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Altri sport
Verso gli Europei di Zurigo: Mimmo Ricatti e un'estate di allenamenti
Intervista al maratoneta barlettano, «Sento il sostegno di questa comunità»
Barletta - domenica 29 giugno 2014
E' stato un giugno di lavoro quello vissuto dal barlettano Mimmo Ricatti: il 35enne tesserato per il C.S. Aeronautica Militare è stato incluso tra gli atleti Azzurri della Nazionale Italiana di Maratona al lavoro al Sestriere per prepararsi ai prossimi Campionati europei in programma il 16 e 17 agosto a Zurigo. Dopo la Maratona di Roma conclusa in 2 ore, 15 minuti e 7 secondi a marzo, con annesso quarto posto tra 20mila runners e primato italiano ed europeo, Mimmo è pronto a tornare ai suoi livelli in vista della Maratona in programma ad agosto in terra elvetica. Questa mattina tornerà in pista come testimonial a Canosa, in un "Memorial Peppuccio Matarrese", mentre il 4 luglio ripartirà per Saint Moritz, intanto ci apre le porte di casa sua e tra borsoni in allestimento ci racconta le attese per la seconda parte del 2014:
Mimmo, che bilancio trai dal raduno azzurro?
«Sono stati 25 giorni duri ma costruttivi, tanto per il lavoro atletico quanto per l'ambiente. Fino a qualche anno fa andavo al Sestriere nel pieno dell'estate, e trovavo diversi vacanzieri: a maggio invece avrò trovato 20-30 persone. Abbiamo lavorato anche in una struttura fresca di allestimento, dove il personale è arrivato in itinere, una situazione particolare ma alla fine, visto che abbiamo lavorato quasi un mese lì, si è creata una piccola famiglia. Inoltre ho avuto un problema ai denti, che mi ha costretto a rivolgermi a cure mentre ero lì: questo mi ha creato problematiche in quanto a sonno e alimentazione, ma con un piccolo intervento mi sono ripreso negli ultimi giorni. Ora sono sceso da un periodo di altura, mi appresto a un nuovo periodo di altura, e domenica a Canosa ritrovo l'occasione per fare un piccolo test, sebbene parteciperò solo da testimonial, ed è un invito che ho accolto con piacere».
Come è stato il rientro?
«Quando scendi di tanti metri, in genere sei un po' stralunato. In quota perdi un minuto a chilometro sui tuoi tempi, ma ora sto già bene. La mia preparazione di questo periodo per la Maratona di Zurigo-anomala in quanto si corre in estate- ha visto nel Sestriere una tappa fondamentale per me, che le uniche salite che conosco in zona sono quelle dei garage (ride, ndr): questo mi ha messo a dura prova, con annessi dolori nel breve, ma nella programmazione verso la gara questo potrebbe essere un vantaggio. Credo che dopo il periodo di alleggerimento che sto svolgendo qui a Barletta, con 35-37 chilometri al giorno, potrebbe aiutarmi in tal senso. A Saint Moritz, invece, dal 4 luglio affronteremo una montagna più "dolce": corri perché si sviluppa su un altopiano, a differenza del Sestriere che è un colle, ma ti dà comunque la sensazione di correre in altura. Lì potevamo girare con più calma solo in pista».
Il tuo rapporto con la pista, appunto. Amore e odio?
«Io ci sono nato in pista, ma da nostalgico distinguo atletica e corsa: la prima è fatta dagli specialisti, tra corsa, lanci e salti, la seconda la fanno in tanti. Correre in pista è bello, ma per chi deve fare carichi di lavoro da decine di chilometri al giorno non è proponibile. Ho ascoltato le idee di qualcuno che voleva addirittura eliminare la pista: non si può fare, prima di tutto, perché un eroe barlettano e nazionale come Pietro Mennea ci ha lavorato, ci è cresciuto e ci ha stabilito un record. Inoltre, perché bisogna far proseguire il fenomeno dell'atletica a Barletta dandovi un luogo-simbolo. Il rettangolo verde accoglie uno sport bellissimo come il calcio: diciamo che il calcio è un santo. Il santo ha l'aureola, quindi il campo di gioco senza pista perde l'aureola».
In un recente botta-e-risposta innescato su Facebook, l'assessore allo sport Divincenzo aveva spiegato che servono 500mila euro per rifare la pista. Tu non sei di stanza a Barletta, ma come vivi la situazione riguardante la pista del "Puttilli"?
