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Con le Zone Franche Urbane, cinquemila posti di lavoro nella Bat
LaIl presidente di Unimpresa passa in rassegna il bando, tra ritardi e opprtunità
martedì 20 maggio 2014
19.10
Oltre cinquemila nuovi posti di lavoro nei settori commercio, industria, artigianato e servizi: questo l'obiettivo minimo stimato da Unimpresa Bat nell'ambito degli approfondimenti sulle Zone Franche Urbane nella Provincia di Barletta Andria Trani. Obiettivi possibili ma veramente raggiungibili? Una domanda che richiederebbe una profonda analisi non solo economica ma anche sociologica, politica e culturale che non può certo essere neanche sommariamente sintetizzata con poche seppur significative analisi.
Il presidente di Unimpresa Bat, Savino Montaruli, ha detto: «Sicuramente il riconoscimento di Zone Franche Urbane per due importanti e significative città come quelle di Andria e di Barletta avrebbe potuto generare molto di più di quella già enorme e significativa cifra delle cinquemila nuove unità lavorative e se unissimo a queste aree anche quella parimenti importante di Molfetta il dato avrebbe potuto addirittura moltiplicarsi con un abbattimento dell'indice negativo di disoccupazione in questi territori di almeno il 35% quindi numeri rispettosissimi dei quali bisogna parlarne perché di alto valore sociale e in grado di mutare strutturalmente e in alcuni casi radicalmente anche il tessuto produttivo locale favorendone una reale riconversione indispensabile ed irrinunciabile oltre che urgente. Obiettivi strategici che però, a mio avviso, sono stati del tutto vanificati in questi lunghi anni intercorsi dalla data di riconoscimento delle Z.F.U. fino alla data recente dell'emanazione del Bando. Un lungo tempo praticamente inutilizzato mentre questi anni avrebbero dovuto servire per un'azione congiunta tra i soggetti pubblici e privati per elaborare progetti di sviluppo di Area Vasta partendo dalla pianificazione urbanistica dei territori e da quella commerciale, artigianale ed industriale integrata e contestualizzata proprio all'interno e attorno alle Zone Franche Urbane riconosciute. Accanto a questi interventi strutturali e programmatori – ha aggiunto il Presidente di Unimpresa Bat – si sarebbe dovuto sviluppare un piano di incentivazioni e la predisposizione di strumenti di sostegno e di scopo in modo da pianificare gli interventi per finalizzarli all'interazione tra il sistema economico e finanziario locale con quello strutturale regionale anche attraverso l'utilizzo appropriato e finalizzato degli strumenti di finanza europei, diretti e strutturali, per quasi la totalità rimasti inutilizzati proprio nei nostri territori, rappresentando un'enorme ed incalcolabile sconfitta.
Se è vero che l'intero iter legato alle Zone Franche Urbane è stato caratterizzato da un clima di incertezza fino agli ultimi giorni prima della pubblicazione del Bando è altresì vero che non si è avuto il coraggio e la capacità di pensare ben al di la della semplicistica ed errata valutazione che ha portato a pensare che quello fosse uno strumento finanziario come altri e non invece, qual realmente è, uno strumento finalizzato all'occupabilità anche se pensato e strutturato in modo palesemente insufficiente perché proteso alla facoltà di utilizzo dei benefits in modo improduttivo e talvolta anche molto ambiguo quindi semplicistico e inutile per assolvere alle finalità originarie delle Z.F.U., come invece fatto negli altri Stati. Ha sbagliato chi ha pensato che potesse essere questo uno strumento, solamente uno strumento per sovvenzionare le imprese già presenti in quelle aree invogliandole a regolarizzare qualche minima posizione occupazionale interna senza guardare invece all'enorme possibilità che avrebbe potuto rappresentare per sviluppare enormi indotti sollecitati però da grandi investimenti messi in rete anche per poter moltiplicare il contributo de minimis fino all'utilizzo dell'intero pacchetto dei fondi disponibili omogeneo e armonizzato senza il rischio, che al contrario realmente oggi esiste, di assistere ad una loro disgregazione, frantumazione e disseminazione in misure poco significative quindi praticamente inutili. Interventi strutturati, invece, avrebbero potuto stravolgere in positivo non solo quelle aree a vocazione industriale come quella del rione San Valentino di Andria o quella della periferia barlettana ma anche quelle tipiche e caratteristiche della parte di centro storico andriese interessato dalle misure di intervento piuttosto che la storica area del quartiere Santa Maria Vetere, senza parlare delle potenzialità rappresentate nel sistema da quelle di Molfetta. A fronte, quindi, di interventi di piccola misura ma fortemente caratterizzati nel contesto delle aree dei centri antichi quelli di grandi prospettive da prevedersi nelle aree a vocazione industriale destinate alle grandi imprese avrebbero realmente potuto garantire il raggiungimento degli obiettivi reali delle misure di intervento cioè la creazione di reale nuova e buona oltre che qualificata occupazione ma anche qui i mancati interventi sociali e le ataviche inadempienze infrastrutturali non hanno consentito di attrarre queste forme di investimenti.
Un territorio, quindi, che ancora una volta si è fatto cogliere impreparato e non pronto a pianificare condizioni di sviluppo e di coesione. Negatività che se dovessero persistere porterebbero sicuramente anche a perdere tante altre grandi occasioni di crescita e sviluppo come quelle rappresentate dall'utilizzo dei fondi della nuova programmazione europea 2014/2020 considerato che ad oggi, a distanza di appena un mese dal termine ultimo posto alle regioni per presentare e avanzare osservazioni, proposte e risultati delle concertazioni allargate con gli Enti territoriali e con i soggetti istituzionali, nulla di tutto questo è stato fatto ed è normale, negativamente normale constatare, di qui a breve, che anche a quei nuovi fondi avranno avuto accesso solo quelle Amministrazioni e quelle aggregazioni che abbiano saputo agire con efficacia ed intelligenza, con lungimiranza e lavorando per obiettivi. Quelle realtà rimangono ancora molto distanti dalla nostra».
