Politica
Cascella a Barlettalife: «Rimpasto? Lo escludo, non ne vedo la ragione»
Intervista esclusiva di inizio anno al sindaco di Barletta sulla situazione politica
Barletta - venerdì 10 gennaio 2014
14.44
Prima intervista esclusiva del nuovo anno per Pasquale Cascella. Il sindaco ha risposto, in un intervista-fiume nella redazione di Barlettalife, alle domande di Edoardo Centonze, Adriano Antonucci e Paolo Doronzo. Nella prima parte dell'intervista, Cascella parla della situazione politica attuale, dopo questi primi 7 mesi di amministrazione trascorsi, e degli scenari politici futuri possibili. Prossimamente, sulle nostre pagine, la seconda parte dell'intervista a Cascella.
Sindaco, cosa rivendica positivamente a se stesso? Cosa alla Giunta? Cosa ai partiti?
«Rivendico, come sindaco e come giunta, un'azione di verità sui conti pubblici del comune, sullo stato delle finanze del comune e sullo stato economico della città. Per quanto alcune decisioni possono essere state impopolari, sono convinto che i cittadini abbiano capito che il modo in cui stiamo agendo è quello utile per ripartire, quando dovesse esserci la ripresa. Credo anche che i partiti stessi abbiano capito lo sforzo che stiamo compiendo».
Quali errori e/o omissioni invece rimprovera a se stesso? Quali alla Giunta? Quali alle forze politiche?
«Di errori di sicuro ce ne sono stati. Un errore è stato l'immaginare che i problemi fossero affrontabili con più semplicità. E' stato un errore di valutazione dovuto all'incancrenirsi dei problemi della città. Immaginavo, per esempio, che ci sarebbe voluto meno tempo per avere nuovi dirigenti. Non immaginavo inoltre il livello di conflittualità che c'è nella nostra città. Perdo tantissimo tempo nell'esaminare i conflitti che coinvolgono l'amministrazione con l'edilizia, il mercantile, il settore degli atti amministrativi. Tutti i debiti fuori bilancio sono espressione dei contenziosi sviluppati nel tempo. L'errore è stato dunque sottovalutare la complessità di questa città. Credo che la città abbia virtù dell'individualismo che quando incrocia l'opportunità rende al meglio, ma in momenti di crisi da virtù diventa limite. Credo che i partiti stessi, esempio di conflittualità da sempre in questa città, come detto prima, abbiano capito lo sforzo che stiamo compiendo: i problemi sono lì all'ordine del giorno. La città deve liberarsi dei pesi del passato, abbiamo bisogno di cambiare per camminare seriamente. Non ci possono essere più rappresentanze di interessi particolari che vadano a comprimere la politica».
La sua amministrazione e il consiglio comunale, dopo un 2013 di transizione, in questo 2014 non hanno più alibi. Ne è consapevole?
«Non mi sono mai dato alibi, non ne ho mai cercati. Dobbiamo però essere consapevoli della prova, senza alibi».
A due mesi dalle dimissioni del prof. Villani, quanto ne è uscita indebolita politicamente la sua Giunta?
«E' uscita indebolita sul piano dell'immagine, della coesione, e della credibilità più che su quello politico. Le ragioni che hanno indotto Villani alle dimissioni sono state immaginate come elemento di tensione politica ma così non era, mi è servito però per sperimentare le tensioni politiche che in un cammino amministrativo ci sono sempre».
Come definisce la situazione politica attuale?
«La definisco politica, politica tout-court. Credo che non si possa addebitare a questa giunta una identificazione partitica. Questa è una giunta politica del sindaco, così l'ho definita. Credo che sia un modo per la stessa politica a Barletta di rigenerarsi, ci sono processi politici in atto sul piano nazionale e lo sono anche a Barletta, una città che offre elementi di riflessione. Il clima politico è quello di un passaggio non sempre semplice e compreso da tutti, un clima che deriva da un passato che stenta ad essere del tutto accantonato e un cambiamento che stenta ad affermarsi e ciò non può che provocare tensione. Potremmo definirlo un momento di passaggio, di riconsiderazione, di transizione, in cui c'è timore di fare un passo più deciso in avanti tenendo comunque conto che siamo obbligati a cambiare».
Dai forti momenti di tensione in piena estate sotto Palazzo di Città, alla cosiddetta rivolta dei forconi. Cosa pensa di questi momenti critici vissuti dalla città nel 2013? Come analizza le diverse situazioni?
«Sono momenti di tensione di disagio sociale, li ho considerati tali e mi sono confrontato con loro tramite questo approccio e questo spirito, mantenendo fermo il principio del rispetto delle regole e della legalità. Anche nei momenti in cui sono stato "sotto tiro" non ho rinunciato al confronto ma al tempo stesso ho chiesto il rispetto della legalità. Le soluzioni debbono essere trovate, lo sviluppo degli eventi ha poi dimostrato che la violenza, l'imposizione, vanno più ad alienare che a conquistare consensi e solo con il consenso si possono risolvere i problemi».
