Il Trovatore
Partitura 36
Daniele Petronelli dj: «Le discoteche italiane si stanno distruggendo»
giovedì 28 agosto 2014
Daniele Petronelli nasce come dj nel lontano 1996, nel 1997 entra a far parte di una piccola emittente radiofonica. Oggi vive ancora la radio, curando la direzione artistica di "Ritmo 80" e facendo da dj guest con il suo radioshow nelle più importanti emittenti del mondo. Le sue prime produzioni risalgono al 2005 con Angel D, ma i primi risultati importanti arrivano nel 2007/2008 con "Random & Random" e "Rumore Bianco" entrambe uscite sulla prima label che decide di credere in loro "Ruzzy Records". Incontro Daniele nello studio di registrazione della sua label NO LOGIK RECORDS.
Perché sei diventato dj?
«Fin da piccolo, ascoltavo i dischi di mio padre, è stato lui ad avermi trasmesso la passione per la musica: Queen, Depeche Mode, Dire Straits, Kraftwerk. In seguito, ho imparato le prime tecniche di mixaggio, interessandomi al lavoro dei dj di quel tempo. Seguivo la storia dei dj barlettani come Enzo Delvy e Paky Mele, che sono diventati i miei primi sostenitori, insieme ad altri colleghi e amici fraterni, come Cecco Corvasce e Pino Del Vento. Tutto è iniziato col mixaggio, la produzione musicale si è sviluppata grazie all'incontro con Angel D, col quale abbiamo collaborato ai primi dischi. Da li, tutto è cambiato».
Quali sono stati le tue prime esperienze lavorative nel campo musicale?
«Ho iniziato a Barletta, lavorando presso Idea Radio, proseguendo con Radio Barletta Stereo e Radio Selene. In seguito, ho proseguito con Radio Company e la gestione di Tam Tam Network. Ad oggi, sono direttore artistico di Ritmo 80».
Il primo disco che hai comprato?
«Fu un 45 giri dei Kraftwerk dal titolo "The Robots" (lato A) e "Space Lab" (lato B)».
Ricordi le sensazioni del tuo primo dj - set da vivo?
«Le sensazioni sono le stesse che provo ancora oggi, sia che si tratti di una serata in Italia, sia all'estero».
Dove si è svolto il tuo primo dj - set all'estero?
«Al Ministry Of Sound di Londra, nel 2009. Da quel giorno, ho cominciato a lavorare nelle discoteche e nei festival di tutto il mondo: Messico, Usa, Svizzera, Ibiza, Germania, Croazia, Olanda».
Qual'è lo stato di salute della dance commerciale italiana?
«Non buono! Basti pensare che negli anni '80 e '90, la dance commerciale italiana era imitata e richiesta all'estero. Oggi, molte label italiane prendono in licenza successi esteri. Invece, la musica techno e underground italiana va a gonfie vele all'estero. Molti dj techno e underground italiani sono richiesti all'estero».
Perché la dance commerciale non è più al centro dell'attenzione?
«Tra le cause, quella che più mi ha colpito è stata l'utilizzo di quei brani di musica italiana remixati, che si sono diffusi dalla metà degli 2000. E' stata la distruzione! In quel periodo, anche la dance mondiale ha attraversato un momento di crisi, che è stato superato. Oggi anche Madonna fa dance! L'Italia, purtroppo, è rimasta indietro tranne pochissimi casi».
Come definiresti la tua musica?
«La mia musica è underground, spazia dalla techno alla tech house, alla minimal. Ultimamente, ho iniziato un progetto deep house, con un dj producer e musicista, che si chiama Jerry WORP Pierro. Lui mi ha invogliato a creare dei pezzi di musica con la M maiuscola; per i nostri pezzi usciamo strumenti "VERI" come sax, chitarre, violini, e voci da paura! Il progetto si chiama XOXO ed è stato in top 10 mondiale con un pezzo, che a breve uscirà anche in Italia che si chiama "And I Love Him"».
