La città
Barletta come Verona? Le concessioni possono essere speculazioni
Servono regole più chiare su alienazioni e valorizzazioni
Barletta - lunedì 27 gennaio 2014
Realismo o realtà? È proprio questo che bisogna chiedersi facendosi letteralmente i conti, nelle più ampie tasche, comunque dei cittadini, che sono le casse comunali, o comunque delle istituzioni a qualunque livello. Bisogna chiedersi quale sia il valore della cultura, della bellezza, quanto importante sia il senso di appartenenza ai luoghi.
Per poter ragionare, e si spera discutere, sul valore delle scelte che le Amministrazioni, a volte più a volte meno volentieri, devono compiere, vogliamo partire dal racconto di una polemica scoppiata a circa 800 Km di distanza da Barletta, nella civilissima Verona, dove 'regna' il più famoso sindaco leghista, Flavio Tosi. La querelle riguarda lo straordinario arsenale asburgico, di metà Ottocento, patrimonio Unesco, struttura utilizzata per scopi militari fino al 1994. Poi affidata al Comune ha iniziato la sua decadenza e abbandono, oggi non più agibile per una buona parte.
Bisogna anche dire che nel frattempo gli Enti locali se la passano sempre peggio, sono stati inventati i Patti di Stabilità, terribile mannaia per tutti gli amministratori locali, è intervenuto un non proprio equo federalismo demaniale, buono nei principi ma ha lasciato patate bollenti continuando ad impoverire gli enti locali. Tosi ha pensato bene, come sono stati invitati a fare molti sindaci italiani, di alienare l'arsenale di Verona a dei privati, concedendolo per 99 anni. La decisione ha conosciuto molte proteste, di chi vuole salva la storia e l'identità di un luogo, di chi vuole salvare il paesaggio da una, seppur mascherata, speculazione, da parte di chi si barrica dietro il sacrosanto termine (anche giuridico) di 'bene comune'. In primis ha sollevato la questione di Verona il prof. Salvatore Settis, già rettore della Normale di Pisa, archeologo e storico dell'arte, sulle pagine di Repubblica nei giorni scorsi, accusando Tosi.
In scala, anche Barletta ha preparato una sua lista di beni da valorizzare e da alienare. In queste liste ci sono anche beni di valore storico-artistico come l'ex convento S. Andrea piuttosto che l'ex convento S. Lucia e altri. Tutti concedibili a privati per cinquant'anni gratuitamente, sempre che questi s'impegnino per il loro recupero e relativa rivalutazione del luogo. «Piuttosto che tenere questi immobili lasciati al degrado e all'incuria mi piacerebbe fossero utilizzati», così il sindaco Cascella in un'intervista d'inizio d'anno a Barlettalife rispondendo sull'argomento in questione, « Mi piacerebbe che ci fosse un albergo storico nel convento di Sant'Andrea come ce ne sono in tutta Italia, un'operazione di questo genere aiuterebbe il recupero di una grande area». Posto che vi sono delle chiare norme di legge che tutelano i beni storici e la loro destinazione d'uso, ma forse ciò non è sufficiente.
Le proteste si sono fatte sentire anche subito, ma con ciò non ci si vuole opporre in maniera assoluta ad una struttura di ricezione turistica in uno spazio comunale. Probabilmente sono necessarie regole più definite da parte degli amministratori, avendo comunque ben chiare le buone intenzioni di questa scelta.
Anche Settis ha suggerito che magari le soluzioni per le valorizzazioni potrebbero rintracciarsi altrove come l'adeguato sfruttamento dei finanziamenti europei, che in Italia non sappiamo proprio usare, o nelle sponsorizzazioni. Certo il realismo e la freddezza dei ragionamenti economici ci dicono altro, ma la realtà è anche quella che indica una forte domanda di cultura nelle nostre città, di spazi per essa, per la socialità che vuole vivere nel rispetto delle identità territoriali, preservando al meglio quegli spazi urbani della nostra cultura e memoria.
È necessario difendere i beni comuni dalla speculazione presente e futura.
Per poter ragionare, e si spera discutere, sul valore delle scelte che le Amministrazioni, a volte più a volte meno volentieri, devono compiere, vogliamo partire dal racconto di una polemica scoppiata a circa 800 Km di distanza da Barletta, nella civilissima Verona, dove 'regna' il più famoso sindaco leghista, Flavio Tosi. La querelle riguarda lo straordinario arsenale asburgico, di metà Ottocento, patrimonio Unesco, struttura utilizzata per scopi militari fino al 1994. Poi affidata al Comune ha iniziato la sua decadenza e abbandono, oggi non più agibile per una buona parte.
Bisogna anche dire che nel frattempo gli Enti locali se la passano sempre peggio, sono stati inventati i Patti di Stabilità, terribile mannaia per tutti gli amministratori locali, è intervenuto un non proprio equo federalismo demaniale, buono nei principi ma ha lasciato patate bollenti continuando ad impoverire gli enti locali. Tosi ha pensato bene, come sono stati invitati a fare molti sindaci italiani, di alienare l'arsenale di Verona a dei privati, concedendolo per 99 anni. La decisione ha conosciuto molte proteste, di chi vuole salva la storia e l'identità di un luogo, di chi vuole salvare il paesaggio da una, seppur mascherata, speculazione, da parte di chi si barrica dietro il sacrosanto termine (anche giuridico) di 'bene comune'. In primis ha sollevato la questione di Verona il prof. Salvatore Settis, già rettore della Normale di Pisa, archeologo e storico dell'arte, sulle pagine di Repubblica nei giorni scorsi, accusando Tosi.
In scala, anche Barletta ha preparato una sua lista di beni da valorizzare e da alienare. In queste liste ci sono anche beni di valore storico-artistico come l'ex convento S. Andrea piuttosto che l'ex convento S. Lucia e altri. Tutti concedibili a privati per cinquant'anni gratuitamente, sempre che questi s'impegnino per il loro recupero e relativa rivalutazione del luogo. «Piuttosto che tenere questi immobili lasciati al degrado e all'incuria mi piacerebbe fossero utilizzati», così il sindaco Cascella in un'intervista d'inizio d'anno a Barlettalife rispondendo sull'argomento in questione, « Mi piacerebbe che ci fosse un albergo storico nel convento di Sant'Andrea come ce ne sono in tutta Italia, un'operazione di questo genere aiuterebbe il recupero di una grande area». Posto che vi sono delle chiare norme di legge che tutelano i beni storici e la loro destinazione d'uso, ma forse ciò non è sufficiente.
Le proteste si sono fatte sentire anche subito, ma con ciò non ci si vuole opporre in maniera assoluta ad una struttura di ricezione turistica in uno spazio comunale. Probabilmente sono necessarie regole più definite da parte degli amministratori, avendo comunque ben chiare le buone intenzioni di questa scelta.
Anche Settis ha suggerito che magari le soluzioni per le valorizzazioni potrebbero rintracciarsi altrove come l'adeguato sfruttamento dei finanziamenti europei, che in Italia non sappiamo proprio usare, o nelle sponsorizzazioni. Certo il realismo e la freddezza dei ragionamenti economici ci dicono altro, ma la realtà è anche quella che indica una forte domanda di cultura nelle nostre città, di spazi per essa, per la socialità che vuole vivere nel rispetto delle identità territoriali, preservando al meglio quegli spazi urbani della nostra cultura e memoria.
È necessario difendere i beni comuni dalla speculazione presente e futura.