Scuola e Lavoro
Barletta, storie di realtà invisibili
Vite rovinate dagli incidenti sul lavoro e dalla burocrazia. Queste storie devono insegnarci qualcosa
Barletta - martedì 18 maggio 2010
L'articolo pubblicato qualche settimana fa dalla nostra redazione in merito alla discriminazione sui luoghi di lavoro da parte delle categorie protette inizia a farsi strada, ed incontra lungo il cammino troppe e tante persone che in esso purtroppo si riconoscono.
In meno che non si dica prendono forma e consistenza racconti di gente, che tra le stanze dove staziona la burocrazia, sembrano essere fantasmi che ballano. Storie che per i palazzi di potere sono solo leggi e numeri. Storie che si perdono tra le carte bollate e le carte intestate. Storie che ignorano le situazioni di grave disagio che le famiglie sono costrette ad affrontare, tal volta anche per via di incidenti accorsi sul posto di lavoro, o magari per malanni scaturiti per via di lavori usuranti.
La storia di Mariano da noi pubblicata la scorsa settimana oltre ad essere diventata l'emblema dell'ingiustizia della burocrazia, ha fatto da apripista a tutta una serie di storie che meritano di essere raccontate, un pò per capire cosa potrebbe aspettarci nel caso un giorno un Dio beffardo decida di giocarci qualche brutto tiro, e un pò perché a quanto pare giustizia e diritti hanno troppo spesso nomi e cognomi, è fatta per pochi e per gli amici di qualcuno potente, ad altri invece toccano gli avanzi anche perché i problemi di Barletta non sono solo quelli legati alla sede legale della sesta provincia o alla questione 167. Barletta tal volta ha anche un volto carico di disperazione per via delle numerose famiglie che vivono nel dramma della disoccupazione; storie non impossibili da reperire: basta cercare tra i vicoli e le strade, basta una chiacchierata così come nel nostro caso con i nostri due amici Raffaele e Teodoro sulla scalinate del Teatro Curci, altre purtroppo se ne stanno nascoste tra le quattro mura di ogni casa barlettana.
Racconti che potrebbero cominciare con c'era una volta, sullo sfondo, una Barletta invasa in un lungo e largo da maglierie e calzaturifici, a voltarsi indietro poi, i ricordi non sono neanche cosi tanto sbiaditi.
C'era una volta appunto, c'era una volta una vita normale, e c'era una volta un lavoro, dove naturalmente, come ben sappiamo la parola lavoro specie dalle nostre parti tal volta può evocare sinistri presagi, perché andare a lavorare nelle nostre fabbriche (le poche ancora in vita) significa andare su veri e propri campi da guerra, significa uscire la mattina di casa e mettere in conto che quella potrebbe essere l'ultima, o nella migliore delle ipotesi considerare che qualcosa ti potrebbe succedere.
Basta un istante per rivedere quello scorcio di vita che gli ha stravolto l'esistenza, perché a Raffaele operaio in un calzaturificio ubicato in Via Trani in quella mattina del 2005 un brutto incidente ha stravolto completamente la vita.
Più o meno sappiamo tutti come funzionano i calzaturifici della nostra città, fatti di lunghe quanto complicate giostre, e operai che come robot in maniera ordinata eseguono il proprio lavoro. Già Raffaele proprio come un robot svolgeva il suo lavoro sulla sua giostra, poi qualcosa va come non deve andare nei meccanismi della macchina, e Raffaele perde l'indice destro.
Da li in poi per Raffaele inizia una lunga via crucis fatta di ospedali e visite mediche, tutto inizia con l'intervento chirurgico eseguito presso il Policlinico di Bari dove si tenta in un primo momento di evitare di amputare il dito, successivamente con il sopraggiungere della cancrena, i camici bianchi si vedono costretti però ad amputarglielo. Poi cosi come accade in queste circostanze, inizia a piovere sul bagnato, perché la ditta presso cui lavorava dopo qualche anno chiude per cessazione di attività, il tutto mentre Raffaele darà vita ad una lunga battaglia contro gli enti preposti per vedersi riconosciuti i diritti. Nel frattempo inizia una vita fatta di tante e troppe limitazioni, infatti Raffaele privo di un dito può fare poco o niente, immedesimarsi in lui se si prova ad appendere seppur un quadro, oppure prendere oggetti pesanti, e quindi svolgere una qualsiasi attività lavorativa. O magari immedesimarsi per un momento di essere datori di lavoro, prendereste mai alle vostre dipendenze un uomo di 45 anni privo di un dito e quindi limitato nello svolgimento dell'attività lavorativa?
