Calcio
Calciomercato, il Barletta e gli esuberi: perchè tanti "no"?
Gli interrogativi dopo i mancati addii di Minieri, Di Gennaro, Zappacosta e Petterini
Barletta - sabato 1 settembre 2012
20.22
«Minieri e Di Gennaro non fanno parte del progetto tecnico, anche se sono rimasti. Ho parlato con loro, ho bisogno di gente con grandi motivazioni, di grande spessore umano. Per quanto riguarda Zappacosta e Petterini, sono con noi dall'inizio del ritiro, per loro il discorso è stato più che altro di tipo economico. Sono rimasti qui, ma potrebbero anche ritornare utili». Le parole pronunciate questa mattina in conferenza stampa dall'allenatore del Barletta Calcio, Raffaele Novelli, hanno fatto parziale chiarezza sul futuro degli "esuberi" del calciomercato biancorosso, gli unici tra i tanti che per questioni tecniche ma soprattutto di bilancio il sodalizio di via Veneto aveva messo sul mercato a spada tratta sin dall'avvio delle trattative estive. Parole che hanno fatto la somma con quelle rese ufficialmente note ieri da Peppino Pavone a fine contrattazioni, quando il direttore sportivo biancorosso aveva spiegato che "gli unici ad aver accettato la riduzione dell'ingaggio, fino a questo momento, sono Angeletti, Mazzarani, Simoncelli e Petterini".
Un tema, quello delle mancate partenze, spesso legato a questioni di ordine economico: un mercato quasi bloccato, con scarsi spostamenti di liquidità e al tempo stesso tante società che hanno puntato a investire su giovani e "Under", categorie nelle quali i vari Minieri, Di Gennaro, Zappacosta e Petterini certo non rientravano, con i primi tre penalizzati anche dai lunghi problemi fisici che ne hanno condizionato la recente carriera. Al tempo stesso, in un futuro professionale incerto, il dipendente (pur privilegiato, ma tale resta un calciatore) cerca di mantenere più a lungo possibile lo "status" donato con maniche larghe da una società che nella scorsa stagione si è prodotta in spese alquanto esagerate e poco avvedute. Ad oggi in Lega Pro pochi sono i club che pagano lautamente e puntualmente, e il Barletta è tra questi. Tutto vero, ci mancherebbe: resta però il rovescio della medaglia, un interrogativo quasi "morale". Può un professionista rinunciare a fare il proprio lavoro, consapevole di questo, in nome del "dio denaro"?
La risposta l'ha offerta-pur indirettamente-mister Novelli: Zappacosta e Petterini faranno ancora parte del gruppo, pur partendo come riserve, mentre Minieri e Di Gennaro si apprestano a vivere questo periodo che porterà a gennaio 2013, apertura della prossima finestra di mercato, consapevoli di essere separati in casa e di essere destinati a restare sempre e comunque fuori dai giochi? Come laurearsi in medicina e rifiutare di entrare in sala operatoria, come essere specializzati in ingegneria e non voler avere a che fare con progetti et similia, come studiare per anni giornalismo e rifiutarsi di comporre articoli; si esagera, si parla per iperbole, ma il senso è chiaro. Resta una triste certezza da questa storia, senza voglia di tessere "j'accuse": il racconto di alcuni "no", di una voglia calante di rimettersi in gioco in altre piazze, forse l'ennesima conferma di uno sport che ormai sta perdendo day-by-day il suo senso, quello del gioco, per diventare solo ed esclusivamente un lavoro.
(Twitter: @GuerraLuca88)
Un tema, quello delle mancate partenze, spesso legato a questioni di ordine economico: un mercato quasi bloccato, con scarsi spostamenti di liquidità e al tempo stesso tante società che hanno puntato a investire su giovani e "Under", categorie nelle quali i vari Minieri, Di Gennaro, Zappacosta e Petterini certo non rientravano, con i primi tre penalizzati anche dai lunghi problemi fisici che ne hanno condizionato la recente carriera. Al tempo stesso, in un futuro professionale incerto, il dipendente (pur privilegiato, ma tale resta un calciatore) cerca di mantenere più a lungo possibile lo "status" donato con maniche larghe da una società che nella scorsa stagione si è prodotta in spese alquanto esagerate e poco avvedute. Ad oggi in Lega Pro pochi sono i club che pagano lautamente e puntualmente, e il Barletta è tra questi. Tutto vero, ci mancherebbe: resta però il rovescio della medaglia, un interrogativo quasi "morale". Può un professionista rinunciare a fare il proprio lavoro, consapevole di questo, in nome del "dio denaro"?
La risposta l'ha offerta-pur indirettamente-mister Novelli: Zappacosta e Petterini faranno ancora parte del gruppo, pur partendo come riserve, mentre Minieri e Di Gennaro si apprestano a vivere questo periodo che porterà a gennaio 2013, apertura della prossima finestra di mercato, consapevoli di essere separati in casa e di essere destinati a restare sempre e comunque fuori dai giochi? Come laurearsi in medicina e rifiutare di entrare in sala operatoria, come essere specializzati in ingegneria e non voler avere a che fare con progetti et similia, come studiare per anni giornalismo e rifiutarsi di comporre articoli; si esagera, si parla per iperbole, ma il senso è chiaro. Resta una triste certezza da questa storia, senza voglia di tessere "j'accuse": il racconto di alcuni "no", di una voglia calante di rimettersi in gioco in altre piazze, forse l'ennesima conferma di uno sport che ormai sta perdendo day-by-day il suo senso, quello del gioco, per diventare solo ed esclusivamente un lavoro.
(Twitter: @GuerraLuca88)