In cosa consiste il tuo lavoro di produttore musicale?
«Il mio lavoro si divide in due parti: cercare idee e quindi sviluppare la creazione della produzione musicale, e cercare sempre nuovi talenti da inserire nelle mie labels. Al momento, ho quattro etichette discografiche, che pubblicano lavori di artisti famosi ed emergenti».
Il mestiere del dj è facile?
«Negli anni '80 e '90, oltre alla passione musicale, bisognava comprare la costosa attrezzatura e i dischi. Oggi, chiunque può essere dj con un pc e un software per mixare. In questo modo, si è creato il fenomeno del "dj p.r." (pubbliche relazioni), che io chiamo anche "dj falegname.. il dj che fa anche i tavoli": questi personaggi mitologici suonano in una discoteca solo se riescono ad assicurare un certo numero di clienti, indipendentemente dalla musica che propongono. Questo fenomeno, sta distruggendo le discoteche, che non sono più interessate alla qualità musicale, ma soltanto alla quantità di gente che si riesce a trascinare nel locale».
Perché tutti vogliono fare il dj?
«Qualcuno lo fa per passione (per fortuna), moltissimi per moda. Ma ho dei dubbi che nel 99% dei casi ci sia una cultura musicale seria alle spalle. Non voglio essere retorico, ma nelle discoteche italiane, troviamo come attrazione principale l'ospite del Grande Fratello, oppure 10 dj che si alternano dietro la consolle, e ognuno di questi dj porta 50 clienti. Per questo, ho deciso di suonare poco in Italia. All'estero, il dj è rispettato dai gestori e apprezzato dal pubblico per la musica che sa produrre / proporre. I miei dj set ormai sono composti quasi esclusivamente da mie tracce, molte inedite. In questo modo, Shazam non funziona!».
Ti senti apprezzato a Barletta?
«Sono sempre stato apprezzato dal pubblico della mia città, molto meno dagli addetti al settore, compresi gli organizzatori di eventi, e non chiedermi il perché. Amo Barletta, tutto è partito da qui, quando riesco a riproporre un mio set qui è sempre un emozione particolare».
Cosa ci sarà nel tuo futuro musicale?
«Quello che c'è oggi: la radio, i dj set, le produzioni, le mie etichette discografiche».
Perché sei diventato dj?
«Fin da piccolo, ascoltavo i dischi di mio padre, è stato lui ad avermi trasmesso la passione per la musica: Queen, Depeche Mode, Dire Straits, Kraftwerk. In seguito, ho imparato le prime tecniche di mixaggio, interessandomi al lavoro dei dj di quel tempo. Seguivo la storia dei dj barlettani come Enzo Delvy e Paky Mele, che sono diventati i miei primi sostenitori, insieme ad altri colleghi e amici fraterni, come Cecco Corvasce e Pino Del Vento. Tutto è iniziato col mixaggio, la produzione musicale si è sviluppata grazie all'incontro con Angel D, col quale abbiamo collaborato ai primi dischi. Da li, tutto è cambiato».
Quali sono stati le tue prime esperienze lavorative nel campo musicale?
«Ho iniziato a Barletta, lavorando presso Idea Radio, proseguendo con Radio Barletta Stereo e Radio Selene. In seguito, ho proseguito con Radio Company e la gestione di Tam Tam Network. Ad oggi, sono direttore artistico di Ritmo 80».
Il primo disco che hai comprato?
«Fu un 45 giri dei Kraftwerk dal titolo "The Robots" (lato A) e "Space Lab" (lato B)».
Ricordi le sensazioni del tuo primo dj - set da vivo?
«Le sensazioni sono le stesse che provo ancora oggi, sia che si tratti di una serata in Italia, sia all'estero».
Dove si è svolto il tuo primo dj - set all'estero?
