Calcio
Adieu Perpignano, non mancherà al Barletta
13 mesi la parola "fine" su una fallimentare gestione economica
Barletta - giovedì 2 luglio 2015
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E' finita come era iniziata, con delle parole rilasciate a un'emittente televisiva locale: in 13 mesi, dall'arrivo in pompa magna di Giuseppe Perpignano in sella alla poltrona di via Vittorio Veneto, siamo passati al mesto congedo al termine di una delle peggiori gestioni economiche e sportive dei 92 anni di storia del Barletta Calcio. Termina l'era-Perpignano, termina anche la permanenza del Barletta nel calcio professionistico (nel box il comunicato ufficiale della Lega Pro), dimensione faticosamente recuperata sette anni fa. «Il problema sono io ed allora vado via. La piazza non mi accetta, sembra che tutto quello che faccio non sia visto bene e ho deciso di lasciare»». Parole trite e ritrite quelle dell'ormai ex presidente biancorosso, afflitto da una sorta di "sindrome di Calimero", ai microfoni di Amica 9 Tv. Un anno abbondante di calcio giocato ma soprattutto chiacchierato, con una frase a fare da madre alla tragicommedia vissuta in seno al club biancorosso: «Questa è casa mia, me la sono comprata, la gestisco e la arredo come decido io». In tanti ricordano come fosse ieri le parole del presidente e amministratore unico Giuseppe Perpignano, decretate in una conferenza stampa aperta a tutti tenuta nelle stanze del "Cosimo Puttilli" il 25 ottobre 2014, per diffidare «pseudo-giornalisti che con la penna in mano si sentono Gesù Cristo» (ipse dixit) dal non supportare la causa della società di via Vittorio Veneto: otto mesi dopo, all'ombra di Eraclio, quelle parole fanno male come coltellate, con dei colori sociali che nell'ultimo mese sono stati oltraggiati dall'onta del calcioscommesse. Otto mesi dopo il Barletta Calcio non ha più una "casa", con la revoca della gestione del "Puttilli" che ha rappresentato l'ultima umiliazione di stagione. E allora, vien da pensare, chi sollevava dubbi sulle potenzialità della gestione-Perpignano otto mesi fa, torto non aveva e non meritava quelle accuse viscide e irrispettose della professione.
«Sono qui per fare calcio vero» aveva spiegato Perpignano con fare istrionico al suo avvento a Barletta, risalente esattamente al 21 maggio 2014, quando aveva superato nelle preferenze di Roberto Tatò due offerte da altrettanti soggetti interessati a rilevare la società, come spiegò l'ex presidente: meno chiaro, a posteriori, capire quali garanzie avesse offerto Perpignano per salire su un treno troppo ghiotto come quello biancorosso. 400 giorni dopo, il Barletta Calcio ha salutato la Lega Pro, e non per demeriti sul campo: è stato un anno di record negativi, con i primi punti di penalizzazione tra i "pro" per ritardati pagamenti, il primo esposto alla Guardia di Finanza da parte di una città nei confronti del presidente della propria squadra, il primo inserimento del club biancorosso nel filone del calcioscommesse, in attesa che l'iter della giustizia attesti e depenni eventuali responsabilità. L'inizio del baratro si era intravisto alla fine del 2014, nei giorni precedenti al derby di Foggia, vinto sul campo: gli stipendi che non arrivavano, una squadra che viveva un Natale privo di certezze, la cessione di Floriano al Pisa, fino alla conferenza stampa del 3 gennaio, in cui il numero uno di via Vittorio Veneto aveva spiegato di aver incassato volontariamente la penalizzazione (arrivata poi a marzo) di due punti per chiarire alcune cose necessarie «per il bene del club». Di quale bene si parlasse, a Barletta, non è stato ancora inteso. Ma pochi immaginavano che quella sarebbe stata la prima goccia in un mare di promesse mai mantenute.
Il 2015 si è tinto più di cronaca che di calcio giocato, con una salvezza conquistata con largo anticipo: il filotto positivo realizzato sul rettangolo verde, i ritardi nei pagamenti a febbraio, gli altri punti di penalizzazione (e siamo a 6, compresi quelli comminati in aprile), la data del 16 febbraio, con la sonante protesta della tifoseria ai piedi dell'abitazione del numero uno biancorosso, i fornitori non pagati, le scuse pubbliche in conferenza questa volta privata del 6 marzo, i contributi mai saldati, i calciatori che denunciavano l'assenza di medicinali, fino al 13 marzo. Marco Sesia, l'allenatore che godeva di «fiducia illimitata fino al termine del contratto di tre anni» (Perpignano dixit, 25 ottobre 2014), viene esonerato dopo il ko per 1-2 a Matera, in favore di Ninni Corda, forte anche di qualche sponsor al seguito, e oggi fermato per una squalifica di tre anni in seguito a fatti risalenti ai tempi di Savona: la spaccatura con la piazza era già bella e consolidata, e addirittura qualche dopo a un possibile socio (poi allontanatosi in 20 giorni) come Adelmo Berardo era permesso di fare un discorso alla squadra. A quale titolo, non è dato saperlo. Intanto, il vecchio staff tecnico lasciava la società.
