101 anni fa nasceva Italo Calvino, un ricordo tra studio e suggestioni
L'analisi a cura del prof. Giuseppe Lagrasta, presidente del comitato di Barletta della Società Italiana Dante Alighieri
"In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti." Questo è l'incipit de "Il Castello dei Destini incrociati" di Italo Calvino, appartenente al periodo creativo della letteratura e scrittura combinatoria che ritroveremo ne "Le Città invisibili". Risulta interessante ricordare lo scrittore ligure, attraversando il suo gioco di specchi, sostando negli antri del suo universo metaforico, lambendo il suo abisso di segni, simboli, iconografie. A 100+1 anni dalla nascita di Italo le sue descrizioni, i dettagli e la precisione con cui ha alimentato le sue opere, ci lasciano ancora interdetti, per la luce che illumina le sue "stanze narrative", per "l'analisi delle forme del mondo", per "la capacità di inventare mondi", per la "struttura combinatoria costruita attorno a nuovi sistemi e a nuovi codici narrativi", per "il teatro delle illusioni", per il "gioco degli straniamenti, tra associazioni e dissociazioni figurative", per "l'interpretazione fatta dei mondi attraverso il comico e l'ironia". In ogni romanzo calviniano ci imbattiamo in una camera delle meraviglie in cui sono custoditi i segreti del narrare e i segreti del cominciare e finire una storia.
E' il "mondo doppio" inventato da Calvino, il mondo delle maschere, la capacità di creare e inventare non-luoghi, come quello abitato dai protagonisti del romanzo, "Il Castello dei destini incrociati", il mondo dei visibili e degli invisibili: dimezzati, rampanti e inesistenti: protagonisti di favole calviniane, trasformatisi in soggetti volanti, protagonisti della "Condizione di umana Leggerezza", descritta nella Prima delle Lezioni Americane, dove Calvino racconta attraverso l'iconografia del teatro delle anime, l'iconologia descrittiva delle forme dei paesaggi e degli ambienti, elementi costitutivi della memoria del mondo. Dimezzati, rampanti, inesistenti=volanti. Sono anime volanti, quelle che Italo Calvino descrive nel Castello, sono anime di carta che al minimo soffio di vento, volano insieme alle carte dei Tarocchi. Anime mute, silenti, cariche di gioia di vivere, ma colte da un mutismo ottenebrante, nostalgico, misericordioso.
Ricordiamo Italo Calvino, annotando alcuni aspetti caratterizzanti il romanzo "Il Castello dei destini incrociati" dove lo scrittore ricava eventi e narrazioni occupandosi – come scrive l'autore nell'Introduzione: "della vastissima bibliografia cartomantica e d'interpretazione simbolica dei tarocchi, pur avendone preso debita conoscenza, non credo abbia avuto molta influenza sul mio lavoro. Mi sono applicato soprattutto a guardare i tarocchi con attenzione, con l'occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un'iconografia immaginaria."
Vi sono specchi, ombre e incubi nel Castello che impediscono agli ospiti di dormire e di tornare a sognare, vi sono cuori desiderosi di vivere ma pare che vivano nel limbo o come se vivessero nel primo cerchio dell'Inferno dantesco. Ma le trame, poi ci sono le trame senza le quali non sopravvive l'istanza del narrare: e le trame del Castello sono trame che nascono dall'intercessione delle Carte costitutive del Mazzo dei Tarocchi: "Terminata la cena in un mutismo che i rumori della masticazione e gli schiocchi nel sorbire il vino rendevano più affabile, restammo seduti a guardarci in viso, con l'assillo di non poterci scambiare le molte esperienze che ognuno di noi aveva da comunicare. A quel punto, sulla tavola appena sparecchiata, colui che pareva essere il castellano posò un mazzo di carte da gioco. Erano tarocchi più grandi di quelli con cui si gioca in partita o con cui le zingare predicono l'avvenire, e vi si potevano riconoscere a un dipresso le medesime figure, dipinte con gli smalti delle più preziose miniature. Re regine cavalieri e fanti erano giovani vestiti con sfarzo come per una festa principesca; i ventidue Arcani Maggiori parevano arazzi d'un teatro di corte; e coppe denari spade bastoni splendevano come imprese araldiche ornate di cartigli e di fregi". Figurazioni, significati, con gli Arcani Maggiori, spesso chiamati a dare una spiegazione alle domande che si stanno per porre alle carte. Carte, figure come arazzi, per la costruzione di un teatro di corte, teatro, però, nutrito di vita quotidiana, di vite fatte d'esperienze mutevoli, malinconiche, nostalgiche, figure nate dall'inchiostro, con il filo dell'inchiostro che fa da anima vivente al teatro dei Tarocchi. Teatro con protagonisti che desiderano comunicare, raccontare le proprie esperienze, condividere il bene e il male della vita: ma ecco che la lingua dal torpore passa al mutismo e le narrazioni umane per farsi racconto teatrale, chiedono alle carte dei tarocchi di farsi storia, narrazione di vita quotidiana, tra dolore e ragione, tra armonia e dissonanza, tra silenzi e caos.
Suggestioni e associazioni: le trame del Castello dei destini incrociati scaturiscono dall'intreccio delle carte gettate sul tavolo dei commensali, e ognuno di loro, scegliendo alcune carte disseminate sul tavolo, senza voce, muto, attraverso le carte dei tarocchi racconta la sua storia. E tutti i commensali seguono attentamente l'evolversi della storia, in atteso del proprio turno. Suggestioni, associazioni, narrazioni che sostanziano un'iconografia immaginaria, un gioco di figure e di figurazioni, eventi ambientati in un Castello di Carta: tutto è di carta, il Castello, i commensali, l'oste, i servitori; e se tutto è di carta, e ci troviamo di fronte a una umanità di carta, anche il lettore vive la sua avventura tra le righe, scoprendo come i protagonisti del Castello dei destini incrociati sono muti e le carte tirate a sorte, parlano e comunicano al loro posto.
Calvino, con "Il Castello dei destini incrociati" ha offerto una nuova dimensione del realismo magico (J. L. Borges, D. Buzzati), destrutturato dal realismo araldico calviniano (G. Manganelli), in cui il narrare si nutre di simboli, metafore ed allegorie di un alfabeto di emblemi e immagini che rinnova un alfabeto di figure e di segni, ancestrali. La nostra idea muove dalla constatazione che la struttura narrativa delle opere di Italo Calvino si alimenti di un "realismo ancestrale" che connota fortemente la letteratura combinatoria, abitata nel Castello dei destini incrociati, in Ti con Zero e ne "Le Città invisibili": un'alba nuova e un sole nuovo ancestrali, apparvero agli orizzonti della narrativa italiana, e fu allora che nacquero gli specchi, gli abissi, i labirinti e i deserti.