«E' un po' come la religione: serve una basilica dove consegnare i sacramenti: se la Cattedrale è chiusa e non ha i banchi, non si va avanti. E' vero, ci sono i questuanti ma non possiamo fare solo questo. Io corro per strada ad esempio, ma non è la situazione ottimale: la pista è un punto di riferimento. Ad esempio, ora sono occasionalmente a Barletta: per me comunque il campo sportivo rimane un "ufficio". Per me, ora come ora, diventa difficile fare gli allenamenti tecnici in pista, ma questo poco conta. Conta sapere che l'atleta nasce atleta, poi diventa maratoneta, quindi serve la pista. Si parte dai 100, i 400, i 1000. La pista dev'essere una palestra. Come ho detto altre volte, in tutti gli sport esiste la preparazione atletica prima di tutto, poi si cura la specialità che si persegue. L'atletica è la regina degli sport perché per muoverti devi saper correre, lanciare, saltare: abilità che poi applichi a tutte le discipline. Quindi la pista serve a tutti gli sportivi, non solo a chi fa atletica. Questo vuol dire essere attenti: che poi la pista si rifaccia o meno, dipende da tanti altri fattori. Se però davanti alla voglia c'è un dirupo a fare da ostacolo, non si va da nessuna parte: mi inalbero quando qualcuno lamenta la mancanza di strutture. La prima struttura siamo noi. Con Antonio Divincenzo c'è un rapporto franco: la volontà c'è, ma servono tante componenti. Intanto teniamoci la pista che abbiamo, se poi migliora tanto di guadagnato».
Negli ultimi anni il mondo della corsa ha preso piede nella quotidianità barlettana. Come valuti questa crescita?
«La gente ha capito che per non andare in farmacia deve stare bene, curare il fisico: di qui è cresciuto il movimento degli amatori, un bellissimo movimento che sposta anche orde di 50-60mila persone. Per 50mila che gareggiano ci saranno 50mila figli, che magari non fanno la Maratona ma vorranno partecipare al mondo dello sport: il genitore che torna a casa, si alza alle 6 per andare a correre e ha una cultura dello sport vorrà vedere suo figlio legato a questo mondo. Se poi chi oggi ottiene risultati come me, Vito Incantalupo e Veronica Inglese può essere una spinta, ben venga: io se non avessi visto riferimenti come Pietro Mennea, Cosimo Puttilli, Angelo Marchiselli e Michele Dipace, per dirne alcuni, non avrei coltivato una tale passione».
Che insidie presenta la Maratona di Zurigo?
«I dirigenti e la squadra femminile hanno già verificato il tracciato. Rispetto alla consueta maratona, che si corre intorno al lago, questa volta gareggeremo su un anello di 10 chilometri che per 4 chilometri va in città, con una salita terribile e una discesa ancor peggiore. Se in discesa non sai correre perdi tempo e giri: ti fa paradossalmente frenare, questa potrebbe essere una chiave di lettura importante. Chi sa correre meglio su questo tipo di terreno potrebbe essere agevolato».
Il rapporto con Barletta, appunto. Che carica ti dà la tua città?
«L'accoglienza che ricevo in questa comunità mi esalta, sempre: bisogna fare un piccolo passo indietro per questo. Io ho una pagina Facebook pubblica curata con un ragazzo, Michele Mennuni. Scendo dalle montagne, mi sposto tanto, ma l'eccitazione che mi dà il calore barlettano non lo trovo altrove. Lo sport è il mestiere di quelli che non sono cresciuti, si dice: il "bravo Mimmo" mi dà enorme forza. Proprio negli scorsi giorni, ad esempio stavo correndo per strada e mi sono sentito urlare da dietro: era un uomo che diceva "Sei uno spettacolo, Ricatti", ed è come se l'avesse detto Barletta. O come quando mi si avvicina il contadino e dice "Ricatti, i vu du zucchein? (vuoi due zucchine?, ndr)».
Mimmo, abbiamo fatto un'intervista senza parlare di vacanze. Esistono per un atleta?