L'inizio della discesa è coinciso con la primavera: mentre i tifosi chiedevano chiarezza mettendoci la faccia presentando 500 firme alle Fiamme Gialle e incontrando il sindaco Cascella, la Procura Federale sondava il terreno alla vigilia di Martina Franca-Barletta, sfida poi vinta dai biancorossi, il debito della società veniva rateizzato in 23 tranches, mentre la piazza comincia a tremare, temendo un altro 1995, anno del fallimento societario. A fine aprile arriva il preliminare di cessione del 31% delle quote in favore di tre traghettatori rappresentanti la Barletta biancorossa (Zingrillo, Ferrigni, Iannone): inutile dirlo, anch'esso con premesse e condizioni mai rispettate dallo stesso Perpignano. Nel mezzo c'è stato il derby perso contro il Foggia tra le mura amiche e il finale di stagione a Ischia senza medico e fisioterapista al seguito, fino alla metà di maggio, con il terremoto del calcio italiano denominato "Dirty Soccer" che toccava anche la Città della Disfida. Il resto è storia recente e l'esito è ben noto. Una città che l'aveva accolto con i fuochi di artificio e 2000 persone in Piazza Caduti adesso si lecca le ferite, sicura solo del proprio capitale umano. Un anno dopo. Forse il più nero. Ora tocca ripartire. Barletta saluta il calcio "pro" dopo anni di gioie, soddisfazioni (playoff in C2, i derby di Brindisi e Foggia, la vittoria playout contro l'Andria, gli applausi incassati in piazze blasonate come Avellino, Salerno e Benevento), emozioni offuscate da una scellerata gestione societaria. E allora possiamo dirlo: sì, Perpignano, il problema era principalmente lei.
«Sono qui per fare calcio vero» aveva spiegato Perpignano con fare istrionico al suo avvento a Barletta, risalente esattamente al 21 maggio 2014, quando aveva superato nelle preferenze di Roberto Tatò due offerte da altrettanti soggetti interessati a rilevare la società, come spiegò l'ex presidente: meno chiaro, a posteriori, capire quali garanzie avesse offerto Perpignano per salire su un treno troppo ghiotto come quello biancorosso. 400 giorni dopo, il Barletta Calcio ha salutato la Lega Pro, e non per demeriti sul campo: è stato un anno di record negativi, con i primi punti di penalizzazione tra i "pro" per ritardati pagamenti, il primo esposto alla Guardia di Finanza da parte di una città nei confronti del presidente della propria squadra, il primo inserimento del club biancorosso nel filone del calcioscommesse, in attesa che l'iter della giustizia attesti e depenni eventuali responsabilità. L'inizio del baratro si era intravisto alla fine del 2014, nei giorni precedenti al derby di Foggia, vinto sul campo: gli stipendi che non arrivavano, una squadra che viveva un Natale privo di certezze, la cessione di Floriano al Pisa, fino alla conferenza stampa del 3 gennaio, in cui il numero uno di via Vittorio Veneto aveva spiegato di aver incassato volontariamente la penalizzazione (arrivata poi a marzo) di due punti per chiarire alcune cose necessarie «per il bene del club». Di quale bene si parlasse, a Barletta, non è stato ancora inteso. Ma pochi immaginavano che quella sarebbe stata la prima goccia in un mare di promesse mai mantenute.
Il 2015 si è tinto più di cronaca che di calcio giocato, con una salvezza conquistata con largo anticipo: il filotto positivo realizzato sul rettangolo verde, i ritardi nei pagamenti a febbraio, gli altri punti di penalizzazione (e siamo a 6, compresi quelli comminati in aprile), la data del 16 febbraio, con la sonante protesta della tifoseria ai piedi dell'abitazione del numero uno biancorosso, i fornitori non pagati, le scuse pubbliche in conferenza questa volta privata del 6 marzo, i contributi mai saldati, i calciatori che denunciavano l'assenza di medicinali, fino al 13 marzo. Marco Sesia, l'allenatore che godeva di «fiducia illimitata fino al termine del contratto di tre anni» (Perpignano dixit, 25 ottobre 2014), viene esonerato dopo il ko per 1-2 a Matera, in favore di Ninni Corda, forte anche di qualche sponsor al seguito, e oggi fermato per una squalifica di tre anni in seguito a fatti risalenti ai tempi di Savona: la spaccatura con la piazza era già bella e consolidata, e addirittura qualche dopo a un possibile socio (poi allontanatosi in 20 giorni) come Adelmo Berardo era permesso di fare un discorso alla squadra. A quale titolo, non è dato saperlo. Intanto, il vecchio staff tecnico lasciava la società.
L'inizio della discesa è coinciso con la primavera: mentre i tifosi chiedevano chiarezza mettendoci la faccia presentando 500 firme alle Fiamme Gialle e incontrando il sindaco Cascella, la Procura Federale sondava il terreno alla vigilia di Martina Franca-Barletta, sfida poi vinta dai biancorossi, il debito della società veniva rateizzato in 23 tranches, mentre la piazza comincia a tremare, temendo un altro 1995, anno del fallimento societario. A fine aprile arriva il preliminare di cessione del 31% delle quote in favore di tre traghettatori rappresentanti la Barletta biancorossa (Zingrillo, Ferrigni, Iannone): inutile dirlo, anch'esso con premesse e condizioni mai rispettate dallo stesso Perpignano. Nel mezzo c'è stato il derby perso contro il Foggia tra le mura amiche e il finale di stagione a Ischia senza medico e fisioterapista al seguito, fino alla metà di maggio, con il terremoto del calcio italiano denominato "Dirty Soccer" che toccava anche la Città della Disfida. Il resto è storia recente e l'esito è ben noto. Una città che l'aveva accolto con i fuochi di artificio e 2000 persone in Piazza Caduti adesso si lecca le ferite, sicura solo del proprio capitale umano. Un anno dopo. Forse il più nero. Ora tocca ripartire. Barletta saluta il calcio "pro" dopo anni di gioie, soddisfazioni (playoff in C2, i derby di Brindisi e Foggia, la vittoria playout contro l'Andria, gli applausi incassati in piazze blasonate come Avellino, Salerno e Benevento), emozioni offuscate da una scellerata gestione societaria. E allora possiamo dirlo: sì, Perpignano, il problema era principalmente lei.