Calcio
Il rigore di Maffei contro il Barletta Calcio
La querelle-"Puttilli" mette a serio rischio l'iscrizione del Barletta Calcio
Barletta - martedì 26 giugno 2012
14.55
C'era una volta una società seria, con i conti in regola, ambiziosa e vogliosa di riportare il calcio e la città di Barletta ai livelli che di diritto competono a questo ambiente e a questa tifoseria. C'era una volta l'idea di programmare il calcio, di spendere soldi per far bene con la squadra biancorossa. C'era una volta il desiderio, il concreto progetto di un presidente appassionato di far rivivere alla città di Barletta le gioie e i fasti della serie B, in un momento storico nel quale anche un semplice sport come il calcio può riuscire a far dimenticare problematiche opprimenti come quelle che angustiano la quotidianità di tanta gente. Sembrererebbe l'inizio di una favola, ma come in ogni schema greimasiano irrompe il "cattivo" di turno a rovinare i piani, il disegno iniziale.
E qui a far da contraltare ai piani del Barletta Calcio ci sono purtroppo i continui rinvii, le eterne promesse, i continui "sì, ma, poi vediamo" di un'amministrazione comunale che sulla questione- rinnovo della Convenzione per il "Cosimo Puttilli", denunciata una settimana fa dal dimissionario presidente biancorosso Tatò come "pietra dello scandalo" per l'iscrizione al campionato di Prima Divisione Lega Pro 2012/2013, non ha ancora proferito parola. E il 30 giugno, termine per il versamento della fidejussione da 600mila euro e della rata di iscrizione da 38mila euro, presupposti per partecipare alla competizione, è praticamente dietro l'angolo: ma questo, e qui davvero c'è da restare sgomenti, in Comune non sembra interessare in alcun modo, al di là delle dichiarazioni che rassicurano sull'accordo. Se l'altra parte non è stata mai contattata difficile accordarsi, o no? Sono passati sette giorni dalla denuncia del Barletta Calcio, e dal Comune nessuno si è fatto sentire verso il club di via Vittorio Veneto nell'arco di una settimana: 2000 e passa anni fa Qualcuno in 6 giorni ha creato il Mondo, qui a Barletta non si è stati capaci di muover foglia, o di comunicare di aver mosso foglia, su un impianto sportivo. Nel mezzo la fibrillazione di migliaia di tifosi che amano i colori biancorossi, stanchi di un'amministrazione incapace in un anno e mezzo di fare lumi sulla questione-stadio, e gli onerosi investimenti di una società che oggi non può programmare alcunchè del suo futuro. Inutile raccontare le tappe della querelle sull'impianto sportivo barlettano, argomento già sviluppato, meglio studiarne protagonisti e cercare le responsabilità di questa insostenibile situazione.
Le inaccessibili stanze del potere....
Il calcio è in un momento di crisi nera, ma a Barletta, caso più unico che raro, neppure i sentori di un possibile addio dei Tatò, con il "nulla" in quanto a investimenti che si prospettava all'orizzonte, hanno smosso le "stanze del potere": nei centri vicini, da Foggia a Lecce a Taranto, restando nelle vicinanze in quel di Andria, le amministrazioni comunali si sono mobilitate per salvare il calcio cittadino. E' pur vero che la situazione, eccezion fatta per Lecce, resta fortemente in bilico, ma almeno ci si è mossi, si è testimoniato attivamente il riconoscimento del ruolo di aggregazione sociale e di riferimento, anche economico, che il mondo del pallone a scacchi ricopre per tanti tifosi e tanti operatori. A Barletta no: una società economicamente florida rischia perlomeno di ridimensionarsi, o addirittura di scomparire nelle serie inferiori, a causa di un'amministrazione che ha fatto del rinvio la strategia maestra sulla questione-"Puttilli". Un'amministrazione che ha scelto la chiusura all'esterno come life-style, scelta decisamente inappropriata in un momento in cui il malumore serpeggia tra i cittadini per 1000 motivi, e vedere le "stanze del potere" chiuse a tripla mandata certo non giova;
Uno stadio "buono" solo per partite ufficiali
