Servizi sociali
8 marzo, tra emancipazione e degrado
Quando le donne sono protagoniste di un incubo
Barletta - mercoledì 10 marzo 2010
Sorge spontaneo, alla luce di quanto avvenuto il 6 marzo a Barletta, mettere a confronto l'accaduto con l'odierna "festa della donna". Mi domando come sia possibile in una società evoluta, emancipata, che crede nelle pari opportunità … che si possano verificare ancora violenze di genere.
La cosa che più mi spaventata è che a perpetrare l'ignobile violenza sia stato un 24enne, non un anziano, non un 50enne, non un uomo che è il risultato di una cultura gretta e arretrata, ma un giovane. È come affermare che la parola "emancipazione", per la donna, non è altro che un grosso palloncino gonfiato non annodato. Come fa a sopravvivere ancora nelle giovani menti la relazione: donna = sesso debole, ergo io comando, tu mia serva? È come affermare: «Io Tarzan, tu Jane». Ma soprattutto la cosa che più volte mi domando è come mai a compiere l'aggressione possa essere il proprio partner, il proprio compagno di vita che da difensore si trasforma in Mr Hide.
È dagli anni 70 che le donne hanno messo in discussione la famiglia patriarcale e il ruolo dell'uomo nella sua funzione di "marito/padre-padrone", non volendo più accettare alcuna forma di violenza esercitata su di loro fuori o dentro la famiglia. Per questo le donne hanno creato i primi Centri Antiviolenza e le Case delle Donne per ospitare tutte coloro che subivano violenze e che potevano trovare ospitalità nelle case rifugio gestite dalle associazioni di donne. Nel 2008, in Italia, è nata una federazione nazionale che riunisce 54 Centri antiviolenza dal nome D.i.Re: Donne in Rete contro le violenze alle donne.
La violenza di genere non è più definita solamente dalla Costituzione italiana come "reato contro la morale", ma è classificata come un crimine contro la persona (Legge n. 66/96). In ultimo, va segnalata la Legge n. 154/01 che ha aperto una nuova prospettiva di tutela verso la persona convivente che subisce abusi, riconoscendo l'applicazione di misure cautelari, come l'allontanamento dalla casa familiare di chi compie abusi anche in caso di convivenza di fatto. Non solo, questa norma introduce nuove misure per contrastare in maniera più incisiva i casi di violenza tra le mura domestiche. Il giudice, inoltre, può sollecitare in maniera rapida l'intervento dei servizi sociali e imporre all'imputato, allontanato dal nucleo familiare, il pagamento di un assegno per il mantenimento al familiare. È triste sentir parlare ancora di abusi e violenze sul "gentil sesso", ed è proprio in questa occasione quindi che lancio un appello a tutte coloro che si vergognano di vivere situazioni del genere e che a causa di ciò non denunciano tali fatti, incoraggiandole a denunciare queste violenze perché la legge le tutela e le protegge.
La cosa che più mi spaventata è che a perpetrare l'ignobile violenza sia stato un 24enne, non un anziano, non un 50enne, non un uomo che è il risultato di una cultura gretta e arretrata, ma un giovane. È come affermare che la parola "emancipazione", per la donna, non è altro che un grosso palloncino gonfiato non annodato. Come fa a sopravvivere ancora nelle giovani menti la relazione: donna = sesso debole, ergo io comando, tu mia serva? È come affermare: «Io Tarzan, tu Jane». Ma soprattutto la cosa che più volte mi domando è come mai a compiere l'aggressione possa essere il proprio partner, il proprio compagno di vita che da difensore si trasforma in Mr Hide.
È dagli anni 70 che le donne hanno messo in discussione la famiglia patriarcale e il ruolo dell'uomo nella sua funzione di "marito/padre-padrone", non volendo più accettare alcuna forma di violenza esercitata su di loro fuori o dentro la famiglia. Per questo le donne hanno creato i primi Centri Antiviolenza e le Case delle Donne per ospitare tutte coloro che subivano violenze e che potevano trovare ospitalità nelle case rifugio gestite dalle associazioni di donne. Nel 2008, in Italia, è nata una federazione nazionale che riunisce 54 Centri antiviolenza dal nome D.i.Re: Donne in Rete contro le violenze alle donne.
La violenza di genere non è più definita solamente dalla Costituzione italiana come "reato contro la morale", ma è classificata come un crimine contro la persona (Legge n. 66/96). In ultimo, va segnalata la Legge n. 154/01 che ha aperto una nuova prospettiva di tutela verso la persona convivente che subisce abusi, riconoscendo l'applicazione di misure cautelari, come l'allontanamento dalla casa familiare di chi compie abusi anche in caso di convivenza di fatto. Non solo, questa norma introduce nuove misure per contrastare in maniera più incisiva i casi di violenza tra le mura domestiche. Il giudice, inoltre, può sollecitare in maniera rapida l'intervento dei servizi sociali e imporre all'imputato, allontanato dal nucleo familiare, il pagamento di un assegno per il mantenimento al familiare. È triste sentir parlare ancora di abusi e violenze sul "gentil sesso", ed è proprio in questa occasione quindi che lancio un appello a tutte coloro che si vergognano di vivere situazioni del genere e che a causa di ciò non denunciano tali fatti, incoraggiandole a denunciare queste violenze perché la legge le tutela e le protegge.