La città
A tu per tu con "mister" Giuseppe Moschese
Modulo 4-5-1, il ricordo di Barletta, la passione per il pallone
Barletta - sabato 4 ottobre 2014
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"In questo testo, il primo al mondo sull'argomento, viene osservato il modulo 4-5-1 in tutti i suoi aspetti, partendo dai principi generali ed evidenziando le caratteristiche degli interpreti. Un libro di tattica utilissimo non solo per i tecnici ma anche per chi vuole avere un punto di vista più ampio del ruolo dell'allenatore." Questo un estratto del primo testo dell'allenatore e barlettanissimo "mister" Giuseppe Moschese, classe '77, a conclusione di un percorso pieno di articoli di natura tecnica pubblicati su riviste specializzate. Uno sportivo ricco di amore per lo sport, ma anche un amico dallo sguardo vivace, portavoce di Barletta nello sport. Ho intervistato Giuseppe poco prima che tornasse a Roma dove lo attende l'inizio della preparazione atletica precampionato della squadra da lui allenata.
Perché hai scelto di andare via da Barletta?
«Questione di opportunità. Dopo il liceo ho proseguito gli studi al nord dove sono riuscito agevolmente a trovare lavoro nel mondo dell'informatica. Dopo un iniziale (e arduo) periodo di adattamento, le cose sono poi state semplici grazie anche alle immense opportunità di integrazione che lo sport regala».
Che ricordi porti con te della tua città natale e cosa hai odiato di più di Barletta?
«Ho tanti ricordi, più che altro legati alla mia adolescenza. Ricordi di una città vivace, fortemente basata sulle proprie tradizioni che offriva anche discrete possibilità. Era una città molto diversa da come l'ho rivista oggi, che ha saputo cogliere le opportunità di rinnovamento che si sono presentate».
Qual è stato il tuo percorso calcistico a Barletta?
«Ho iniziato da bambino giocando per ore nei molti spazi che la città aveva a disposizione ma il mio avvicinamento al calcio agonistico è stato fortuito. Dopo aver fatto le giovanili nel Nuovo Globo e nel Barletta Calcio (all'epoca militante in C1), cambiai società per giocare il campionato Allievi sotto la guida di un vero "uomo di calcio": Franco Parente. Fu una stagione davvero entusiasmante che mi permise di approdare al Trani (4 stagioni tra Berretti e C2). Da li poi si sono susseguite tante altre società di altre regioni d'Italia, sino a chiudere la mia parentesi con il calcio giocato nel campionato di Promozione».
Da calciatore come si diventa allenatore?
«Credo serva innanzitutto tanta passione nei confronti di questo sport poiché è l'unico modo per riuscire a gestire i molteplici impegni, lavorativi e personali, a cui dover far fronte quotidianamente. Inoltre bisogna far si che alcune doti migliorino/emergano in modo importante quali quelle da motivatore, psicologo, comunicatore e stratega: doti che ciascuno può costruirsi con il tempo, la formazione, l'esperienza».
Come allenatore che titoli hai?
«Sono abilitato alla conduzione tecnica di squadre di società appartenenti alla LND (Lega Nazionale Dilettanti) e di squadre di settore giovanile di ogni livello. Posso svolgere mansioni di "allenatore in seconda" di società della Lega Italiana Calcio Professionistico (la cosiddetta Lega Pro)».
Sei nato a Barletta e vivi a Roma, proprio come Pietro Mennea che citi spesso.
«Quando Pietro Mennea divenne a Mosca il primatista mondiale dei 200 mt non andavo nemmeno all'asilo quindi non ho un grande ricordo dell'evento. Lui è stato ed è uno dei simboli di Barletta e questa notorietà la si riscontra maggiormente vivendo lontano da qui: non è raro parlare con la gente e sentirmi dire "Sei di Barletta? La città della Disfida e di Mennea?". Come dicevo, un simbolo. E per questa ragione che ho voluto chiudere il mio libro con una sua citazione».
Hai scritto un libro per i tipi di Nuova Prhomos, e so anche dell'interesse di importanti store come Mondadori.
«Sì, è uscito da pochi giorni in tutte le librerie. Il titolo è "Attaccare e Difendere con il Modulo 4-5-1", il primo al mondo sull'argomento. E' fondamentalmente un libro di tattica calcistica che però pone al centro la figura dell'allenatore, un ruolo questo molto delicato che spesso si trova a dover rispondere di una moltitudine di situazioni (vittorie, sconfitte, malumori di spogliatoio, rapporti con la stampa, prestazione del singolo calciatore, ecc.) diventandone il capro espiatorio in caso di difficoltà ed insoddisfazioni».
