Barletta-Gubbio 1-2
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Calcio

Barletta Calcio, il Gruppo Erotico e la Curva Nord Barletta aderiranno alla Supporter Card

Intervista a 360 gradi con i componenti del Direttivo del gruppo organizzato

Il successo di una squadra parte proprio dai propri tifosi. Il tifo è una delle componenti principali in uno sport come il calcio. A Barletta, segnare ed esultare sotto la Curva Nord ha sempre un sapore particolare. Difficilmente i più affezionati dimenticheranno le coreografie della curva, lo spettacolo di colori offerto dai supporters biancorossi. A "guidare" il tifo in curva ci pensa il Gruppo Erotico 1987, storico gruppo di fede biancorossa, pronto a ripartire per la nuova avventura in Prima Divisione dopo la salvezza ottenuta ad Andria. Abbiamo intervistato alcuni dei componenti del Direttivo del Gruppo Erotico, che ci hanno esposto il variopinto mondo "ultras".

Partiamo dall'ultimo periodo. Volendo guardare dall'esterno, da parte vostra sembra ci sia stato un cambio di pensiero. Ne è testimonianza il lodevole atteggiamento della scorsa stagione che non vi ha mai portato oltre contestazioni civili. Da cosa è scaturito questo cambio di tendenza? Si può definire un effettivo cambio di tendenza rispetto all'ultimo spiacevole episodio capitato durante il ritiro di Sturno 3 stagioni orsono?
«Facciamo innanzitutto una considerazione. Per vincere un campionato, c'è bisogno di 3 componenti: squadra, tifosi e dirigenza. Quando questi 3 elementi camminano sullo stesso binario, tutto va bene, ma quando qualcosa non funziona in modo adeguato, è giusto che i tifosi intervengano. Non siamo mai entrati nel discorso tecnico. Anche lo scorso anno abbiamo accettato il discorso della società. Durante la scorsa stagione, siamo stati anche bravi a non caricare i ragazzi di troppe aspettative, come successe anche nell'anno in cui era presidente Checco Sfrecola. Eppure Barletta è una piazza esigente, che merita certi palcoscenici. Quando è successo l'episodio di Sturno, capimmo che c'era una mancanza di rispetto nei confronti di tutta la Città da parte di alcuni giocatori. Il direttore sportivo di quella stagione creò il distacco tra società e tifosi. Quando si vieta ai tifosi di entrare negli spogliatoi o di guardare gli allenamenti, vuol dire che non sei limpido».

«A Sturno l'episodio fu ampiamente enfatizzato dalla stampa. Anche contro la Cavese – in occasione della clamorosa rimonta che portò al 3-3 finale – la nostra reazione fu civile. Parlammo alla squadra, spronandola a raggiungere più risultati. Il nostro credo è quello in fin dei conti: la partita inizia al 1' e finisce al 90' e durante la partita non si contesta, ma si cerca di supportare la squadra. Ci sono stati anche dei momenti in cui la città ci ha abbandonato. Da parte nostra, essendo una vera e propria passione, il supporto non è mai mancato. Stiamo provando a portare tradizione e cultura calcistica nella città. Ci piacerebbe tanto vedere i ragazzi per strada giocare con la maglia del Barletta, e non con quella di Del Piero o di qualsiasi altro campione. Un esempio può essere quello dell'Atalanta: a Bergamo, il sindaco regala ad ogni nascituro la maglia dell'Atalanta, e ad ogni festa della Dea, ci sono 20 mila persone. Anche questa è cultura calcistica, questa significa avere fede e passione per i propri colori».

Questa idea di legare tifo e cultura è nata a partire dal progetto "Uniti per la maglia". Da cosa è nata questa idea? Con che scopo è nata?
«L'anno scorso a metà campionato abbiamo avviato il progetto di "Uniti per la maglia". Abbiamo cercato di aggregare quante più persone possibili. Ora portare un nome diventa pesante. Ma non per noi, che siamo il gruppo madre del tifo biancorosso. Abbiamo dunque deciso di portare il simbolo che rappresenta Barletta anche fuori, ossia la nostra maglia, e di unirci dietro lo striscione "Uniti per la maglia". Per noi arrivare ad Andria e salvarci è stato un risultato ottenuto anche grazie a quel gesto. Uniti per la maglia ha portato unità, condivisione, dialogo in curva, senza dare responsabilità a nessuno».

Dal punto di vista del tifo però, a prescindere dai gruppi organizzati, si è un po' perso l'amore per il Barletta. Da cosa è dipeso secondo voi questo distacco?
«Questo distacco è dipeso inizialmente anche da alcuni errori che ha fatto il Presidente Tatò. All'inizio, il presidente non era fiducioso nei nostri confronti. Sentiva la parola ultras, e pensava di avere di fronte gente ignorante che gli cercava dei soldi. Lui si creò un muro attorno a lui. Iniziò a far disputare gli allenamenti a porte chiuse, e in più cancellò la scuola calcio. Per noi quello era tanto. Infatti contro il Sud Tirol, quando si parlava di serie B, rivolgemmo al presidente uno striscione pesante: "Non sarà il tuo denaro a renderti onnipotente, rispetto per noi che ci saremo per sempre". Quel gesto fu significativo, ma il presidente lo colse in pieno. Ci siamo rivolti a lui sempre con intelligenza. Attualmente non abbiamo niente contro nessuno. Anzi, apprezziamo la persona che ci mette soldi di tasca sua. Ci sta bene anche fare 20 anni di serie C. Ci fa piacere che con il passare del tempo, il presidente ha visto che se noi agiamo, agiamo con il cervello. Già dello scorso anno, l'atteggiamento del presidente è cambiato nei nostri confronti. Il legame con il presidente è cambiato».

