12 settembre 1943 - 2013: gli interventi istituzionali
L'ambasciatore Schäfers: "Mi inchino di fronte ai morti di Barletta". Il presidente Grasso: "La memoria è fondamentale per trasmettere il valore della democrazia"
Sono stati numerosi gli interventi istituzionali, nel corso della cerimonia per il 70° anniversario dell'eccidio del 12 settembre 1943 a Barletta, tenutosi all'interno dello splendido teatro Curci. Di seguito, riportiamo i testi integrali dei discorsi pronunciati nell'occasione, dalle autorità presenti.
Il discorso del presidente del Senato, Pietro Grasso:
Autorità, signori e signore,
è con grande emozione che mi trovo oggi a partecipare alle cerimonie in occasione del 70° anniversario dell'occupazione nazista di Barletta, splendida e calorosa cittadina della Puglia, protagonista indiscussa della storia della resistenza, testimone delle virtù migliori del popolo italiano.
Sono passati 70 lunghi anni da quel tragico 12 settembre 1943, quando fu perpetrata una tra le più sanguinarie stragi naziste compiute nel nostro paese; un gesto di pura violenza e follia umana, che per voi barlettani e per tutti noi italiani ha segnato indelebilmente la storia del nostro Paese.
Lo stesso terribile ricordo accomuna tante località d'Italia, ma l'episodio di Barletta fu il primo eccidio per rappresaglia che i tedeschi misero in atto in Italia, fucilando senza pietà 11 vigili urbani, di cui uno miracolosamente sopravvissuto, e due netturbini.
La nostra presenza oggi è doverosa, la esige la storia che chiede di non essere dimenticata, lo esige lo stesso rispetto per le vittime. Per decifrare il presente, per trasmettere alla nuove generazioni il valore e l'importanza della democrazia, è di fondamentale importanza la memoria. E'stato detto che i popoli che non conservano le tracce del proprio passato non sono padroni del proprio futuro. In queste poche parole, è racchiuso il vero significato di questa, come delle tante altre giornate in cui, nel ricordo orgoglioso e commosso dei tanti nostri concittadini che in tempi sia di guerra che di pace sono caduti per prestar fede al loro dovere, si celebra la libertà che questi martiri civili ci hanno donato e che rimane un bene supremo, un valore fondamentale del nostro ordinamento costituzionale.
In quei drammatici anni, tanti scelsero di resistere attraverso la via della contestazione e della disobbedienza civile nel momento in cui i poteri pubblici violavano le libertà fondamentali e i diritti dell'uomo. Nei giorni successivi all'armistizio, tante furono le azioni di contrasto da parte dei cittadini di Barletta che fecero, di questo paese, il primo tentativo di resistenza organizzata contro l'invasore tedesco da parte di un presidio militare.
La resistenza è stata non solo lotta armata contro le truppe fasciste, ma un movimento culturale, una stagione intensa e drammatica che con la sua carica innovatrice ha posto le basi di una nuova società, più libera e giusta. E' stata il modo in cui il popolo ha riacquistato l'onore e il rispetto.
Uomini e donne, militari e civili, giovani e anziani decisero di prendere le armi per liberare l'Italia dal regime nazifascista, un'esigenza di dignità civile e nazionale che spinse all'azione di fronte all'occupazione tedesca. La resistenza ebbe il carattere di rivolta morale contro il fascismo, contro il nazismo e contro tutto ciò che essi avevano rappresentato. L'opposizione di pochi che, durante il ventennio, avevano affrontato esilio, carcere e confino, divenne con la resistenza fenomeno di massa.
Prese corpo l'ossatura di una società civile e politica nuova, animata da quegli ideali e quei principi che la lotta di popolo ha posto a fondamento della vita collettiva, non solo in Italia, ma anche in molti altri Paesi europei.
Dialogo, partecipazione, incontro, valori etici e politici insieme che si fanno corpo vivo nella gente, disposta a combattere e a morire in nome di principi che ancora oggi sono i nostri principi.
La memoria deve attraversare il tempo e tutti noi abbiamo il dovere di trasmetterla alle nuove generazioni. Siamo grati ai familiari delle vittime e a tutte le associazioni e organizzazioni che si fanno carico di questo dovere morale, consentendo quotidianamente che il ricordo non venga disperso.