Il nocciolo della questione? In primis il mancato riconoscimento delle spese ordinarie e straordinarie operate dal Barletta Calcio sull'impianto, pari- si stima- a quasi 300.000 euro; in secundis, il fatto di avere uno stadio, questo si legge dalla autorizzazione di cui il Barletta Calcio "gode" dalla scorsa stagione, il cui uso è autorizzato solo per le "partite ufficiali". Punto senza il quale la Lega Pro non concederebbe l'iscrizione al campionato. Un Barletta che occupa quindi "abusivamente" casa sua, anche durante gli allenamenti: se non è un paradosso questo…Forse lo è quello di uno stadio da 3.998 (!) posti, quando il minimo per giocare sarebbe 4.000, il che porta la società biancorossa a chiedere un'altra deroga in Lega per ospitare match di campionato. E vien quasi da pensare, ironicamente, che sia un bene che la promozione in B, mancata lo scorso anno per demeriti sul campo, non sia arrivata: in B serve uno stadio agibile per almeno 10.000 posti, e il Barletta sarebbe dovuto emigrare a Lecce o Napoli nel migliore dei casi, o avrebbe dovuto rinunciare alla cadetteria nel peggiore dei casi. Come si sarebbe potuto programmare qualcosa in B senza una casa sportiva? Qualcuno l'ha fatto, penso al Sassuolo, all'Albinoleffe, con esiti positivi, ma è emigrato a 30 chilometri, non a 300. Come può un imprenditore pensare di investire soldi di fronte a un'amministrazione che sta facendo dell'indifferenza e della latenza il suo leit-motiv?;
Quale programmazione? E se l'iscrizione non arrivasse?
Da quel "famoso" 23 maggio, data dello stringato comunicato in cui i Tatò si dimettevano dalla guida societaria del Barletta, ne è passata di acqua sotto i ponti: altri minimi comunicati, una conferenza stampa, tanti e piccati appunti al presidente biancorosso, in primis da parte di chi scrive. C'è però anche il rovescio della medaglia, che non comunica con i media, si nasconde senza motivo apparente: l'impressione comune è stata che si pensasse a Roberto Tatò come un "polpo", che si cuoce nella propria acqua, che muove i tentacoli ma non fa male, che alla fine "tanto la iscrive la squadra". E qui viene il rovescio della medaglia: se questa impossibilità di programmare portasse il presidente a non iscrivere la squadra al prossimo campionato? Se la stanchezza davanti a una sequela di rinvii avviata nell'aprile 2011 portasse il numero 1 biancorosso a gettare la spugna? A quel punto chi spiegherebbe a chi di Barletta Calcio si ciba, a chi ama i colori biancorossi e il calcio come è andata la vicenda? E' il rischio, concreto più che mai, che si corre davanti a un'amministrazione che della comunicazione fa l'ultima ruota del suo carro, ricco di vincitori ma ancor più di vinti;
Il rigore di Maffei
Da non confondersi da quello tanto caldeggiato dalla Fornero: il rigore di Nicola Maffei è prettamente calcistico, ma le lacrime, quelle dei tifosi del Barletta, rischiano di esserci lo stesso alla fine. Siamo arrivati all'ultima spigolatura del triangolo Comune-Puttilli-Barletta Calcio: la nera impressione è che il rischio che la squadra non si iscriva sia molto più netto di quanto sembri in apparenza. La città di Barletta, inutile negarlo, da un po' di anni a questa parte, sta lentamente appassendo. Vuole davvero l'amministrazione comunale far morire anche il calcio, con l'economia che ne consegue e i migliaia di interessi sportivi che vi ruotano intorno? Possibile che non ci si renda conto dell'impossibilità di programmare in queste condizioni di totale incertezza logistica? Sono domande che porremmo volentieri al Sindaco di Barletta, se non si negasse con costanza ai nostri microfoni (e anche a quelli degli altri organi di stampa, a quanto pare). Eppure il confronto non ha mai fatto male a nessuno: il silenzio, quello sì che è pericoloso. Ad oggi il sindaco Maffei sembra avere tra i piedi il penalty che può affossare o risollevare il Barletta: più passa il tempo e più la palla scotta. Per il momento a cuocere come "polpi" restano il presidente Tatò, tutti i tesserati che rischiano di rimanere a casa tra qualche giorno, tutti gli appassionati di calcio e gli addetti ai lavori. Il dubbio è che in cucina alla fine ci sia lo stesso Comune: il Barletta e Barletta esigono risposte, basta con i rinvii. Amministrazione comunale, stop alla strategia del silenzio: come recitava lo slogan della campagna abbonamenti del Barletta Calcio, sullo stadio "ne abbiamo piene le palle".