Ai partiti che hanno lamentato in questi mesi mancanza di condivisione delle scelte, lei cosa risponde?
«La partecipazione non è mai a senso unico, si partecipa a qualcosa che appartiene al proprio modo di essere. Chiedo ai partiti contributi di partecipazione che io possa condividere e che insieme si possa condividere. Ritengo però che a volte ci siano difficoltà di comprensione, persino aspettative diverse ma conto che si possa arrivare a comprendersi reciprocamente».
La sua maggioranza ha superato la prova del bilancio non senza difficoltà e fibrillazioni come nel caso di sinistra unita e scelta civica, ed in generale di tutta la coalizione. E' in programma un rimpasto di governo?
«Il rimpasto della giunta lo escludo, non ne vedo la ragione. Ciò non significa che non ci possono essere aggiustamenti o interventi. Di rimpasto si è parlato sin dal primo giorno. Se una o più forze politiche ne sentono la necessità, possono esporre le proprie ragioni e ci potremo confrontare. Se una forza politica ritiene che la propria rappresentanza sia problematica io ne terrò conto e mi aspetto da questa forza che rispetti a sua volta i criteri che sin dall'inizio avevo espresso, ovvero la presentazione di una rosa di nomi con competenze particolari di cui poter tenere conto. Non escludo che questo possa accadere, anzi qualcuno l'ha già messa in campo. Altra cosa è mettere in discussione la natura e il carattere complessivo della giunta: in quel caso il problema riguarderebbe me come sindaco. Non cambierà l'equilibrio tra la rappresentanza dei partiti e quella politico sociale della città, cambiare questo equilibrio apparterrebbe a logiche politiche vecchie che non sono le mie».
Ha mai pensato ad una possibile "via politica" di fuga, nazionale o europea, nel caso in cui la città ripiombasse per l'ennesima volta in una forte crisi politica?
«No, nella maniera più assoluta. Ho pensato di essere sempre conseguente fino in fondo. Non ho interessi in gioco, non ho interessi politici, personali o economici. Ho soltanto in gioco un sentimento, un legame personale con questa città, un senso del dovere nel voler restituire a questa città ciò che mi ha consentito di fare ed avere. Affronterei la crisi con lealtà, spirito di verità e coerenza, fare questo è quello che serve alla città».
L'immagine di un sindaco con le valigie pronte, quindi non le appartiene?
«No, ma sono un sindaco che, nel caso, non avrebbe problemi a farsi le valigie».
Prossimamente online, la seconda parte dell'intervista.
Sindaco, cosa rivendica positivamente a se stesso? Cosa alla Giunta? Cosa ai partiti?
«Rivendico, come sindaco e come giunta, un'azione di verità sui conti pubblici del comune, sullo stato delle finanze del comune e sullo stato economico della città. Per quanto alcune decisioni possono essere state impopolari, sono convinto che i cittadini abbiano capito che il modo in cui stiamo agendo è quello utile per ripartire, quando dovesse esserci la ripresa. Credo anche che i partiti stessi abbiano capito lo sforzo che stiamo compiendo».
Quali errori e/o omissioni invece rimprovera a se stesso? Quali alla Giunta? Quali alle forze politiche?
«Di errori di sicuro ce ne sono stati. Un errore è stato l'immaginare che i problemi fossero affrontabili con più semplicità. E' stato un errore di valutazione dovuto all'incancrenirsi dei problemi della città. Immaginavo, per esempio, che ci sarebbe voluto meno tempo per avere nuovi dirigenti. Non immaginavo inoltre il livello di conflittualità che c'è nella nostra città. Perdo tantissimo tempo nell'esaminare i conflitti che coinvolgono l'amministrazione con l'edilizia, il mercantile, il settore degli atti amministrativi. Tutti i debiti fuori bilancio sono espressione dei contenziosi sviluppati nel tempo. L'errore è stato dunque sottovalutare la complessità di questa città. Credo che la città abbia virtù dell'individualismo che quando incrocia l'opportunità rende al meglio, ma in momenti di crisi da virtù diventa limite. Credo che i partiti stessi, esempio di conflittualità da sempre in questa città, come detto prima, abbiano capito lo sforzo che stiamo compiendo: i problemi sono lì all'ordine del giorno. La città deve liberarsi dei pesi del passato, abbiamo bisogno di cambiare per camminare seriamente. Non ci possono essere più rappresentanze di interessi particolari che vadano a comprimere la politica».
La sua amministrazione e il consiglio comunale, dopo un 2013 di transizione, in questo 2014 non hanno più alibi. Ne è consapevole?