Il presidente di Unimpresa Bat, Savino Montaruli, ha detto: «Sicuramente il riconoscimento di Zone Franche Urbane per due importanti e significative città come quelle di Andria e di Barletta avrebbe potuto generare molto di più di quella già enorme e significativa cifra delle cinquemila nuove unità lavorative e se unissimo a queste aree anche quella parimenti importante di Molfetta il dato avrebbe potuto addirittura moltiplicarsi con un abbattimento dell'indice negativo di disoccupazione in questi territori di almeno il 35% quindi numeri rispettosissimi dei quali bisogna parlarne perché di alto valore sociale e in grado di mutare strutturalmente e in alcuni casi radicalmente anche il tessuto produttivo locale favorendone una reale riconversione indispensabile ed irrinunciabile oltre che urgente. Obiettivi strategici che però, a mio avviso, sono stati del tutto vanificati in questi lunghi anni intercorsi dalla data di riconoscimento delle Z.F.U. fino alla data recente dell'emanazione del Bando. Un lungo tempo praticamente inutilizzato mentre questi anni avrebbero dovuto servire per un'azione congiunta tra i soggetti pubblici e privati per elaborare progetti di sviluppo di Area Vasta partendo dalla pianificazione urbanistica dei territori e da quella commerciale, artigianale ed industriale integrata e contestualizzata proprio all'interno e attorno alle Zone Franche Urbane riconosciute. Accanto a questi interventi strutturali e programmatori – ha aggiunto il Presidente di Unimpresa Bat – si sarebbe dovuto sviluppare un piano di incentivazioni e la predisposizione di strumenti di sostegno e di scopo in modo da pianificare gli interventi per finalizzarli all'interazione tra il sistema economico e finanziario locale con quello strutturale regionale anche attraverso l'utilizzo appropriato e finalizzato degli strumenti di finanza europei, diretti e strutturali, per quasi la totalità rimasti inutilizzati proprio nei nostri territori, rappresentando un'enorme ed incalcolabile sconfitta.
Se è vero che l'intero iter legato alle Zone Franche Urbane è stato caratterizzato da un clima di incertezza fino agli ultimi giorni prima della pubblicazione del Bando è altresì vero che non si è avuto il coraggio e la capacità di pensare ben al di la della semplicistica ed errata valutazione che ha portato a pensare che quello fosse uno strumento finanziario come altri e non invece, qual realmente è, uno strumento finalizzato all'occupabilità anche se pensato e strutturato in modo palesemente insufficiente perché proteso alla facoltà di utilizzo dei benefits in modo improduttivo e talvolta anche molto ambiguo quindi semplicistico e inutile per assolvere alle finalità originarie delle Z.F.U., come invece fatto negli altri Stati. Ha sbagliato chi ha pensato che potesse essere questo uno strumento, solamente uno strumento per sovvenzionare le imprese già presenti in quelle aree invogliandole a regolarizzare qualche minima posizione occupazionale interna senza guardare invece all'enorme possibilità che avrebbe potuto rappresentare per sviluppare enormi indotti sollecitati però da grandi investimenti messi in rete anche per poter moltiplicare il contributo de minimis fino all'utilizzo dell'intero pacchetto dei fondi disponibili omogeneo e armonizzato senza il rischio, che al contrario realmente oggi esiste, di assistere ad una loro disgregazione, frantumazione e disseminazione in misure poco significative quindi praticamente inutili. Interventi strutturati, invece, avrebbero potuto stravolgere in positivo non solo quelle aree a vocazione industriale come quella del rione San Valentino di Andria o quella della periferia barlettana ma anche quelle tipiche e caratteristiche della parte di centro storico andriese interessato dalle misure di intervento piuttosto che la storica area del quartiere Santa Maria Vetere, senza parlare delle potenzialità rappresentate nel sistema da quelle di Molfetta. A fronte, quindi, di interventi di piccola misura ma fortemente caratterizzati nel contesto delle aree dei centri antichi quelli di grandi prospettive da prevedersi nelle aree a vocazione industriale destinate alle grandi imprese avrebbero realmente potuto garantire il raggiungimento degli obiettivi reali delle misure di intervento cioè la creazione di reale nuova e buona oltre che qualificata occupazione ma anche qui i mancati interventi sociali e le ataviche inadempienze infrastrutturali non hanno consentito di attrarre queste forme di investimenti.
Un territorio, quindi, che ancora una volta si è fatto cogliere impreparato e non pronto a pianificare condizioni di sviluppo e di coesione. Negatività che se dovessero persistere porterebbero sicuramente anche a perdere tante altre grandi occasioni di crescita e sviluppo come quelle rappresentate dall'utilizzo dei fondi della nuova programmazione europea 2014/2020 considerato che ad oggi, a distanza di appena un mese dal termine ultimo posto alle regioni per presentare e avanzare osservazioni, proposte e risultati delle concertazioni allargate con gli Enti territoriali e con i soggetti istituzionali, nulla di tutto questo è stato fatto ed è normale, negativamente normale constatare, di qui a breve, che anche a quei nuovi fondi avranno avuto accesso solo quelle Amministrazioni e quelle aggregazioni che abbiano saputo agire con efficacia ed intelligenza, con lungimiranza e lavorando per obiettivi. Quelle realtà rimangono ancora molto distanti dalla nostra».