Onoriamo tutti coloro che scelsero di mettere a rischio la propria vita, per donare all'Italia libertà e democrazia, nella consapevolezza che siamo ancora oggi debitori del loro coraggio e del loro sacrificio. Non dobbiamo dimenticare mai l'impegno civile di questi uomini, che in molti casi si è spinto fino alla morte. Soprattutto dobbiamo fare in modo che non lo dimentichino i nostri giovani, i ragazzi che stanno costruendo l'Italia di domani. Così, anche la celebrazione odierna non è solo di coloro che hanno vissuto gli entusiasmi e i dolori di quella giornata. E' piuttosto una celebrazione che deve consolidare il legame tra le generazioni, il senso di appartenenza alla medesima comunità.
Siate orgogliosi e fieri dei vostri concittadini, dei genitori, dei vostri nonni, il cui coraggio ha trovato giusto e legittimo riconoscimento nella medaglia d'oro al valor civile e nella medaglia d'oro al valor militare conferite alla vostra città.
Vorrei rivolgere un ringraziamento speciale ai Vigili urbani, protagonisti assoluti dell'eccidio del 12 settembre 1943. La Polizia Municipale rappresenta la più visibile e capillare espressione della struttura organizzativa dell'ente locale che ogni giorno opera in prima linea, svolge la sua attività a contatto diretto con i cittadini e contribuisce a migliorare la vivibilità delle nostre città, a promuovere la nostra sicurezza sociale, a favorire la regolarità della circolazione stradale. Un secondo ringraziamento va rivolto ai netturbini che, con fatica, di giorno e di notte, svolgono un servizio di grande utilità per la collettività.
Infine, un ringraziamento sentito per il sindaco e le autorità locali per aver organizzato, con grande impegno e passione, questa importante giornata di celebrazioni".
Il discorso dell'ambasciatore tedesco in Italia, Reinhard Schäfers:
Signor Presidente, Signor Ministro, Signor Sindaco, Autorità, Signore e Signori,
è un grande onore per me, nella mia veste di rappresentante della Repubblica Federale di Germania in Italia, essere stato invitato ad una cerimonia commemorativa come quella odierna e poter prendere la parola dinnanzi a Voi. Ancora oggi un tale invito rappresenta un gesto particolare e io pertanto ringrazio il Sindaco.
Settant'anni fa, qui a Barletta, dei soldati tedeschi spararono, mossi da una cieca rabbia, contro 13 militari italiani. Solo uno di loro sopravvisse a quell'attacco sferrato a sorpresa. Fu il primo di una lunga serie di crudeli atti di rappresaglia della Wehrmacht durante il suo ritiro dall'Italia.
Oggi mi inchino di fronte ai morti di Barletta: 12 padri, figli, fratelli e mariti.
Commemoriamo anche tutte le altre persone che nel corso dei due anni successivi trovarono la morte in altre località italiane, vittime di rappresaglie naziste.
Dalla guerra sono trascorsi molti anni e la maggior parte della popolazione conosce gli efferati crimini di allora solo dai libri di storia e dai racconti dei testimoni. Per le giovani generazioni è sempre più difficile farsi un quadro degli eventi bellici.
È quindi ancora più importante mantenere viva la memoria ed evitare con ogni mezzo l'oblio. Non solo per coltivare il ricordo delle vittime della guerra, ma anche per continuare ad essere consapevoli di questo capitolo buio della storia e per trarne insegnamento per il presente e il futuro nella nostra Europa unita.
È in questo spirito che nel mese di novembre dello scorso anno la Commissione storica italotedesca, insediatasi nel 2009, ha presentato il suo Rapporto che approfondisce il comune passato della seconda guerra mondiale di Italia e Germania. Questo Rapporto contiene, tra l'altro, raccomandazioni per il futuro affinché la memoria del comune passato bellico venga salvaguardata e tramandata soprattutto ai giovani. Siamo certi che da queste raccomandazioni scaturiranno progetti comuni che andranno a rafforzare ulteriormente i legami fra i nostri due Paesi.
In queste sede mi preme però anche sottolineare con gioia che la cooperazione in molti settori è già da tempo ottima e stretta. In tanti ambiti l'Italia è uno dei maggiori partner della Germania.
Anche per la convivenza in Europa, gli stretti rapporti fra i singoli Paesi e i loro abitanti sono di massima importanza. Solo se i singoli Stati membri si comportano e comunicano tra di loro animati dalla ragione e dal consenso, possono andare in porto grandi obiettivi e progetti comuni. Grazie all'amicizia che ci lega da lunghi anni, il tandem Italia-Germania costituisce una base stabile per l'Unione europea, senz'altro il maggiore progetto di pace del XX secolo.