(Twitter: @GuerraLuca88)
E qui a far da contraltare ai piani del Barletta Calcio ci sono purtroppo i continui rinvii, le eterne promesse, i continui "sì, ma, poi vediamo" di un'amministrazione comunale che sulla questione- rinnovo della Convenzione per il "Cosimo Puttilli", denunciata una settimana fa dal dimissionario presidente biancorosso Tatò come "pietra dello scandalo" per l'iscrizione al campionato di Prima Divisione Lega Pro 2012/2013, non ha ancora proferito parola. E il 30 giugno, termine per il versamento della fidejussione da 600mila euro e della rata di iscrizione da 38mila euro, presupposti per partecipare alla competizione, è praticamente dietro l'angolo: ma questo, e qui davvero c'è da restare sgomenti, in Comune non sembra interessare in alcun modo, al di là delle dichiarazioni che rassicurano sull'accordo. Se l'altra parte non è stata mai contattata difficile accordarsi, o no? Sono passati sette giorni dalla denuncia del Barletta Calcio, e dal Comune nessuno si è fatto sentire verso il club di via Vittorio Veneto nell'arco di una settimana: 2000 e passa anni fa Qualcuno in 6 giorni ha creato il Mondo, qui a Barletta non si è stati capaci di muover foglia, o di comunicare di aver mosso foglia, su un impianto sportivo. Nel mezzo la fibrillazione di migliaia di tifosi che amano i colori biancorossi, stanchi di un'amministrazione incapace in un anno e mezzo di fare lumi sulla questione-stadio, e gli onerosi investimenti di una società che oggi non può programmare alcunchè del suo futuro. Inutile raccontare le tappe della querelle sull'impianto sportivo barlettano, argomento già sviluppato, meglio studiarne protagonisti e cercare le responsabilità di questa insostenibile situazione.
Le inaccessibili stanze del potere....
Il calcio è in un momento di crisi nera, ma a Barletta, caso più unico che raro, neppure i sentori di un possibile addio dei Tatò, con il "nulla" in quanto a investimenti che si prospettava all'orizzonte, hanno smosso le "stanze del potere": nei centri vicini, da Foggia a Lecce a Taranto, restando nelle vicinanze in quel di Andria, le amministrazioni comunali si sono mobilitate per salvare il calcio cittadino. E' pur vero che la situazione, eccezion fatta per Lecce, resta fortemente in bilico, ma almeno ci si è mossi, si è testimoniato attivamente il riconoscimento del ruolo di aggregazione sociale e di riferimento, anche economico, che il mondo del pallone a scacchi ricopre per tanti tifosi e tanti operatori. A Barletta no: una società economicamente florida rischia perlomeno di ridimensionarsi, o addirittura di scomparire nelle serie inferiori, a causa di un'amministrazione che ha fatto del rinvio la strategia maestra sulla questione-"Puttilli". Un'amministrazione che ha scelto la chiusura all'esterno come life-style, scelta decisamente inappropriata in un momento in cui il malumore serpeggia tra i cittadini per 1000 motivi, e vedere le "stanze del potere" chiuse a tripla mandata certo non giova;
Uno stadio "buono" solo per partite ufficiali
Il nocciolo della questione? In primis il mancato riconoscimento delle spese ordinarie e straordinarie operate dal Barletta Calcio sull'impianto, pari- si stima- a quasi 300.000 euro; in secundis, il fatto di avere uno stadio, questo si legge dalla autorizzazione di cui il Barletta Calcio "gode" dalla scorsa stagione, il cui uso è autorizzato solo per le "partite ufficiali". Punto senza il quale la Lega Pro non concederebbe l'iscrizione al campionato. Un Barletta che occupa quindi "abusivamente" casa sua, anche durante gli allenamenti: se non è un paradosso questo…Forse lo è quello di uno stadio da 3.998 (!) posti, quando il minimo per giocare sarebbe 4.000, il che porta la società biancorossa a chiedere un'altra deroga in Lega per ospitare match di campionato. E vien quasi da pensare, ironicamente, che sia un bene che la promozione in B, mancata lo scorso anno per demeriti sul campo, non sia arrivata: in B serve uno stadio agibile per almeno 10.000 posti, e il Barletta sarebbe dovuto emigrare a Lecce o Napoli nel migliore dei casi, o avrebbe dovuto rinunciare alla cadetteria nel peggiore dei casi. Come si sarebbe potuto programmare qualcosa in B senza una casa sportiva? Qualcuno l'ha fatto, penso al Sassuolo, all'Albinoleffe, con esiti positivi, ma è emigrato a 30 chilometri, non a 300. Come può un imprenditore pensare di investire soldi di fronte a un'amministrazione che sta facendo dell'indifferenza e della latenza il suo leit-motiv?;
Quale programmazione? E se l'iscrizione non arrivasse?
