ancora sulla piaga-lavoro nero insiste la Campese. «La tragedia di Barletta rappresenta la punta d'iceberg del lavoro nero e del sommerso presente in tante realtà del nostro Paese. Centinaia di imprese fantasma- si evidenzia nella nota- offrono lavoro per pochi euro all'ora ad una manodopera, soprattutto femminile, sempre più sfruttata e ricattata dalla crisi economica. Uno scenario lavorativo ottocentesco che oggi fa emergere la necessità del rispetto delle leggi esistenti e violate quotidianamente».
Nel testo la Campese rimarca la scarsa tempestività delle indagini interne agli opifici: «Solo all'indomani della tragedia sono partiti i controlli sugli opifici: la quasi totalità delle attività controllate sono risultate irregolari. Il lavoro nero non ha mai giustificazioni. Tuttavia il tessuto produttivo sconta l'assenza completa di una politica nazionale attenta al made in Italy, alla tutela dei marchi e dei distretti, disincentivante delle delocalizzazioni. Andrebbero invece incentivati i consorzi, agevolati i percorsi di riconversione e innovazione, promossa l'istituzione dei distretti produttivi, e su questi obiettivi ci si dovrà impegnare».
Il mirino si sposta poi sui perché del nefasto accaduto: «L'altro risvolto riguarda le cause del crollo- incalza la Campese- Quell'intervento edilizio non andava fatto. Non andava autorizzata la demolizione e ricostruzione di un solo fabbricato, presentandolo come piano di recupero. L'intervento doveva riguardare l'intero isolato. L'approvazione nel 2007 da parte del Consiglio Comunale di Barletta della richiesta di recupero con demolizione e ricostruzione di un unico edificio e non dell'intero isolato non era un atto dovuto. Perché altrimenti i provvedimenti devono essere approvati dal Consiglio Comunale? Se non si fosse consentito lo sventramento dell'isolato il fabbricato crollato ci sarebbe ancora. Quell'isolato era sopravvissuto per duecento anni ed i fabbricati, nati uno accanto all'altro, si sorreggevano a vicenda. E' vero, erano datati, ma come tanti edifici manutenuti dai relativi proprietari sarebbero sopravvissuti».
«A tanti proprietari è invece consentito di avere manufatti in stato di fatiscenza per ricavare il massimo profitto dalla loro demolizione e ricostruzione: il valore fondiario negli anni aumenta senza alcun onere per la manutenzione né ordinaria né straordinaria. Ciò che è avvenuto chiama la politica alle sue responsabilità. Il crollo era una tragedia evitabile se non si fosse manomesso l'isolato e se ci fosse stata maggiore vigilanza e cura per la salute ed incolumità dei cittadini».
Il dito viene poi puntato sulle indagini: «Le responsabilità sono tante- aggiunge la Campese- su di esse indaga la magistratura. Altre non attengono l'ambito della giustizia ma investono tutti coloro che dovrebbero rappresentare nelle istituzioni l'interesse collettivo. Questo deve prevalere sull'interesse privato: non siano il profitto e lo sfruttamento gli elementi strutturali della società, non sia il 'dio denaro' il valore dominante».
La Campese evidenzia infine «l'esigenza di un nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG) perché non si proceda più per varianti, si promuova una politica edilizia che recuperi l'esistente e si preservi il contesto storico-culturale dell'assetto urbano. Eravamo assenti nella passata amministrazione e rivendichiamo la discontinuità amministrativa. Non abbiamo condiviso la politica portata avanti in passato soprattutto in campo urbanistico-edilizio. Abbiamo richiesto discontinuità amministrativa ancor prima della tragedia bloccando l'esame di varianti urbanistiche istruite dall'amministrazione precedente e calendarizzate per l'esame del Consiglio Comunale. Il nostro assessore ha chiesto il ritiro dei provvedimenti giacenti presso la presidenza del Consiglio Comunale per verificarne la coerenza con il PUG che ci impegniamo ad adottare nel più breve tempo possibile. Basta con le varianti urbanistiche e le esigenze particolari dell'uno o dell'altro imprenditore edile. Il nostro impegno sarà profuso ad impedire ulteriore consumo del territorio, a recuperare il patrimonio edilizio esistente, a disegnare una città con al centro il/la cittadino/a ed i suoi bisogni, a misura di bambina/o, dei diversamente abili, una città della socialità, dove si promuova la cittadinanza attiva e consapevole. Non dovranno essere i tecnici, i politici, gli imprenditori ad indirizzare i processi: la parola passi alla cittadinanza che paga anche con la vita scelte scellerate frutto di interessi di parte».