«La parola vacanza significa vuoto: a me e a chi corre non piace riempire i contenitori con il vuoto. L'allenamento è investimento, lavoro, impegno: ci si impegna sempre, non a corrente alterna. Questo è il mio lavoro: chi mi chiede "che altro fai?" non considera la preparazione che c'è dietro la fase intensa in cui realizzi. Per quanto ci riguarda, nell'atletica c'è la teoria del terzo allenamento: correre la mattina, correre la sera e poi vivere. Il che consiste in dormire bene, mangiare bene e altro. Quando stacchi per le vacanze, devi pianificare con attenzione: di questo non mi lamento affatto, faccio quello che mi piace e mi sento sempre in ferie. Detto ciò, per me le vacanze avranno il via il 17 agosto: tecnicamente, però, la vacanza non è mai concepita come interruzione, ma come alleggerimento. Per ora, però, penso solo a Zurigo».
(Twitter: @GuerraLuca88)
Mimmo, che bilancio trai dal raduno azzurro?
«Sono stati 25 giorni duri ma costruttivi, tanto per il lavoro atletico quanto per l'ambiente. Fino a qualche anno fa andavo al Sestriere nel pieno dell'estate, e trovavo diversi vacanzieri: a maggio invece avrò trovato 20-30 persone. Abbiamo lavorato anche in una struttura fresca di allestimento, dove il personale è arrivato in itinere, una situazione particolare ma alla fine, visto che abbiamo lavorato quasi un mese lì, si è creata una piccola famiglia. Inoltre ho avuto un problema ai denti, che mi ha costretto a rivolgermi a cure mentre ero lì: questo mi ha creato problematiche in quanto a sonno e alimentazione, ma con un piccolo intervento mi sono ripreso negli ultimi giorni. Ora sono sceso da un periodo di altura, mi appresto a un nuovo periodo di altura, e domenica a Canosa ritrovo l'occasione per fare un piccolo test, sebbene parteciperò solo da testimonial, ed è un invito che ho accolto con piacere».
Come è stato il rientro?
«Quando scendi di tanti metri, in genere sei un po' stralunato. In quota perdi un minuto a chilometro sui tuoi tempi, ma ora sto già bene. La mia preparazione di questo periodo per la Maratona di Zurigo-anomala in quanto si corre in estate- ha visto nel Sestriere una tappa fondamentale per me, che le uniche salite che conosco in zona sono quelle dei garage (ride, ndr): questo mi ha messo a dura prova, con annessi dolori nel breve, ma nella programmazione verso la gara questo potrebbe essere un vantaggio. Credo che dopo il periodo di alleggerimento che sto svolgendo qui a Barletta, con 35-37 chilometri al giorno, potrebbe aiutarmi in tal senso. A Saint Moritz, invece, dal 4 luglio affronteremo una montagna più "dolce": corri perché si sviluppa su un altopiano, a differenza del Sestriere che è un colle, ma ti dà comunque la sensazione di correre in altura. Lì potevamo girare con più calma solo in pista».
Il tuo rapporto con la pista, appunto. Amore e odio?
«Io ci sono nato in pista, ma da nostalgico distinguo atletica e corsa: la prima è fatta dagli specialisti, tra corsa, lanci e salti, la seconda la fanno in tanti. Correre in pista è bello, ma per chi deve fare carichi di lavoro da decine di chilometri al giorno non è proponibile. Ho ascoltato le idee di qualcuno che voleva addirittura eliminare la pista: non si può fare, prima di tutto, perché un eroe barlettano e nazionale come Pietro Mennea ci ha lavorato, ci è cresciuto e ci ha stabilito un record. Inoltre, perché bisogna far proseguire il fenomeno dell'atletica a Barletta dandovi un luogo-simbolo. Il rettangolo verde accoglie uno sport bellissimo come il calcio: diciamo che il calcio è un santo. Il santo ha l'aureola, quindi il campo di gioco senza pista perde l'aureola».
In un recente botta-e-risposta innescato su Facebook, l'assessore allo sport Divincenzo aveva spiegato che servono 500mila euro per rifare la pista. Tu non sei di stanza a Barletta, ma come vivi la situazione riguardante la pista del "Puttilli"?
