Viva
Barletta, barlettani e immigrati
Usi e costumi tra giudizi e pregiudizi. Spunti e riflessioni da ciò che avveniva tra le mura domestiche di una famiglia marocchina
Barletta - giovedì 13 maggio 2010
Basta che la notizia abbia connotati diversi, nazionalità diversa, e colore diverso, ed ecco che vergogne che per noi passano quasi inosservate, perchè magari fanno parte della nostra quotidianità se non della nostra cultura, diventano nel caso di altri fattacci di cui indignarsi, utili a far scaturire pregiudizi dal retrogusto di razzismo. Anche se la tragedia impazza tra le strade di Andria, l'eco di quello che è stato in meno che non si dica è giunto nei paesi limitrofi della sesta provincia, Barletta compreso.
A far riflettere, è quanto accaduto all'interno delle quattro mura di una famiglia marocchina residente ad Andria, protagonisti della vicenda sono un padre - padrone di 46 anni (giunto in Italia circa vent'anni) e la sua famiglia, e nello specifico i suoi due figli, una giovane di vent'anni e suo figlio adolescente di sedici anni. Scene ordinarie di vita quotidiana, solo che questa volta il finale ha decisamente un finale diverso, il ragazzo riesce a scappare e corre casa per casa per lanciare l'allarme, mentre la madre si era barricata in camera da letto. La ragazza di vent'anni invece, non ce la fa a sfuggire alla furia del padre, il quale parte con il solito pestaggio, la afferra per i capelli e la picchia selvaggiamente: calci e pugni, insomma la punizione quotidiana inflitta per il suo stile di vita ritenuto troppo moderno e occidentale, un autentico pestaggio innescato tra l'altro dal sospetto che frequentasse ancora un ragazzo italiano.
Poi l'intervento fulmineo dei Carabinieri e quel attimo infernale lungo una vita finisce, segue il ricovero in ospedale, dove viene constatato per fortuna che non ha riportato gravi ferite, ma le ferite più grandi e forse inguaribili stanno nel racconto che successivamente la ragazza fa ai militari, un racconto carico di terrore che da tempo si respirava in quell'appartamento di Andria. La rabbia era lievitata dopo la scoperta, che la ragazza aveva un fidanzato italiano, un coetaneo: ci furono botte, intimidazioni, fu costretta a lasciarlo, ma anche il figlio sedicenne era finito nel mirino del padre, il motivo: portava un orecchino.
La presenza di extracomunitari è molto folta nella sesta provincia pugliese, e nello specifico nella città della Disfida. Alcuni lavorano dietro al banco di una pizzeria, altri lavorano nei campi come braccianti, impiegati nella raccolta di pomodori e olive. Nello specifico l'uomo arrestato ad Andria era riuscito a trovare un posto in una tipografia, e la famiglia sembrava perfettamente integrata: il figlio andava regolarmente a scuola, la figlia conduceva una vita tranquilla e lavorava come commessa, tutta apparenza visto che tra le mura di casa vigeva la legge del terrore imposta dal padre, una legge fatta di urla, minacce e pestaggi.
Quanto accaduto però può portare a porre inevitabilmente delle domande, ricercando magari risposte scontate ma che possono portare in un unica direzione, o meglio verso il pregiudizio. E lo percepisci sentendo i discorsi della gente, mentre dall'altra parte c'è chi rivendica la propria normalità nonchè lo status di bravo padre o brava madre. Perchè poi capita che non c'è bisogno di andare a cercare risposte, perchè tutto è chiaro in quello che si vede nella vita di tutti i giorni, e che sta lì dinanzi ai nostri occhi senza bisogno di interpretazioni. Magari potrei raccontarvi di Aicha e Omar rispettivamente di nove e dieci anni, figli di immigrati algerini, suo padre è a Barletta da circa quindici anni, mai un giorno a bighellonare tra le vie del corso, o a stagnare a Piazza Roma per tutto il giorno, sui loro visi quel sorriso contagioso che magari ti aggiusta una giornata iniziata male. Magari è facile dire che può essere apparenza, ma il dolore tal volta lo percepisci anche da un sorriso dal retrogusto amaro, o da occhi il cui sguardo si perde chissà dove.
Potrei raccontarvi delle grida di una mamma che arrivano da un appartamento ubicato in una palazzina nella zona dei Sette Frati, potrei raccontarvi delle bestemmie con cui questa signora che magari si definisce mamma, apostrofa i suoi figli. Stando a quanto si apprende dalle voci di quartiere tra l'altro, pare pure che i maltrattamenti non finiscono là, si racconta di corde con cui questa lega i suoi due gemelli al seggiolone, non è ne algerina ne marocchina, è italiana, anzi è barlettana. Potrei ricordare di epoche non tanto lontane fatte di proibizioni e costrizioni, non eravamo algerini o marocchini, non eravamo ne islamici e ne buddisti, eravamo forse troppo barlettani. Eravamo troppo barlettani quando i padri costringevano le loro figlie appena fidanzate ad uscire con le sorelle più piccole, eravamo troppo barlettani quando i padri vietavano le loro figle di mettersi non la minigonna o chissà quale corpetto tale da istigare pensieri ambigui, ma una casta innocente gonna che arrivava fin sotto le ginocchia.
Siamo troppo barlettani se non troppo italiani, se una figlia o una sorella, un giorno la vediamo passeggiare mano nella mano, con qualcuno che si fa notare per alcuni dettagli legati al colore e alla sua cultura. E siamo fin troppo barlettani quando ignoriamo l'esistenza dei maltrattamenti tra le mura domestiche delle case dei nostri quartieri, magari prendendo un caffè al bar senti qualcuno che si definisce uomo, vantarsi davanti ai propri amici di essere lui quello che porta i pantaloni in casa, e lo fa senza lasciare scampo all'immaginazione, attraverso crudi quanto vergognosi dettagli, fatti che meritano di essere raccontati solo se hanno un colore, fatti che meritano di essere raccontati solo se protagonisti sono i figli di un altro Dio.
