Calcio
Centenario biancorosso, dalle origini agli anni Sessanta - Prima parte
Dallo sterrato di Piazza Castello, agli anni di mister Dugini, nell’attesa del “campo nuovo”
Barletta - venerdì 21 gennaio 2022
Sono passati esattamente cent'anni da quando al civico 69 di Via Nazareth, un gruppo di giovani operai barlettani pensarono di portare il football inglese anche nella nostra città.
Oggi il processo di nascita e di iscrizione al campionato di una nuova compagine calcistica è piuttosto semplice: nuova compagine societaria trova le risorse economiche, si iscrive in federazione, tessera i calciatori, trova il suo terreno di gioco e partecipa di volta in volta al torneo di competenza.
Proviamo invece ad immaginare le immani difficoltà che trovarono quei ragazzi nel 1922, in quadro sociale, politico ed economico caratterizzato in quegli anni di dignitosa miseria dalla pesante crisi economica e sociale post bellica, dallo stato di totale anarchia di un'Italia stretta a tenaglia tra le violenze rosse e quelle squadriste, che di li a poco avrebbero prevalso. A ciò si aggiungano inoltre le drammatiche conseguenze della pandemia da "influenza spagnola", che colpì duramente anche Barletta, con oltre 5mila vittime.
E' in questo contesto che nasce il Barletta calcio, grazie al coraggio e alla passione di un gruppo di ragazzi per quel nuovo gioco venuto dall'Inghilterra, inversamente proporzionali alle risorse economiche a disposizione. Essi non avevano un campo sportivo degno di tal nome (un po' come oggi d'altronde), ma disputavano le loro partite sullo sterrato antistante il Castello Svevo.
La prima iscrizione in un torneo federale risale alla stagione 1928/29. Si trattava del campionato di terza divisione pugliese, l'allora livello più basso del calcio italiano. Tra ripescaggi e iscrizioni a singhiozzo, sarà questa la dimensione del calcio barlettano, che nel frattempo ha trovato la sua "casa" nel Campo Comunale "Littorio" (oggi Velodromo "Lello Simeone"). Una dimensione più che altro regionale che tanto ricorda la situazione attuale, e che sarà tale fino alla stagione 1954/55, quando i biancorossi dei presidenti Lattanzio e Riccheo centreranno la promozione in Quarta Serie, l'attuale Serie D.
Dopo due anni di "apprendistato" in Interregionale, e grazie soprattutto alla prima grande riforma dei campionati, al termine della stagione 1957/58 il Barletta viene ammesso per la prima volta in Serie C, dove vi resterà per quattro stagioni prima del retrocessione del 1962.
E' in questi anni che nasce il primo grande blocco storico del Barletta a memoria di tifoso: ne fanno parte il portiere Paolillo, i terzini Faraone e Milillo, il mediano Scarpa, il futuro mister Margiotta ed altri elementi di valore quali il centrocampista Di Paola e il centravanti Lobascio.
In panchina si alternano i vari Dino Bovoli (l'artefice della promozione in C), Stanislao Chiapulin (cui è dedicato l'impianto di Via dei Mandorli) e soprattutto mister Ottorino Dugini: toscano di Terranuova Bracciolini (Arezzo), classe 1914, ex centrocampista dal gol facile del Bari degli anni Trenta, dove giocò col grande Tommaso Maestrelli.
Dugini riporterà il Barletta in Serie C al termine della stagione 1965/66, ma soprattutto, grazie a compagini societarie un po' più ambiziose che in passato, e allo zoccolo duro composto dai giocatori prima citati, riuscirà a dare al calcio barlettano quella stabilità degna di una città in grande crescita non solo economica, ma anche sportiva dal momento che in città, oltre alla squadra di calcio, si sta facendo largo un esile ragazzino, figlio di una sarta, che corre veloce, dannatamente veloce. Troppo veloce per passare inosservato persino in una città come Barletta che ha nel fatalismo e nel disincanto forse due dei suoi lati peggiori. Quell'esile ragazzino si chiamava Pietro Mennea.