«Interveniamo solo ora per rispetto del dolore e per evitare che lo sdegno prevalesse su valutazioni più ponderate. I risvolti di questa vicenda riguardano il mondo del lavoro e la mala edilizia. Sono perite nel crollo una giovanissima studentessa, uscita prima da scuola per mancanza di personale docente, e quattro operaie. Svolgevano lavoro nero- rimarca la Campese- l'unico disponibile sul mercato, sottopagato e privo di tutele sociali, unica possibilità di sopravvivenza. Se le operaie fossero state regolarmente assunte quell'attività sarebbe stata ubicata altrove o il titolare dell'attività, come egli stesso ha dichiarato, avrebbe subito segnalato il dissesto statico del fabbricato senza paura dei controlli».
Ancora sulla piaga-lavoro nero insiste la Campese. «La tragedia di Barletta rappresenta la punta d'iceberg del lavoro nero e del sommerso presente in tante realtà del nostro Paese. Centinaia di imprese fantasma- si evidenzia nella nota- offrono lavoro per pochi euro all'ora ad una manodopera, soprattutto femminile, sempre più sfruttata e ricattata dalla crisi economica. Uno scenario lavorativo ottocentesco che oggi fa emergere la necessità del rispetto delle leggi esistenti e violate quotidianamente».
Nel testo la Campese rimarca la scarsa tempestività delle indagini interne agli opifici: «Solo all'indomani della tragedia sono partiti i controlli sugli opifici: la quasi totalità delle attività controllate sono risultate irregolari. Il lavoro nero non ha mai giustificazioni. Tuttavia il tessuto produttivo sconta l'assenza completa di una politica nazionale attenta al made in Italy, alla tutela dei marchi e dei distretti, disincentivante delle delocalizzazioni. Andrebbero invece incentivati i consorzi, agevolati i percorsi di riconversione e innovazione, promossa l'istituzione dei distretti produttivi, e su questi obiettivi ci si dovrà impegnare».
Il mirino si sposta poi sui perché del nefasto accaduto: «L'altro risvolto riguarda le cause del crollo- incalza la Campese- Quell'intervento edilizio non andava fatto. Non andava autorizzata la demolizione e ricostruzione di un solo fabbricato, presentandolo come piano di recupero. L'intervento doveva riguardare l'intero isolato. L'approvazione nel 2007 da parte del Consiglio Comunale di Barletta della richiesta di recupero con demolizione e ricostruzione di un unico edificio e non dell'intero isolato non era un atto dovuto. Perché altrimenti i provvedimenti devono essere approvati dal Consiglio Comunale? Se non si fosse consentito lo sventramento dell'isolato il fabbricato crollato ci sarebbe ancora. Quell'isolato era sopravvissuto per duecento anni ed i fabbricati, nati uno accanto all'altro, si sorreggevano a vicenda. E' vero, erano datati, ma come tanti edifici manutenuti dai relativi proprietari sarebbero sopravvissuti».
«A tanti proprietari è invece consentito di avere manufatti in stato di fatiscenza per ricavare il massimo profitto dalla loro demolizione e ricostruzione: il valore fondiario negli anni aumenta senza alcun onere per la manutenzione né ordinaria né straordinaria. Ciò che è avvenuto chiama la politica alle sue responsabilità. Il crollo era una tragedia evitabile se non si fosse manomesso l'isolato e se ci fosse stata maggiore vigilanza e cura per la salute ed incolumità dei cittadini».
Il dito viene poi puntato sulle indagini: «Le responsabilità sono tante- aggiunge la Campese- su di esse indaga la magistratura. Altre non attengono l'ambito della giustizia ma investono tutti coloro che dovrebbero rappresentare nelle istituzioni l'interesse collettivo. Questo deve prevalere sull'interesse privato: non siano il profitto e lo sfruttamento gli elementi strutturali della società, non sia il 'dio denaro' il valore dominante».
La Campese evidenzia infine «l'esigenza di un nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG) perché non si proceda più per varianti, si promuova una politica edilizia che recuperi l'esistente e si preservi il contesto storico-culturale dell'assetto urbano. Eravamo assenti nella passata amministrazione e rivendichiamo la discontinuità amministrativa. Non abbiamo condiviso la politica portata avanti in passato soprattutto in campo urbanistico-edilizio. Abbiamo richiesto discontinuità amministrativa ancor prima della tragedia bloccando l'esame di varianti urbanistiche istruite dall'amministrazione precedente e calendarizzate per l'esame del Consiglio Comunale. Il nostro assessore ha chiesto il ritiro dei provvedimenti giacenti presso la presidenza del Consiglio Comunale per verificarne la coerenza con il PUG che ci impegniamo ad adottare nel più breve tempo possibile. Basta con le varianti urbanistiche e le esigenze particolari dell'uno o dell'altro imprenditore edile. Il nostro impegno sarà profuso ad impedire ulteriore consumo del territorio, a recuperare il patrimonio edilizio esistente, a disegnare una città con al centro il/la cittadino/a ed i suoi bisogni, a misura di bambina/o, dei diversamente abili, una città della socialità, dove si promuova la cittadinanza attiva e consapevole. Non dovranno essere i tecnici, i politici, gli imprenditori ad indirizzare i processi: la parola passi alla cittadinanza che paga anche con la vita scelte scellerate frutto di interessi di parte».