A far riflettere, è quanto accaduto all'interno delle quattro mura di una famiglia marocchina residente ad Andria, protagonisti della vicenda sono un padre - padrone di 46 anni (giunto in Italia circa vent'anni) e la sua famiglia, e nello specifico i suoi due figli, una giovane di vent'anni e suo figlio adolescente di sedici anni. Scene ordinarie di vita quotidiana, solo che questa volta il finale ha decisamente un finale diverso, il ragazzo riesce a scappare e corre casa per casa per lanciare l'allarme, mentre la madre si era barricata in camera da letto. La ragazza di vent'anni invece, non ce la fa a sfuggire alla furia del padre, il quale parte con il solito pestaggio, la afferra per i capelli e la picchia selvaggiamente: calci e pugni, insomma la punizione quotidiana inflitta per il suo stile di vita ritenuto troppo moderno e occidentale, un autentico pestaggio innescato tra l'altro dal sospetto che frequentasse ancora un ragazzo italiano.
Poi l'intervento fulmineo dei Carabinieri e quel attimo infernale lungo una vita finisce, segue il ricovero in ospedale, dove viene constatato per fortuna che non ha riportato gravi ferite, ma le ferite più grandi e forse inguaribili stanno nel racconto che successivamente la ragazza fa ai militari, un racconto carico di terrore che da tempo si respirava in quell'appartamento di Andria. La rabbia era lievitata dopo la scoperta, che la ragazza aveva un fidanzato italiano, un coetaneo: ci furono botte, intimidazioni, fu costretta a lasciarlo, ma anche il figlio sedicenne era finito nel mirino del padre, il motivo: portava un orecchino.
La presenza di extracomunitari è molto folta nella sesta provincia pugliese, e nello specifico nella città della Disfida. Alcuni lavorano dietro al banco di una pizzeria, altri lavorano nei campi come braccianti, impiegati nella raccolta di pomodori e olive. Nello specifico l'uomo arrestato ad Andria era riuscito a trovare un posto in una tipografia, e la famiglia sembrava perfettamente integrata: il figlio andava regolarmente a scuola, la figlia conduceva una vita tranquilla e lavorava come commessa, tutta apparenza visto che tra le mura di casa vigeva la legge del terrore imposta dal padre, una legge fatta di urla, minacce e pestaggi.
Quanto accaduto però può portare a porre inevitabilmente delle domande, ricercando magari risposte scontate ma che possono portare in un unica direzione, o meglio verso il pregiudizio. E lo percepisci sentendo i discorsi della gente, mentre dall'altra parte c'è chi rivendica la propria normalità nonchè lo status di bravo padre o brava madre. Perchè poi capita che non c'è bisogno di andare a cercare risposte, perchè tutto è chiaro in quello che si vede nella vita di tutti i giorni, e che sta lì dinanzi ai nostri occhi senza bisogno di interpretazioni. Magari potrei raccontarvi di Aicha e Omar rispettivamente di nove e dieci anni, figli di immigrati algerini, suo padre è a Barletta da circa quindici anni, mai un giorno a bighellonare tra le vie del corso, o a stagnare a Piazza Roma per tutto il giorno, sui loro visi quel sorriso contagioso che magari ti aggiusta una giornata iniziata male. Magari è facile dire che può essere apparenza, ma il dolore tal volta lo percepisci anche da un sorriso dal retrogusto amaro, o da occhi il cui sguardo si perde chissà dove.
Potrei raccontarvi delle grida di una mamma che arrivano da un appartamento ubicato in una palazzina nella zona dei Sette Frati, potrei raccontarvi delle bestemmie con cui questa signora che magari si definisce mamma, apostrofa i suoi figli. Stando a quanto si apprende dalle voci di quartiere tra l'altro, pare pure che i maltrattamenti non finiscono là, si racconta di corde con cui questa lega i suoi due gemelli al seggiolone, non è ne algerina ne marocchina, è italiana, anzi è barlettana. Potrei ricordare di epoche non tanto lontane fatte di proibizioni e costrizioni, non eravamo algerini o marocchini, non eravamo ne islamici e ne buddisti, eravamo forse troppo barlettani. Eravamo troppo barlettani quando i padri costringevano le loro figlie appena fidanzate ad uscire con le sorelle più piccole, eravamo troppo barlettani quando i padri vietavano le loro figle di mettersi non la minigonna o chissà quale corpetto tale da istigare pensieri ambigui, ma una casta innocente gonna che arrivava fin sotto le ginocchia.
Siamo troppo barlettani se non troppo italiani, se una figlia o una sorella, un giorno la vediamo passeggiare mano nella mano, con qualcuno che si fa notare per alcuni dettagli legati al colore e alla sua cultura. E siamo fin troppo barlettani quando ignoriamo l'esistenza dei maltrattamenti tra le mura domestiche delle case dei nostri quartieri, magari prendendo un caffè al bar senti qualcuno che si definisce uomo, vantarsi davanti ai propri amici di essere lui quello che porta i pantaloni in casa, e lo fa senza lasciare scampo all'immaginazione, attraverso crudi quanto vergognosi dettagli, fatti che meritano di essere raccontati solo se hanno un colore, fatti che meritano di essere raccontati solo se protagonisti sono i figli di un altro Dio.