Un consiglio ai giovani barlettani ai tempi della crisi.
«Non credo esista una soluzione veloce alla momento storico-economico che stiamo attraversando. Se però è vero (com'è vero) che siamo un popolo che ha fatto dell'ingegno la propria arma vincente, quello che mi sento di consigliare è di puntare proprio su quello, di trovare il coraggio di sperimentare e di non avere il timore di esporsi in prima persona per realizzare un progetto, il proprio progetto».
Perché hai scelto di andare via da Barletta?
«Questione di opportunità. Dopo il liceo ho proseguito gli studi al nord dove sono riuscito agevolmente a trovare lavoro nel mondo dell'informatica. Dopo un iniziale (e arduo) periodo di adattamento, le cose sono poi state semplici grazie anche alle immense opportunità di integrazione che lo sport regala».
Che ricordi porti con te della tua città natale e cosa hai odiato di più di Barletta?
«Ho tanti ricordi, più che altro legati alla mia adolescenza. Ricordi di una città vivace, fortemente basata sulle proprie tradizioni che offriva anche discrete possibilità. Era una città molto diversa da come l'ho rivista oggi, che ha saputo cogliere le opportunità di rinnovamento che si sono presentate».
Qual è stato il tuo percorso calcistico a Barletta?
«Ho iniziato da bambino giocando per ore nei molti spazi che la città aveva a disposizione ma il mio avvicinamento al calcio agonistico è stato fortuito. Dopo aver fatto le giovanili nel Nuovo Globo e nel Barletta Calcio (all'epoca militante in C1), cambiai società per giocare il campionato Allievi sotto la guida di un vero "uomo di calcio": Franco Parente. Fu una stagione davvero entusiasmante che mi permise di approdare al Trani (4 stagioni tra Berretti e C2). Da li poi si sono susseguite tante altre società di altre regioni d'Italia, sino a chiudere la mia parentesi con il calcio giocato nel campionato di Promozione».
Da calciatore come si diventa allenatore?
«Credo serva innanzitutto tanta passione nei confronti di questo sport poiché è l'unico modo per riuscire a gestire i molteplici impegni, lavorativi e personali, a cui dover far fronte quotidianamente. Inoltre bisogna far si che alcune doti migliorino/emergano in modo importante quali quelle da motivatore, psicologo, comunicatore e stratega: doti che ciascuno può costruirsi con il tempo, la formazione, l'esperienza».
Come allenatore che titoli hai?
«Sono abilitato alla conduzione tecnica di squadre di società appartenenti alla LND (Lega Nazionale Dilettanti) e di squadre di settore giovanile di ogni livello. Posso svolgere mansioni di "allenatore in seconda" di società della Lega Italiana Calcio Professionistico (la cosiddetta Lega Pro)».
Sei nato a Barletta e vivi a Roma, proprio come Pietro Mennea che citi spesso.
«Quando Pietro Mennea divenne a Mosca il primatista mondiale dei 200 mt non andavo nemmeno all'asilo quindi non ho un grande ricordo dell'evento. Lui è stato ed è uno dei simboli di Barletta e questa notorietà la si riscontra maggiormente vivendo lontano da qui: non è raro parlare con la gente e sentirmi dire "Sei di Barletta? La città della Disfida e di Mennea?". Come dicevo, un simbolo. E per questa ragione che ho voluto chiudere il mio libro con una sua citazione».
Hai scritto un libro per i tipi di Nuova Prhomos, e so anche dell'interesse di importanti store come Mondadori.
«Sì, è uscito da pochi giorni in tutte le librerie. Il titolo è "Attaccare e Difendere con il Modulo 4-5-1", il primo al mondo sull'argomento. E' fondamentalmente un libro di tattica calcistica che però pone al centro la figura dell'allenatore, un ruolo questo molto delicato che spesso si trova a dover rispondere di una moltitudine di situazioni (vittorie, sconfitte, malumori di spogliatoio, rapporti con la stampa, prestazione del singolo calciatore, ecc.) diventandone il capro espiatorio in caso di difficoltà ed insoddisfazioni».
Un consiglio ai giovani barlettani ai tempi della crisi.
«Non credo esista una soluzione veloce alla momento storico-economico che stiamo attraversando. Se però è vero (com'è vero) che siamo un popolo che ha fatto dell'ingegno la propria arma vincente, quello che mi sento di consigliare è di puntare proprio su quello, di trovare il coraggio di sperimentare e di non avere il timore di esporsi in prima persona per realizzare un progetto, il proprio progetto».