«E' un po' come la religione: serve una basilica dove consegnare i sacramenti: se la Cattedrale è chiusa e non ha i banchi, non si va avanti. E' vero, ci sono i questuanti ma non possiamo fare solo questo. Io corro per strada ad esempio, ma non è la situazione ottimale: la pista è un punto di riferimento. Ad esempio, ora sono occasionalmente a Barletta: per me comunque il campo sportivo rimane un "ufficio". Per me, ora come ora, diventa difficile fare gli allenamenti tecnici in pista, ma questo poco conta. Conta sapere che l'atleta nasce atleta, poi diventa maratoneta, quindi serve la pista. Si parte dai 100, i 400, i 1000. La pista dev'essere una palestra. Come ho detto altre volte, in tutti gli sport esiste la preparazione atletica prima di tutto, poi si cura la specialità che si persegue. L'atletica è la regina degli sport perché per muoverti devi saper correre, lanciare, saltare: abilità che poi applichi a tutte le discipline. Quindi la pista serve a tutti gli sportivi, non solo a chi fa atletica. Questo vuol dire essere attenti: che poi la pista si rifaccia o meno, dipende da tanti altri fattori. Se però davanti alla voglia c'è un dirupo a fare da ostacolo, non si va da nessuna parte: mi inalbero quando qualcuno lamenta la mancanza di strutture. La prima struttura siamo noi. Con Antonio Divincenzo c'è un rapporto franco: la volontà c'è, ma servono tante componenti. Intanto teniamoci la pista che abbiamo, se poi migliora tanto di guadagnato».
Negli ultimi anni il mondo della corsa ha preso piede nella quotidianità barlettana. Come valuti questa crescita?
«La gente ha capito che per non andare in farmacia deve stare bene, curare il fisico: di qui è cresciuto il movimento degli amatori, un bellissimo movimento che sposta anche orde di 50-60mila persone. Per 50mila che gareggiano ci saranno 50mila figli, che magari non fanno la Maratona ma vorranno partecipare al mondo dello sport: il genitore che torna a casa, si alza alle 6 per andare a correre e ha una cultura dello sport vorrà vedere suo figlio legato a questo mondo. Se poi chi oggi ottiene risultati come me, Vito Incantalupo e Veronica Inglese può essere una spinta, ben venga: io se non avessi visto riferimenti come Pietro Mennea, Cosimo Puttilli, Angelo Marchiselli e Michele Dipace, per dirne alcuni, non avrei coltivato una tale passione».
Che insidie presenta la Maratona di Zurigo?
«I dirigenti e la squadra femminile hanno già verificato il tracciato. Rispetto alla consueta maratona, che si corre intorno al lago, questa volta gareggeremo su un anello di 10 chilometri che per 4 chilometri va in città, con una salita terribile e una discesa ancor peggiore. Se in discesa non sai correre perdi tempo e giri: ti fa paradossalmente frenare, questa potrebbe essere una chiave di lettura importante. Chi sa correre meglio su questo tipo di terreno potrebbe essere agevolato».
Il rapporto con Barletta, appunto. Che carica ti dà la tua città?
«L'accoglienza che ricevo in questa comunità mi esalta, sempre: bisogna fare un piccolo passo indietro per questo. Io ho una pagina Facebook pubblica curata con un ragazzo, Michele Mennuni. Scendo dalle montagne, mi sposto tanto, ma l'eccitazione che mi dà il calore barlettano non lo trovo altrove. Lo sport è il mestiere di quelli che non sono cresciuti, si dice: il "bravo Mimmo" mi dà enorme forza. Proprio negli scorsi giorni, ad esempio stavo correndo per strada e mi sono sentito urlare da dietro: era un uomo che diceva "Sei uno spettacolo, Ricatti", ed è come se l'avesse detto Barletta. O come quando mi si avvicina il contadino e dice "Ricatti, i vu du zucchein? (vuoi due zucchine?, ndr)».
Mimmo, abbiamo fatto un'intervista senza parlare di vacanze. Esistono per un atleta?
«La parola vacanza significa vuoto: a me e a chi corre non piace riempire i contenitori con il vuoto. L'allenamento è investimento, lavoro, impegno: ci si impegna sempre, non a corrente alterna. Questo è il mio lavoro: chi mi chiede "che altro fai?" non considera la preparazione che c'è dietro la fase intensa in cui realizzi. Per quanto ci riguarda, nell'atletica c'è la teoria del terzo allenamento: correre la mattina, correre la sera e poi vivere. Il che consiste in dormire bene, mangiare bene e altro. Quando stacchi per le vacanze, devi pianificare con attenzione: di questo non mi lamento affatto, faccio quello che mi piace e mi sento sempre in ferie. Detto ciò, per me le vacanze avranno il via il 17 agosto: tecnicamente, però, la vacanza non è mai concepita come interruzione, ma come alleggerimento. Per ora, però, penso solo a Zurigo».
(Twitter: @GuerraLuca88)
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