«Al Ministry Of Sound di Londra, nel 2009. Da quel giorno, ho cominciato a lavorare nelle discoteche e nei festival di tutto il mondo: Messico, Usa, Svizzera, Ibiza, Germania, Croazia, Olanda».
Qual'è lo stato di salute della dance commerciale italiana?
«Non buono! Basti pensare che negli anni '80 e '90, la dance commerciale italiana era imitata e richiesta all'estero. Oggi, molte label italiane prendono in licenza successi esteri. Invece, la musica techno e underground italiana va a gonfie vele all'estero. Molti dj techno e underground italiani sono richiesti all'estero».
Perché la dance commerciale non è più al centro dell'attenzione?
«Tra le cause, quella che più mi ha colpito è stata l'utilizzo di quei brani di musica italiana remixati, che si sono diffusi dalla metà degli 2000. E' stata la distruzione! In quel periodo, anche la dance mondiale ha attraversato un momento di crisi, che è stato superato. Oggi anche Madonna fa dance! L'Italia, purtroppo, è rimasta indietro tranne pochissimi casi».
Come definiresti la tua musica?
«La mia musica è underground, spazia dalla techno alla tech house, alla minimal. Ultimamente, ho iniziato un progetto deep house, con un dj producer e musicista, che si chiama Jerry WORP Pierro. Lui mi ha invogliato a creare dei pezzi di musica con la M maiuscola; per i nostri pezzi usciamo strumenti "VERI" come sax, chitarre, violini, e voci da paura! Il progetto si chiama XOXO ed è stato in top 10 mondiale con un pezzo, che a breve uscirà anche in Italia che si chiama "And I Love Him"».
In cosa consiste il tuo lavoro di produttore musicale?
«Il mio lavoro si divide in due parti: cercare idee e quindi sviluppare la creazione della produzione musicale, e cercare sempre nuovi talenti da inserire nelle mie labels. Al momento, ho quattro etichette discografiche, che pubblicano lavori di artisti famosi ed emergenti».
Il mestiere del dj è facile?
«Negli anni '80 e '90, oltre alla passione musicale, bisognava comprare la costosa attrezzatura e i dischi. Oggi, chiunque può essere dj con un pc e un software per mixare. In questo modo, si è creato il fenomeno del "dj p.r." (pubbliche relazioni), che io chiamo anche "dj falegname.. il dj che fa anche i tavoli": questi personaggi mitologici suonano in una discoteca solo se riescono ad assicurare un certo numero di clienti, indipendentemente dalla musica che propongono. Questo fenomeno, sta distruggendo le discoteche, che non sono più interessate alla qualità musicale, ma soltanto alla quantità di gente che si riesce a trascinare nel locale».
Perché tutti vogliono fare il dj?
«Qualcuno lo fa per passione (per fortuna), moltissimi per moda. Ma ho dei dubbi che nel 99% dei casi ci sia una cultura musicale seria alle spalle. Non voglio essere retorico, ma nelle discoteche italiane, troviamo come attrazione principale l'ospite del Grande Fratello, oppure 10 dj che si alternano dietro la consolle, e ognuno di questi dj porta 50 clienti. Per questo, ho deciso di suonare poco in Italia. All'estero, il dj è rispettato dai gestori e apprezzato dal pubblico per la musica che sa produrre / proporre. I miei dj set ormai sono composti quasi esclusivamente da mie tracce, molte inedite. In questo modo, Shazam non funziona!».
Ti senti apprezzato a Barletta?
«Sono sempre stato apprezzato dal pubblico della mia città, molto meno dagli addetti al settore, compresi gli organizzatori di eventi, e non chiedermi il perché. Amo Barletta, tutto è partito da qui, quando riesco a riproporre un mio set qui è sempre un emozione particolare».
Cosa ci sarà nel tuo futuro musicale?
«Quello che c'è oggi: la radio, i dj set, le produzioni, le mie etichette discografiche».