La dimostrazione di affetto più grande, si è avuta sia ad Andria in occasione del ritorno del playout, sia durante la festa del "Puttilli".
«In realtà, noi speravamo di andare a fare i playout a Carrara, per capire davvero la risposta dei barlettani. Alla fine dei conti, Andria è vicina. Noi vogliamo ripartire dal giorno della festa. Vogliamo ripartire essendo la fotocopia di quel giorno. In precedenza, seguendo determinate linee, eravamo diversi. Partecipando a feste e raduni, ci accollavamo dei problemi che spesso non ci appartenevano. Con il tempo, ci siamo resi conto, che i raduni servono a creare delle mode o per prenderci i problemi degli altri. Noi ripartiremo da quel giorno, ripartiremo dalla curva colorata. Anche perché la gente non può venire in curva e trovare altri problemi. Il barlettano il curva deve essere spensierato, deve dimenticare i suoi problemi, e non vedere altre difficoltà che si creano proprio in curva».


La vostra posizione in merito alla tessera del tifoso è cambiata? Tornerete a seguire il Barletta anche lontano dal "Puttilli"?
«Abbiamo aderito alla supporter card. La tessera del tifoso esiste in ogni serie, con la differenza che ogni Lega la chiama in maniera differente. In Lega Pro, si chiama supporter card. C'erano 3 punti che ci bloccavano nel tesseramento, che ci impedivano di seguire la squadra in trasferta: il circuito bancario, il cip che serviva per aprire i tornelli e l'articolo 9 (chi ha subito una condanna o ha commesso un reato negli ultimi 5 anni non può avere diritto alla tessera). La nuova supporter card non possiede questi 3 punti. Non c'è il circuito bancario, non c'è più il cip e soprattutto non esiste l'articolo 9. Quindi, una volta terminata la diffida, si può ottenere la tessera e tornare a seguire il Barletta anche in trasferta. Dobbiamo ripartire e tornare ad essere quelli di una volta. Non può succedere che, una volta arrivato il nostro turno, il gruppo deve scomparire, come qualcuno invidioso o geloso pensa. Per tanto tempo, l'Italia prendeva il Gruppo Erotico come modello di riferimento, poi per un periodo ci siamo eclissati. Ma in questi anni, il Direttivo è sempre esistito. Certo, ci sono state anche delle discussioni, ma queste aiutano a crescere, soprattutto nelle grandi famiglie».

«Quest'anno si riparte al 100%, a tutti gli effetti. I nostri detrattori potranno dire quello che vogliono: che ci siamo tesserati, che non ci siamo tesserati. A noi poco interessa: torneremo a seguire il Barletta anche fuori casa. In città, molti si nascondono dietro la tessera. In tanti, non volendo sottoscrivere la tessera del tifoso, si sono allontanati dal tifo, non hanno più fatto le trasferte. Noi però non vogliamo che queste persone si allontanino, vogliamo far ritornare questa voglia di tornare allo stadio. Questo è un passo successivo ad "Uniti per la maglia". Torneremo ad essere quelli della serie D. In quegli anni in tanti parlavano di noi. In serie D, c'erano squadre di serie A che ci prendevano come modello. Noi vogliamo far innamorare di nuovo la gente. A breve stiamo cercando di organizzare una festa per stare insieme, per fare gruppo, per iniziare un nuovo campionato con l'umore giusto. Non abbiamo cambiato idea rispetto alla tessera dall'oggi al domani. Noi dall'oggi al domani ne abbiamo vissute di cotte e di crude: a Portogruaro e a La Spezia non siamo entrati, a Bassano e a Trieste siamo entrati perché ci siamo camuffati da OER. Le abbiamo provate tutte, abbiamo vissuto tutto. Ora con la supporter card, la persona ha la responsabilità diretta di quel che succede in curva. Nonostante tutto, nonostante le difficoltà e i numeri ridotti, ci siamo sempre difesi bene. In determinate trasferte, siamo partiti anche in 9, ma abbiamo sempre fatto sentire la nostra voce. Abbiamo sempre affrontato tutte le difficoltà a testa alta. Abbiamo sempre portato in alto il nome di Barletta».

Si ripartirà anche dai gemellaggi?
«Tutti i gemellaggi sono confermati. Molti non sanno però cosa significa "gemellaggio": ci possono essere anche gemellaggi tra i gruppi più importanti di determinate tifoserie. Catanzaro, Andria, Cerignola, Salisburgo: sono questi i rapporti che abbiamo. Un gemellaggio è un rapporto di rispetto che nasce tra due gruppi principali della curva, quali sono la Brigata (ad Andria ndr) e il Gruppo Erotico. Noi dai ragazzi non abbiamo mai avuto mancanze di rispetto. Il campanilismo tra Andria e Barletta purtroppo ci sarà sempre. Ma se non ci fosse stato il gemellaggio, sarebbe stato ancora più problematico. I nostri rapporti con i ragazzi di Andria sono uguali a quelli con i ragazzi di Catanzaro, di Cerignola e di Salisburgo. Eventi stupidi o ridicoli sono stati superati. L'episodio dei sassi contro il pullman del Barletta al ritorno da Andria non è stato opera della Brigata. I ragazzi non sapevano chi fossero gli autori di quel gesto, e noi abbiamo apprezzato la loro sincerità. Il gemellaggio deve andare oltre la politica, politica che tra parentesi non è mai entrata da noi in curva».

Chiudiamo con i saluti
«È d'obbligo salutare al termine di questa chiacchierata tutti i ragazzi delle tifoserie a cui siamo legati, chi in questo momento sta ancora scontando la diffida, e anche al nostro Capo. Ma è anche giusto salutare le nostre tifoserie rivali che ci danno la forza e la spinta per andare avanti».
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