In questo senso dai più efferati accadimenti e crimini perpetrati settant'anni or sono noi tutti abbiamo tratto l'unica conclusione giusta: mai più! E costruiamo insieme la nostra Europa comune! In questo modo onoriamo nel miglior modo possibile la memoria delle vittime.
Vi ringrazio".
Il discorso del sindaco Pasquale Cascella:
Grazie presidente Grasso per essere qui a rappresentare lo Stato ricostruito sulle macerie di 70 anni fa anche in virtù del coraggio dimostrato da questa e dalle tante comunità del Mezzogiorno oggi unite a noi nel ricordo e nell'omaggio a tutti i nostri martiri.
Grazie ministro Mauro per aver onorato l'impegno a tornare a Barletta per il doveroso omaggio ai militari che persero la vita nel respingere l'aggressione armata e agli ufficiali che pagarono con la deportazione il rifiuto di assoggettarsi al nemico.
Dove altro potevamo essere se non qui, dove - come il Presidente della Repubblica ha voluto ancora una volta ricordare - cominciò a vivere la nuova Italia?
La nazione è oggi qui, con noi, a rendere il commosso riconoscimento a chi nella notte della Patria seppe accendere bagliori di riscatto e di speranza: a chi nel buio seppe da che parte stare, a chi resistere, contro chi lottare.
Siamo qui per onorare il sacrificio di dodici vigili urbani e netturbini trucidati dalle truppe naziste che il giorno prima avevano subito lo smacco della ritirata dalla città. Siamo qui a inchinarci dinanzi alle vittime civili - donne e anziani soprattutto, essendo gli uomini alla leva in armi - della brutale aggressione con cui il nemico cercò una rivincita sanguinosa ma destinata ad essere comunque cancellata dalla storia. La sola pagina che oggi resta da leggere è tra le più intense delle tante che la città ha saputo scrivere nella sua storia millenaria.
E siamo qui per consegnare quelle testimonianze di riscatto dall'avventura totalitaria a una memoria che coltivi i valori democratici conquistati a così alto prezzo.
Siamo qui per far valere quel patrimonio ideale nella necessaria azione di riforma delle istituzioni e del sistema politico di cui abbiamo urgente bisogno. Siamo qui per amore della verità e della coscienza. Abbiamo appena visto immagini reali - ancora più laceranti perché riprese dall'altra parte, la parte fino all'8 settembre alleata e d'improvviso scopertasi nemica - di gente semplice, di umili lavoratori in servizio pubblico e militari in servizio di leva, che nel momento del disfacimento della Patria mettevano la propria dignità al servizio della nazione.
Eppure c'è ancora chi ci chiede se non si debba ricordare che un militare tedesco ferito fu finito in uno scontro di strada. Facciamolo, allora. Diciamo che gli eccessi sono connaturati alla guerra: e alla guerra civile che pure cominciò a esserci sulla nostra terra in quei giorni. Ma non c'è episodio, per quanto cruento e controverso sia, che possa giustificare l'infamia già consumatasi con l'assalto alla città, e ancor più una rappresaglia orrenda come quella contro vigili e netturbini che avevano deposto le armi, rastrellati a casaccio, in numero spropositato, mitragliati senza avviso, ne' giudizio ne' condanna, stracciando ogni regola del diritto umano e persino del diritto internazionale di guerra.
Questa è la vergogna che qui cancelliamo una volta per tutte, alla presenza del procuratore Intelisano che l'armadio della vergogna vuole aprire e dell'ambasciatore tedesco in Italia, Shafers, che testimonia - e lo ringraziamo per questo sensibile atto - la condivisione della memoria a nome del suo paese e di un popolo che tanti nostri emigranti hanno già conosciuto essere amico.
Non c'è più ragione di attardarci nelle contrapposizioni: la tragedia di 70 anni fa non divide più i popoli. Anzi - come ci ha ricordato nel suo messaggio il presidente del Parlamento europeo, Schulz - deve motivare la partecipazione attiva alla più grande costruzione dell'Europa unita.
Alla nuova Europa consegniamo i valori di pace e di solidarietà della storia della nuova Italia.