«Non mi sono mai dato alibi, non ne ho mai cercati. Dobbiamo però essere consapevoli della prova, senza alibi».
A due mesi dalle dimissioni del prof. Villani, quanto ne è uscita indebolita politicamente la sua Giunta?
«E' uscita indebolita sul piano dell'immagine, della coesione, e della credibilità più che su quello politico. Le ragioni che hanno indotto Villani alle dimissioni sono state immaginate come elemento di tensione politica ma così non era, mi è servito però per sperimentare le tensioni politiche che in un cammino amministrativo ci sono sempre».
Come definisce la situazione politica attuale?
«La definisco politica, politica tout-court. Credo che non si possa addebitare a questa giunta una identificazione partitica. Questa è una giunta politica del sindaco, così l'ho definita. Credo che sia un modo per la stessa politica a Barletta di rigenerarsi, ci sono processi politici in atto sul piano nazionale e lo sono anche a Barletta, una città che offre elementi di riflessione. Il clima politico è quello di un passaggio non sempre semplice e compreso da tutti, un clima che deriva da un passato che stenta ad essere del tutto accantonato e un cambiamento che stenta ad affermarsi e ciò non può che provocare tensione. Potremmo definirlo un momento di passaggio, di riconsiderazione, di transizione, in cui c'è timore di fare un passo più deciso in avanti tenendo comunque conto che siamo obbligati a cambiare».
Dai forti momenti di tensione in piena estate sotto Palazzo di Città, alla cosiddetta rivolta dei forconi. Cosa pensa di questi momenti critici vissuti dalla città nel 2013? Come analizza le diverse situazioni?
«Sono momenti di tensione di disagio sociale, li ho considerati tali e mi sono confrontato con loro tramite questo approccio e questo spirito, mantenendo fermo il principio del rispetto delle regole e della legalità. Anche nei momenti in cui sono stato "sotto tiro" non ho rinunciato al confronto ma al tempo stesso ho chiesto il rispetto della legalità. Le soluzioni debbono essere trovate, lo sviluppo degli eventi ha poi dimostrato che la violenza, l'imposizione, vanno più ad alienare che a conquistare consensi e solo con il consenso si possono risolvere i problemi».
Ai partiti che hanno lamentato in questi mesi mancanza di condivisione delle scelte, lei cosa risponde?
«La partecipazione non è mai a senso unico, si partecipa a qualcosa che appartiene al proprio modo di essere. Chiedo ai partiti contributi di partecipazione che io possa condividere e che insieme si possa condividere. Ritengo però che a volte ci siano difficoltà di comprensione, persino aspettative diverse ma conto che si possa arrivare a comprendersi reciprocamente».
La sua maggioranza ha superato la prova del bilancio non senza difficoltà e fibrillazioni come nel caso di sinistra unita e scelta civica, ed in generale di tutta la coalizione. E' in programma un rimpasto di governo?
«Il rimpasto della giunta lo escludo, non ne vedo la ragione. Ciò non significa che non ci possono essere aggiustamenti o interventi. Di rimpasto si è parlato sin dal primo giorno. Se una o più forze politiche ne sentono la necessità, possono esporre le proprie ragioni e ci potremo confrontare. Se una forza politica ritiene che la propria rappresentanza sia problematica io ne terrò conto e mi aspetto da questa forza che rispetti a sua volta i criteri che sin dall'inizio avevo espresso, ovvero la presentazione di una rosa di nomi con competenze particolari di cui poter tenere conto. Non escludo che questo possa accadere, anzi qualcuno l'ha già messa in campo. Altra cosa è mettere in discussione la natura e il carattere complessivo della giunta: in quel caso il problema riguarderebbe me come sindaco. Non cambierà l'equilibrio tra la rappresentanza dei partiti e quella politico sociale della città, cambiare questo equilibrio apparterrebbe a logiche politiche vecchie che non sono le mie».
Ha mai pensato ad una possibile "via politica" di fuga, nazionale o europea, nel caso in cui la città ripiombasse per l'ennesima volta in una forte crisi politica?
«No, nella maniera più assoluta. Ho pensato di essere sempre conseguente fino in fondo. Non ho interessi in gioco, non ho interessi politici, personali o economici. Ho soltanto in gioco un sentimento, un legame personale con questa città, un senso del dovere nel voler restituire a questa città ciò che mi ha consentito di fare ed avere. Affronterei la crisi con lealtà, spirito di verità e coerenza, fare questo è quello che serve alla città».
L'immagine di un sindaco con le valigie pronte, quindi non le appartiene?
«No, ma sono un sindaco che, nel caso, non avrebbe problemi a farsi le valigie».
Prossimamente online, la seconda parte dell'intervista.