Da quel "famoso" 23 maggio, data dello stringato comunicato in cui i Tatò si dimettevano dalla guida societaria del Barletta, ne è passata di acqua sotto i ponti: altri minimi comunicati, una conferenza stampa, tanti e piccati appunti al presidente biancorosso, in primis da parte di chi scrive. C'è però anche il rovescio della medaglia, che non comunica con i media, si nasconde senza motivo apparente: l'impressione comune è stata che si pensasse a Roberto Tatò come un "polpo", che si cuoce nella propria acqua, che muove i tentacoli ma non fa male, che alla fine "tanto la iscrive la squadra". E qui viene il rovescio della medaglia: se questa impossibilità di programmare portasse il presidente a non iscrivere la squadra al prossimo campionato? Se la stanchezza davanti a una sequela di rinvii avviata nell'aprile 2011 portasse il numero 1 biancorosso a gettare la spugna? A quel punto chi spiegherebbe a chi di Barletta Calcio si ciba, a chi ama i colori biancorossi e il calcio come è andata la vicenda? E' il rischio, concreto più che mai, che si corre davanti a un'amministrazione che della comunicazione fa l'ultima ruota del suo carro, ricco di vincitori ma ancor più di vinti;
Il rigore di Maffei
Da non confondersi da quello tanto caldeggiato dalla Fornero: il rigore di Nicola Maffei è prettamente calcistico, ma le lacrime, quelle dei tifosi del Barletta, rischiano di esserci lo stesso alla fine. Siamo arrivati all'ultima spigolatura del triangolo Comune-Puttilli-Barletta Calcio: la nera impressione è che il rischio che la squadra non si iscriva sia molto più netto di quanto sembri in apparenza. La città di Barletta, inutile negarlo, da un po' di anni a questa parte, sta lentamente appassendo. Vuole davvero l'amministrazione comunale far morire anche il calcio, con l'economia che ne consegue e i migliaia di interessi sportivi che vi ruotano intorno? Possibile che non ci si renda conto dell'impossibilità di programmare in queste condizioni di totale incertezza logistica? Sono domande che porremmo volentieri al Sindaco di Barletta, se non si negasse con costanza ai nostri microfoni (e anche a quelli degli altri organi di stampa, a quanto pare). Eppure il confronto non ha mai fatto male a nessuno: il silenzio, quello sì che è pericoloso. Ad oggi il sindaco Maffei sembra avere tra i piedi il penalty che può affossare o risollevare il Barletta: più passa il tempo e più la palla scotta. Per il momento a cuocere come "polpi" restano il presidente Tatò, tutti i tesserati che rischiano di rimanere a casa tra qualche giorno, tutti gli appassionati di calcio e gli addetti ai lavori. Il dubbio è che in cucina alla fine ci sia lo stesso Comune: il Barletta e Barletta esigono risposte, basta con i rinvii. Amministrazione comunale, stop alla strategia del silenzio: come recitava lo slogan della campagna abbonamenti del Barletta Calcio, sullo stadio "ne abbiamo piene le palle".
(Twitter: @GuerraLuca88)