Cronaca
Accoltellato a Barletta, l'imbarbarimento nelle dinamiche relazionali dei giovani
La nota del presidente dell'Ordine degli Psicologi della Puglia, Vincenzo Gesualdo
Barletta - domenica 31 ottobre 2021
11.49 Comunicato Stampa
«Un evento atroce per l'intera comunità, non solo per la famiglia e gli amici di Claudio. Aggressività e rabbia, la delirante volontà omicida, sono le sfumature del fallimento sul quale bisogna riflettere e costruire un percorso di riqualificazione umana, psichica e sociale». Così il presidente dell'Ordine degli Psicologi della Puglia, Vincenzo Gesualdo, commenta, la morte di Claudio Lasala, inseguito e colpito da una coltellata all'addome dopo una lite verbale nella movida barlettana. Il ragazzo, 24 anni, incensurato, è morto in ospedale dopo i disperati tentativi dei medici di salvargli la vita.
«Siamo dinanzi ad un altro episodio che si aggiunge alla lunga striscia di cronache nazionali e locali che ci parla di vite spezzate per futili motivi. Ci sono dinamiche preoccupanti che ci parlano di sociopatia relazionale, incapacità di riconoscere la propria identità ed il contesto nel quale questa agisce. Chi impone con la propria azione omicida la fine dell'esistenza dell'altro è un soggetto con gravi carenze strutturali, non riconosce capacità di interazione ma si abbandona all'atto violento per imporre il proprio io», continua Gesualdo.
«Siamo in una società liquida e le relazioni liquide hanno reso tutti più soli ed isolati, in una sorta di "delirio narcisistico dell'Io" mortificando i sentimenti di appartenenza e di comunità. Non siamo in un gioco e non ci sono altre vite per ripetere il livello, siamo responsabili di parole e azioni che compiamo, nei confronti di noi stessi e dell'altro. L'omicidio di Claudio pone una riflessione sull'imbarbarimento che dilaga nelle dinamiche relazionali dei giovani e giovanissimi delle nostre comunità».
Il presidente dell'Ordine invita tutti a riflettere sul «senso delle relazioni». «Ripensare ai processi di formazione del personale che si occupa di famiglia, infanzia e adolescenza. Garantire sin dalla scuola dell'infanzia percorsi di educazione alla relazione e alla socio affettività, recuperare il senso del noi, costruire processi democratici in cui la squadra sia l'elemento basico. Così come lo è stata la famiglia: una squadra per garantire appartenenza, identità, sicurezza e benessere. Occorre presidiare i territori con luoghi di aggregazione giovanile, centri di ascolto e di sostegno alle famiglie e adolescenti ed ai soggetti deboli e fragili ed intercettare ad horas il disagio. Occorre dotarsi di servizi che rendano servizi alla collettività evitando duplicazioni e spreco di risorse pubbliche. Educare allo stare insieme, al rispetto, al valore della alterità, a fronte dello scherno della diversità e delle forme di bullismo, a volte anche da parte dei rappresentanti delle istituzioni, nei confronti dei soggetti fragili. Puntare sulla prevenzione e sulla testimonianza è un obbligo.
«La giustizia farà il suo corso con chi ha sbagliato ma le istituzioni intervengano subito per progettare la riqualificazione sociale della comunità, nelle scuole, nelle famiglie, nei luoghi frequentati dai nostri ragazzi».
«Siamo dinanzi ad un altro episodio che si aggiunge alla lunga striscia di cronache nazionali e locali che ci parla di vite spezzate per futili motivi. Ci sono dinamiche preoccupanti che ci parlano di sociopatia relazionale, incapacità di riconoscere la propria identità ed il contesto nel quale questa agisce. Chi impone con la propria azione omicida la fine dell'esistenza dell'altro è un soggetto con gravi carenze strutturali, non riconosce capacità di interazione ma si abbandona all'atto violento per imporre il proprio io», continua Gesualdo.
«Siamo in una società liquida e le relazioni liquide hanno reso tutti più soli ed isolati, in una sorta di "delirio narcisistico dell'Io" mortificando i sentimenti di appartenenza e di comunità. Non siamo in un gioco e non ci sono altre vite per ripetere il livello, siamo responsabili di parole e azioni che compiamo, nei confronti di noi stessi e dell'altro. L'omicidio di Claudio pone una riflessione sull'imbarbarimento che dilaga nelle dinamiche relazionali dei giovani e giovanissimi delle nostre comunità».
Il presidente dell'Ordine invita tutti a riflettere sul «senso delle relazioni». «Ripensare ai processi di formazione del personale che si occupa di famiglia, infanzia e adolescenza. Garantire sin dalla scuola dell'infanzia percorsi di educazione alla relazione e alla socio affettività, recuperare il senso del noi, costruire processi democratici in cui la squadra sia l'elemento basico. Così come lo è stata la famiglia: una squadra per garantire appartenenza, identità, sicurezza e benessere. Occorre presidiare i territori con luoghi di aggregazione giovanile, centri di ascolto e di sostegno alle famiglie e adolescenti ed ai soggetti deboli e fragili ed intercettare ad horas il disagio. Occorre dotarsi di servizi che rendano servizi alla collettività evitando duplicazioni e spreco di risorse pubbliche. Educare allo stare insieme, al rispetto, al valore della alterità, a fronte dello scherno della diversità e delle forme di bullismo, a volte anche da parte dei rappresentanti delle istituzioni, nei confronti dei soggetti fragili. Puntare sulla prevenzione e sulla testimonianza è un obbligo.
«La giustizia farà il suo corso con chi ha sbagliato ma le istituzioni intervengano subito per progettare la riqualificazione sociale della comunità, nelle scuole, nelle famiglie, nei luoghi frequentati dai nostri ragazzi».