Striscione del Collettivo Exit
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Cemento e crisi ambientale, la posizione del Collettivo Exit di Barletta

«Il sindaco e la maggioranza dormono sonni tranquilli»

«Da tempo sappiamo che nella città di Barletta è compito dei movimenti sporcarsi le mani - scrive Emma Cafiero del Collettivo Exit - e "ribaltare il piano"su cui si poggia la grande alleanza tra classe politica e potere economico. Siamo consapevoli di dover essere noi ad esprimerci su questioni politiche delicate, in una città in cui maggioranza e opposizione mimano all'interno delle istituzioni un conflitto politico che fondamentalmente non esiste».

«Tutto viene vissuto come una grande messa in scena che permette al Sindaco Cannito e alla sua maggioranza di dormire sonni tranquilli e di poter sorvolare sui problemi reali che attanagliano la città. A noi non va giù questa sorta di "pax sociale" che permette al potere economico, dietro le quinte, di andare all'incasso su questioni che hanno un forte impatto sulla collettività. Per questo motivo abbiamo deciso di rispolverare, esponendo uno striscione, una questione che ha enorme rilevanza sul piano politico perché intreccia due temi che a Barletta dovrebbero essere affrontati una volta per tutte. Ci riferiamo alla crisi ambientale in cui da tempo siamo immersi e il "convitato di pietra" di ogni possibile alternativa ad un modello di sviluppo ormai obsoleto e che ha prodotto solo disastri,quel partito del mattone che vuole imporre la fine della grande industria a colpi di cementificazione. La vicenda più emblematica riguarda il permesso di costruire, poi sospeso dal Dirigente Lamacchia dopo la nostra denuncia, sul terreno adiacente la Timac. Il motivo della sospensione del permesso era legato al fatto che su quel terreno era previsto il posizionamento di un piezometro per le attività di campionamento programmate dalla Timac, nell'ambito del Piano di messa in sicurezza della falda. Ma di quel piezometro da tempo ormai si sono perse le tracce, dopo i vari rimpalli di responsabilità per il suo posizionamento tra Regione e Comune. Ad oggi riscontriamo che è completamente scomparso dai radar della burocrazia amministrativa e non sappiamo se nel prossimo incontro in Regione sulla vicenda Timac (il 7 febbraio 2019) verrà nuovamente resuscitato.

Per questo il nostro striscione sul terreno adiacente la Timac è, a tratti, profetico: "Il Piezometro scompare ma il palazzo s'ha da fare!". Perché se non verranno effettuate le attività di campionamento previste (noi aggiungiamo che andrebbe svolta anche un analisi sul topsoil,cioè lo strato superficiale di terreno dove c'è la più alta concentrazione di materia organica), nelle prossime settimane verrà meno la sospensione e si potrà nuovamente costruire su quel terreno. Di questa vicenda il Sindaco Cannito fa finta di non occuparsi, forse perché foriera di fibrillazioni all'interno della sua maggioranza,visto che in un'intervista di poche settimane fa ad un giornale online affermava che l'ultima parola spettava al Dirigente Lamacchia. Questa affermazione da parte del Sindaco Cannito è una grande sciocchezza perché il Dirigente non decide assolutamente nulla, è tenuto soltanto a ratificare scelte che sono invece in capo alla politica e che spettano quindi al primo cittadino e alla sua giunta. Inoltre il dirigente in questione, il Dott. Lamacchia, è in regime di proroga e quindi non può assumersi la responsabilità su un provvedimento così importante soprattutto se è a fine mandato. La scelta quindi spetta al Sindaco Cannito e al suo assessore all'Edilizia Rosa Tupputi di cui non conosciamo ne' il volto e ne' la voce. Un Sindaco che in campagna elettorale aveva promesso che con la sua amministrazione non ci sarebbe stata nessuna cementificazione del territorio. Noi vogliamo ricordare al Sindaco Cannito che non si può costruire in zone dove c'è il rischio concreto di una contaminazione della falda e del suolo che può un domani mettere in pericolo la salute di chi ci abita».
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