Un anno senza Giulio Regeni
La riflessione di un giovane barlettano
mercoledì 25 gennaio 2017
18.11
iReport
«Il 25 gennaio segna una data importante per l'Italia, la giovane Italia. Giulio era un ragazzo come me, come ogni altro appassionato studente italiano, che aveva preso la dura decisione di allontanarsi dalla propria famiglia e dal proprio paese per poter costruire un futuro tutto suo, radioso, concreto, dignitoso. Per farlo aveva raccolto l'ennesima sfida tra le sfide, una ricerca che lo metteva nelle condizioni di toccare con mano una realtà che voleva comprendere e spiegare al mondo.
Voleva capire la realtà. Quella "piccola", seppur letale, realtà Egiziana. Ma la realtà è atroce, e ben presto quegli uomini che dalla realtà, dalla vergogna, dal disonore, sono braccati, fanno della loro paura un movente. Così Giulio è stato sacrificato sull'altare del patriottismo, mentre a dilaniarne le carni era il pugnale dell'infamia. E' questo che un ricercatore fa: cerca. E per questo Giulio è stato torturato, ucciso e umiliato attraverso ogni tipo di bugia e sotterfugio. Forse è bene che ognuno di noi decida, per rispetto alla memoria di questa e di tante altre persone che sono andate via, di diventare a nostra volta ricercatori: Cercatori di Verità. Il mondo ha le sue cruente meccaniche, questo lo sappiamo tutti, e nessuno ne è escluso, ma la differenza tra noi esseri umani e le mansuete bestie che attendono il macello sta nel senso dell'onore, nella continua ricerca di una dignità per noi e nel riconoscimento di quella per gli altri. Stiamo dimenticando che siamo uomini e donne di questo mondo. E che prima di essere i protagonisti della nostra vita, siamo le comparse di un palcoscenico chiamato "Mondo", tutti uguali e tutti diversi. Così ognuno di noi viene toccato da questo ennesimo evento di barbarie e ignominia, anche se non ne sente gli effetti sulla loro pelle, anche se non ha avuto dei pugni in faccia, anche se non gli sono state strappate le unghie, perchè ha suscitato le paure di questo o quel potente. Malgrado tutto ciò possa accadere a qualcun altro, è questo il peso che viene dato alla dignità di un uomo o di una donna, che come nella brutale economia perde valore ad ogni attimo che passa, ad ogni evento che rafforza l'abominevole conclusione che il potere e i soldi possano fare da scudo ad ogni gesto disumano.
Così, ogni 25 gennaio, è come se avessero rapito ognuno di noi, le nostre speranze di poter vivere in un mondo migliore, dove la verità non è una macchia indelebile da coprire col sangue di chi vuole capire. Perché Giulio era un giovane come ogni altro giovane del mondo, di questo mondo così diviso eppure così indissolubilmente legato, un giovane che voleva solo e unicamente capire quel mondo che aveva d'avanti».
Vincenzo Sfregola
Voleva capire la realtà. Quella "piccola", seppur letale, realtà Egiziana. Ma la realtà è atroce, e ben presto quegli uomini che dalla realtà, dalla vergogna, dal disonore, sono braccati, fanno della loro paura un movente. Così Giulio è stato sacrificato sull'altare del patriottismo, mentre a dilaniarne le carni era il pugnale dell'infamia. E' questo che un ricercatore fa: cerca. E per questo Giulio è stato torturato, ucciso e umiliato attraverso ogni tipo di bugia e sotterfugio. Forse è bene che ognuno di noi decida, per rispetto alla memoria di questa e di tante altre persone che sono andate via, di diventare a nostra volta ricercatori: Cercatori di Verità. Il mondo ha le sue cruente meccaniche, questo lo sappiamo tutti, e nessuno ne è escluso, ma la differenza tra noi esseri umani e le mansuete bestie che attendono il macello sta nel senso dell'onore, nella continua ricerca di una dignità per noi e nel riconoscimento di quella per gli altri. Stiamo dimenticando che siamo uomini e donne di questo mondo. E che prima di essere i protagonisti della nostra vita, siamo le comparse di un palcoscenico chiamato "Mondo", tutti uguali e tutti diversi. Così ognuno di noi viene toccato da questo ennesimo evento di barbarie e ignominia, anche se non ne sente gli effetti sulla loro pelle, anche se non ha avuto dei pugni in faccia, anche se non gli sono state strappate le unghie, perchè ha suscitato le paure di questo o quel potente. Malgrado tutto ciò possa accadere a qualcun altro, è questo il peso che viene dato alla dignità di un uomo o di una donna, che come nella brutale economia perde valore ad ogni attimo che passa, ad ogni evento che rafforza l'abominevole conclusione che il potere e i soldi possano fare da scudo ad ogni gesto disumano.
Così, ogni 25 gennaio, è come se avessero rapito ognuno di noi, le nostre speranze di poter vivere in un mondo migliore, dove la verità non è una macchia indelebile da coprire col sangue di chi vuole capire. Perché Giulio era un giovane come ogni altro giovane del mondo, di questo mondo così diviso eppure così indissolubilmente legato, un giovane che voleva solo e unicamente capire quel mondo che aveva d'avanti».
Vincenzo Sfregola