Vincenza Conteduca
Vincenza Conteduca
Scuola e Lavoro

Ancora un premio per Vincenza Conteduca, ricercatrice di Barletta: «Mai arrendersi»

«Occorre creare una società basata sulla meritocrazia», per lei un nuovo riconoscimento prestigioso

«Ogni grande progresso scientifico è scaturito da una nuova audacia dell'immaginazione». Questa frase di John Dewey, se coniugata alla più recente attualità, racconta bene l'impegno e la tenacia di una ricercatrice di Barletta, Vincenza Conteduca, che viene di nuovo riconosciuta come eccellenza nel mondo.

Originaria di Barletta, professionista dell'IRST - Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori, impegnata anche alla Weill Cornell Medicine di New York, è stata insignita per il secondo anno consecutivo del Merit Award nel corso dell'ASCO Annual Meeting di Chicago. Grazie al suo studio sui biomarcatori nel tumore alla prostata ha ricevuto la menzione tra i ricercatori più promettenti del mondo anche nel 2018.

Dopo la nostra intervista realizzata ad ottobre 2017, torniamo ad esprimere tutte le nostre felicitazioni per il secondo Merit Award a lei assegnato. Un riconoscimento che conferma il suo talento e il suo impegno: rispetto allo scorso anno com'è proseguita la sua ricerca?
«Il progetto premiato di recente nel congresso internazionale di oncologia a Chicago rappresenta la continuazione del lavoro iniziato negli anni precedenti. Nello specifico, ho proseguito l'analisi dei campioni di sangue dei pazienti affetti da carcinoma della prostata, questa volta pero' trattati con la chemioterapia, piuttosto che con la terapia ormonale. L'attuale lavoro, pertanto, ha permesso di avere un'immagine globale delle opzioni terapeutiche nel tumore della prostata, usando l'alterazione genetica del recettore degli androgeni identificata nel sangue quale biomarcatore selettivo per una terapia sempre più personalizzata».

Anche nel mondo della ricerca scientifica i grandi risultati spesso nascono da grandi collaborazioni. In che modo è stata supportata nel suo lavoro?
«Non esistono grandi ricerche senza grosse collaborazioni, soprattutto internazionali. Nella mia esperienza, il team di Londra, guidato dal Prof. Attard, ha contribuito a fornirmi le basi in termini di supporto economico ed aiuto concreto con gli esperimenti di laboratorio. Inoltre, nel corso dello studio, abbiamo esteso la cooperazione a ben 18 Istituti spagnoli in modo da validare i nostri risultati in altri Paesi, rendendo in questa maniera le scoperte ottenute più attendibili e riproducibili. Attualmente, inoltre, ho avuto anche la grande possibilità di allargare oltreoceano gli orizzonti della mia ricerca, utilizzando le grandi potenzialità degli Stati Uniti e, precisamente, della Weill Cornell Medicine di New York».

Oltre all'indubbia soddisfazione personale, un premio del genere rappresenta anche un'attestazione di stima da parte della comunità scientifica. Quale motivazione la spinge a impegnarsi giorno dopo giorno?
«I riconoscimenti a livello internazionale fanno naturalmente molto piacere e sono soprattutto molto gratificanti, ma non rappresentano la cosa principale che mi mi spinge ogni giorno a fare il mio lavoro di ricercatrice con dedizione. Ammetto con sincerità che il vero "motore" della mia vita lavorativa e' la grande passione per la ricerca e, soprattutto, la speranza di poter contribuire, nel mio piccolo, a migliorare lo scenario di una malattia ancora oggi non del tutto chiara, particolarmente dal punto di vista genetico».

Lavorare per il bene del prossimo è una missione che cambia la vita. Quali consigli vorrebbe dare ai giovani ricercatori come lei o comunque a quanti vogliono dedicare la propria vita a una missione altruista e impegnativa come la sua?
«Un unico consiglio: non arrendersi mai, nonostante le tante difficoltà, invidie, ingiustizie che il mondo lavorativo inevitabilmente presenta. Io sono fiduciosa che proprio le nuove generazioni potranno cambiare la mentalità del nostro Paese, a mio avviso, ancora troppo indietro da questo punto vista rispetto agli altri Paesi con cui mi sono confrontata nel corso degli anni. Occorre creare una Società che punti sempre più alla meritocrazia in termini di riconoscimento e valorizzazione delle abilità dimostrate e dei talenti in ciascun campo lavorativo».
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