Infatti Raffaele dopo aver comunque ricevuto un indennizzo per l'infortunio, ad oggi sta combattendo una dura battaglia per farsi riconoscere anche un minimo di sussidio mensile tale da potergli permettere lo svolgersi di una vita dignitosa, in quanto per gli enti preposti il suo sarà pure un handicap di chissà quale percentuale, ma allo stato di fatto Raffaele è in una situazione che non gli permette il regolare svolgersi dell'attività lavorativa.
Al momento quel che resta è un lungo peregrinare qua e là tra medici e specialisti, tra silenzi e compromessi pagati con qualche banconota di troppo da cento euro.
Non meno sfortunata è anche la situazione che si ritrova a vivere Teodoro, operaio metalmeccanico. Assunto da un impresa operante nel campo dell'impiantistica idraulica qualche anno fa con un contratto a tre mesi. La vicenda accade durante una lunga trasferta per Bologna dove la sfortuna vuole che un incidente stradale gli sbarri la strada prima dell'arrivo a destinazione. Un incidente che seppur non provoca gravissime conseguenze, provoca a Teodoro comunque problemi alla gamba destra, un problema che allo stato attuale non gli permette di svolgere nessuna attività lavorativa, anche nel suo caso, la burocrazia finge di non sapere dové il problema, riconducendo tutto a leggi e normative.
Teodoro e Raffaele, due storie diverse nella forma ma uguali nella sostanza, una vita compromessa dagli incidenti sul lavoro e che ora faticano a rimetterla sui binari giusti. Ci sono le leggi, tante e forse troppe, ci sono gli uomini con i diritti e i doveri, ci sono storie che nei palazzi dove si detiene il potere nessuno ascolta, perché a volte si è figli di nessuno, neanche di un Dio malvagio che finge troppe volte di non vederti.
In meno che non si dica prendono forma e consistenza racconti di gente, che tra le stanze dove staziona la burocrazia, sembrano essere fantasmi che ballano. Storie che per i palazzi di potere sono solo leggi e numeri. Storie che si perdono tra le carte bollate e le carte intestate. Storie che ignorano le situazioni di grave disagio che le famiglie sono costrette ad affrontare, tal volta anche per via di incidenti accorsi sul posto di lavoro, o magari per malanni scaturiti per via di lavori usuranti.
La storia di Mariano da noi pubblicata la scorsa settimana oltre ad essere diventata l'emblema dell'ingiustizia della burocrazia, ha fatto da apripista a tutta una serie di storie che meritano di essere raccontate, un pò per capire cosa potrebbe aspettarci nel caso un giorno un Dio beffardo decida di giocarci qualche brutto tiro, e un pò perché a quanto pare giustizia e diritti hanno troppo spesso nomi e cognomi, è fatta per pochi e per gli amici di qualcuno potente, ad altri invece toccano gli avanzi anche perché i problemi di Barletta non sono solo quelli legati alla sede legale della sesta provincia o alla questione 167. Barletta tal volta ha anche un volto carico di disperazione per via delle numerose famiglie che vivono nel dramma della disoccupazione; storie non impossibili da reperire: basta cercare tra i vicoli e le strade, basta una chiacchierata così come nel nostro caso con i nostri due amici Raffaele e Teodoro sulla scalinate del Teatro Curci, altre purtroppo se ne stanno nascoste tra le quattro mura di ogni casa barlettana.
Racconti che potrebbero cominciare con c'era una volta, sullo sfondo, una Barletta invasa in un lungo e largo da maglierie e calzaturifici, a voltarsi indietro poi, i ricordi non sono neanche cosi tanto sbiaditi.