Calcio e atletica. Senza dubbio il connubio più vincente della storia dello sport barlettano di quegli anni. Due movimenti in crescita esponenziale a cui l'ormai vetusto "Lello Simeone" sta decisamente troppo stretto.
Oggi il processo di nascita e di iscrizione al campionato di una nuova compagine calcistica è piuttosto semplice: nuova compagine societaria trova le risorse economiche, si iscrive in federazione, tessera i calciatori, trova il suo terreno di gioco e partecipa di volta in volta al torneo di competenza.
Proviamo invece ad immaginare le immani difficoltà che trovarono quei ragazzi nel 1922, in quadro sociale, politico ed economico caratterizzato in quegli anni di dignitosa miseria dalla pesante crisi economica e sociale post bellica, dallo stato di totale anarchia di un'Italia stretta a tenaglia tra le violenze rosse e quelle squadriste, che di li a poco avrebbero prevalso. A ciò si aggiungano inoltre le drammatiche conseguenze della pandemia da "influenza spagnola", che colpì duramente anche Barletta, con oltre 5mila vittime.
E' in questo contesto che nasce il Barletta calcio, grazie al coraggio e alla passione di un gruppo di ragazzi per quel nuovo gioco venuto dall'Inghilterra, inversamente proporzionali alle risorse economiche a disposizione. Essi non avevano un campo sportivo degno di tal nome (un po' come oggi d'altronde), ma disputavano le loro partite sullo sterrato antistante il Castello Svevo.
La prima iscrizione in un torneo federale risale alla stagione 1928/29. Si trattava del campionato di terza divisione pugliese, l'allora livello più basso del calcio italiano. Tra ripescaggi e iscrizioni a singhiozzo, sarà questa la dimensione del calcio barlettano, che nel frattempo ha trovato la sua "casa" nel Campo Comunale "Littorio" (oggi Velodromo "Lello Simeone"). Una dimensione più che altro regionale che tanto ricorda la situazione attuale, e che sarà tale fino alla stagione 1954/55, quando i biancorossi dei presidenti Lattanzio e Riccheo centreranno la promozione in Quarta Serie, l'attuale Serie D.
Dopo due anni di "apprendistato" in Interregionale, e grazie soprattutto alla prima grande riforma dei campionati, al termine della stagione 1957/58 il Barletta viene ammesso per la prima volta in Serie C, dove vi resterà per quattro stagioni prima del retrocessione del 1962.
E' in questi anni che nasce il primo grande blocco storico del Barletta a memoria di tifoso: ne fanno parte il portiere Paolillo, i terzini Faraone e Milillo, il mediano Scarpa, il futuro mister Margiotta ed altri elementi di valore quali il centrocampista Di Paola e il centravanti Lobascio.
In panchina si alternano i vari Dino Bovoli (l'artefice della promozione in C), Stanislao Chiapulin (cui è dedicato l'impianto di Via dei Mandorli) e soprattutto mister Ottorino Dugini: toscano di Terranuova Bracciolini (Arezzo), classe 1914, ex centrocampista dal gol facile del Bari degli anni Trenta, dove giocò col grande Tommaso Maestrelli.
Dugini riporterà il Barletta in Serie C al termine della stagione 1965/66, ma soprattutto, grazie a compagini societarie un po' più ambiziose che in passato, e allo zoccolo duro composto dai giocatori prima citati, riuscirà a dare al calcio barlettano quella stabilità degna di una città in grande crescita non solo economica, ma anche sportiva dal momento che in città, oltre alla squadra di calcio, si sta facendo largo un esile ragazzino, figlio di una sarta, che corre veloce, dannatamente veloce. Troppo veloce per passare inosservato persino in una città come Barletta che ha nel fatalismo e nel disincanto forse due dei suoi lati peggiori. Quell'esile ragazzino si chiamava Pietro Mennea.
Calcio e atletica. Senza dubbio il connubio più vincente della storia dello sport barlettano di quegli anni. Due movimenti in crescita esponenziale a cui l'ormai vetusto "Lello Simeone" sta decisamente troppo stretto.