E mettiamo il nostro patrimonio ideale al servizio e a sostegno della più larga e più lontana visione democratica del rapporto tra le nazioni e popoli che la nostra Costituzione riuscì a prefigurare.
Ecco perché la nostra Costituzione, espressione di quel moto popolare di volontà e passione, rimane sicuro punto di riferimento per chi a ogni livello istituzionale e in ogni parte del paese, ha il compito di rappresentare l'identità unitaria della nazione.
Rimangono vitali, quei valori di dignità, indipendenza e libertà, condivisi da forze che dopo aver insieme liberato il paese si ritrovarono nella diversa contingenza politica e sociale in lotta tra loro, per offrire una prospettiva di futuro a tutti noi. Soprattutto ai ragazzi il cui impegno oggi premiamo, perché mai e da nessuno possa essere spezzato il legame, che qui rinnoviamo, tra i testimoni della tragedia di allora e le generazioni a venire.
E siamo qui anche a raccogliere il richiamo del compianto sindaco Francesco Salerno a una "città dimostratasi grande" in quella tragica vicenda ma che "grande deve mostrarsi di essere giorno dopo giorno".
Per la città di Barletta è una sfida che vale sempre".
Il discorso del presidente del Consiglio regionale, Onofrio Introna:
Una storia per troppo tempo ignorata o non valorizzata abbastanza". Ancora una volta, sono illuminanti le parole del Presidente Napolitano, nel metter in risalto l'attualità dell'esempio di chi ci ha preceduto.
Quello che il Capo dello Stato ha sostenuto per Barletta, rappresenta il paradigma delle vicende di venti giorni di occupazione e di resistenza in Puglia, contro i nazisti.
Fin dal 9 settembre, a Bari come in tutta la Regione, militari e semplici cittadini hanno affrontato truppe scelte tedesche. In qualche episodio le hanno battute, come alla Posta e al porto del capoluogo, in altri hanno sanguinosamente subìto la rappresaglia, come in questa Città, settanta anni fa.
Erano soldati male armati e accanto a loro anche popolani, guidati da ufficiali volenterosi ma privi di chiari ordini superiori, retti solo dai loro valori e fedeli al giuramento a difendere il Paese.
Anche se coraggiosa e nobile, una vicenda trascurata. Anzi, oscurata, nel più ampio scenario complessivo dei giorni dell'armistizio, dopo l'8 settembre 1943.
Eppure, chi ha scritto quella storia di dignità pugliese e di riscatto nazionale ha scritto pagine che contengono gli stessi caratteri della nostra Lotta di Liberazione.
A Barletta, in Puglia, ci sono già tutti gli elementi della Resistenza:
il "NO" fermo, opposto all'occupante, a costo della vita; la lotta armata, con mezzi inferiori e in condizioni sfavorevoli, rispetto a un avversario che aveva dalla sua ogni vantaggio, tranne il consenso popolare; la guida di leader generosi, come il colonnello Grasso, proprio in queste strade; il sacrificio, la tortura, la giustizia sommaria, quella subìta dai dodici martiri barlettani.
Bari, Barletta, Murgetta Rossi, quindi, come Porta San Paolo a Roma, le Repubbliche partigiane, le Fosse Ardeatine, Marzabotto, Sant'Anna di Stazzèma.
I soldati del presidio barlettano, come i militari dei Corpi e delle Armi che risaliranno la penisola combattendo al fianco degli Alleati.
I popolani pugliesi come i partigiani del Centro Nord e i gappisti delle formazioni clandestine cittadine.
Resistenza e Liberazione: nel settembre pugliese ci sono già tutti i semi della scelta di riconquistare la libertà e la democrazia, di ricostituire l'unità nazionale, di ristabilire i valori umani e civili, che di lì a poco, grazie a quelle vicende, saranno sanciti negli straordinari principi della Costituzione Repubblicana.
Nella memoria storica ci sono le radici e le ragioni di un popolo. Coltivarla è fondamentale, come ci ricorda il nostro Presidente, dal Colle più alto.
Ma è soprattutto necessario rivendicarla, come ragione del nostro essere Paese.
È un "pilastro della nostra convivenza nazionale", senza il quale "tutto può essere a rischio", Napolitano lo ha appena ricordato alla delegazione barlettana, qualche giorno fa.
E noi celebriamo il contributo di Barletta e rivendichiamo quello della Puglia alla Resistenza e alla Lotta di Liberazione.