C'era una volta appunto, c'era una volta una vita normale, e c'era una volta un lavoro, dove naturalmente, come ben sappiamo la parola lavoro specie dalle nostre parti tal volta può evocare sinistri presagi, perché andare a lavorare nelle nostre fabbriche (le poche ancora in vita) significa andare su veri e propri campi da guerra, significa uscire la mattina di casa e mettere in conto che quella potrebbe essere l'ultima, o nella migliore delle ipotesi considerare che qualcosa ti potrebbe succedere.
Basta un istante per rivedere quello scorcio di vita che gli ha stravolto l'esistenza, perché a Raffaele operaio in un calzaturificio ubicato in Via Trani in quella mattina del 2005 un brutto incidente ha stravolto completamente la vita.
Più o meno sappiamo tutti come funzionano i calzaturifici della nostra città, fatti di lunghe quanto complicate giostre, e operai che come robot in maniera ordinata eseguono il proprio lavoro. Già Raffaele proprio come un robot svolgeva il suo lavoro sulla sua giostra, poi qualcosa va come non deve andare nei meccanismi della macchina, e Raffaele perde l'indice destro.
Da li in poi per Raffaele inizia una lunga via crucis fatta di ospedali e visite mediche, tutto inizia con l'intervento chirurgico eseguito presso il Policlinico di Bari dove si tenta in un primo momento di evitare di amputare il dito, successivamente con il sopraggiungere della cancrena, i camici bianchi si vedono costretti però ad amputarglielo. Poi cosi come accade in queste circostanze, inizia a piovere sul bagnato, perché la ditta presso cui lavorava dopo qualche anno chiude per cessazione di attività, il tutto mentre Raffaele darà vita ad una lunga battaglia contro gli enti preposti per vedersi riconosciuti i diritti. Nel frattempo inizia una vita fatta di tante e troppe limitazioni, infatti Raffaele privo di un dito può fare poco o niente, immedesimarsi in lui se si prova ad appendere seppur un quadro, oppure prendere oggetti pesanti, e quindi svolgere una qualsiasi attività lavorativa. O magari immedesimarsi per un momento di essere datori di lavoro, prendereste mai alle vostre dipendenze un uomo di 45 anni privo di un dito e quindi limitato nello svolgimento dell'attività lavorativa?
Infatti Raffaele dopo aver comunque ricevuto un indennizzo per l'infortunio, ad oggi sta combattendo una dura battaglia per farsi riconoscere anche un minimo di sussidio mensile tale da potergli permettere lo svolgersi di una vita dignitosa, in quanto per gli enti preposti il suo sarà pure un handicap di chissà quale percentuale, ma allo stato di fatto Raffaele è in una situazione che non gli permette il regolare svolgersi dell'attività lavorativa.
Al momento quel che resta è un lungo peregrinare qua e là tra medici e specialisti, tra silenzi e compromessi pagati con qualche banconota di troppo da cento euro.
Non meno sfortunata è anche la situazione che si ritrova a vivere Teodoro, operaio metalmeccanico. Assunto da un impresa operante nel campo dell'impiantistica idraulica qualche anno fa con un contratto a tre mesi. La vicenda accade durante una lunga trasferta per Bologna dove la sfortuna vuole che un incidente stradale gli sbarri la strada prima dell'arrivo a destinazione. Un incidente che seppur non provoca gravissime conseguenze, provoca a Teodoro comunque problemi alla gamba destra, un problema che allo stato attuale non gli permette di svolgere nessuna attività lavorativa, anche nel suo caso, la burocrazia finge di non sapere dové il problema, riconducendo tutto a leggi e normative.
Teodoro e Raffaele, due storie diverse nella forma ma uguali nella sostanza, una vita compromessa dagli incidenti sul lavoro e che ora faticano a rimetterla sui binari giusti. Ci sono le leggi, tante e forse troppe, ci sono gli uomini con i diritti e i doveri, ci sono storie che nei palazzi dove si detiene il potere nessuno ascolta, perché a volte si è figli di nessuno, neanche di un Dio malvagio che finge troppe volte di non vederti.