Fino al trasferimento della famiglia reale a Salerno, la nostra regione è stata l'unico lembo di Italia libera e Brindisi era la capitale di un Paese lacerato.
All'inizio del 1944, la costruzione della democrazia è passata dal Congresso di Bari dei Comitati di Liberazione Nazionale, celebrato nel Teatro Piccinni il 28 e 29 gennaio.
In Puglia è nata la nuova unità d'Italia. Il Congresso di Bari dei CLN ebbe una grande eco mondiale. Rappresentò il primo passo verso la creazione di un ordinamento democratico e pluralista.
Abbiamo il dovere di trarre dalla storia quello spirito di lotta e di sacrificio, dimostrato dalle donne e dagli uomini pugliesi della Resistenza, e di trasferirlo nei nostri giorni: la crisi economica ci chiede lo stesso coraggio e la stessa condivisione".
Il discorso del presidente della provincia di Barletta-Andria-Trani, Francesco Ventola:
Onorevole Presidente del Senato, Senatore Pietro Grasso, Onorevole Ministro della Difesa Mario Mauro, Presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna, Procuratore Generale Militare presso la Corte di Cassazione, Antonino Intelisano, Ambasciatore tedesco in Italia Reinhard Schafers, pregiatissimi colleghi Sindaci, Autorità religiose, civili e militari presenti, pregiatissimo Sindaco Pasquale Cascella, concittadine e concittadini tutti, amici.
Il mio saluto di benvenuto nel territorio di questa Provincia è molto più che doveroso, è un saluto di apprezzamento e gratitudine.
La Vostra presenza, la presenza di tanti testimoni sociali, rappresenta per tutti un chiaro messaggio che intende onorare la memoria del sacrificio di nostri conterranei, martiri ed eroi indimenticabili ed indimenticati.
E' simbolicamente importante ricordare ogni anno questi anniversari.
Ma perché tutto abbia un senso compiuto, è utile contestualizzare la nostra storia, il nostro vissuto, affinchè le nuove generazioni, i giovani, in particolare, possano coglierne il significato.
Gli avvenimenti come quello che oggi ricordiamo, grazie a Dio sono lontani.
Però, il geme della tirannia, della sopraffazione, dell'integralismo, seppure combattuti, aleggiano e ritornano con forme nuove e diverse. Lo stesso qualunquismo è, oggi, sottile fonte di distruzione sociale.
Perciò, ricordare coloro che si sono immolati per l'affermazione di una nazione, di un popolo, di identità e amore per la Patria, significa alimentare quel senso di appartenenza, di unità ed impegno sociale ogni giorno necessario per fare fronte ad una deriva verso una pericolosa indolenza di strati sociali.
Tra le tante, oltre alla presenza di apprezzate figure giornalistiche ed artistiche - penso e saluto l'attore Pino Micol ed il giornalista della Rai Costantino Foschini -, è presente il piccolo coro stabile della scuola San Domenico Savio. E' il loro impegno che ci emoziona e ci conforta.
Fuori da ogni retorica di circostanza, la nostra Provincia è un territorio importante: importante è la sua storia come importante è il contributo che a più livelli offriamo al nostro Paese. Dieci città che formano una Comunità che ogni giorno vede accrescere la sua coesione facendo leva sulla memoria e sulle ambizioni della sua gente.
La sua memoria, dicevo. Nell'eccidio, che vide trucidati i nostri conterranei, tra le vittime c'era anche il vigile Pasquale Del Re: suo figlio Nicola è stato comandante dei Vigili Urbani di Canosa per 30 lunghi anni, facendoci condividere la sua testimonianza di figlio, vittima di una barbara rappresaglia.
Dopo l'iniziativa condivisa dal Capo dello Stato, il Presidente Giorgio Napolitano che saluto e ringrazio per l'ospitalità e l'affetto riservatoci a Roma l'altro ieri, oggi concludiamo questo appuntamento, in onore dei nostri caduti, non senza ringraziare il Sindaco Cascella che ha voluto in questa forma questo evento, così come ringrazio tutti coloro che vi hanno contribuito.
Concludo con un caldo e simbolico abbraccio saluto tutti per aver voluto testimoniare personalmente la vostra attenzione in ricordo dei nostri caduti: è questa testimonianza tangibile di rispetto per la memoria e di speranza per la nostra amata Patria, viva l'Italia".